L’inchiesta

Di Cicco ucciso dalla ‘ndrangheta cosentina: era ritenuto un confidente delle forze dell’ordine

I dettagli della nuova inchiesta antimafia della Dda di Catanzaro su uno dei due casi di lupara bianca risolti grazie alle dichiarazioni dei pentiti Nicola Acri e Ciro Nigro

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di Antonio Alizzi
16 ottobre 2023
13:44

La morte di Salvatore Di Cicco, uno dei casi di “lupara bianca” maturati negli ultimi 20 anni nella Piana di Sibari, è al centro di una nuova indagine antimafia. Sono cinque infatti gli indagati alla luce delle dichiarazioni rese dai pentiti Nicola Acri e Ciro Nigro. I collaboratori hanno riferito che la vittima fu portata a Torretta di Crucoli, in provincia di Crotone, con l'avallo del clan di 'ndrangheta "Farao-Marincola" di Cirò Marina, ritenuto la "guida spirituale mafiosa" delle organizzazioni criminali della costa jonica cosentina.

Grazie alle propalazioni dei collaboratori di giustizia, la Dda di Catanzaro ha ottenuto un'ordinanza cautelare nei confronti di Rocco Azzaro, originario di Corigliano Calabro, Giuseppe Nicastri, nato a Cirò, e di Giuseppe Spagnolo, alias "Peppe u Bandito", nato a Crotone. Ciro Nigro e Nicola Acri, invece, risultano a piede libero per questo procedimento.


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Secondo quanto si legge nel provvedimento cautelare, gli esponenti dei "Locali" di 'ndrangheta di Cirò Marina, Cassano Ionio e all'epoca Corigliano Calabro, «fra loro alleate», avrebbero deliberato e cagionato la morte di Salvatore Di Cicco, attirandolo in una trappola, grazie alla complicità di Ciro Nigro e di un altro soggetto ora defunto, Eduardo Pepe. Il tutto si sarebbe svolto dopo la "chiamata" in territorio crotonese fatta dagli inquiditi Nicola Acri, Rocco Azzaro, Giuseppe Nicastri, Giuseppe Spagnolo e l'altro uomo, anch'egli vittima di un agguato mafioso, Eduardo Pepe, i quali avrebbero imposto a Di Cicco di recarsi a Cirò «con il pretesto di concludere un acquisto e trasporto di armi unitamente a Ciro Nigro».

Il neo pentito di 'ndrangheta «informato del mandato omicidiario direttamente da Rocco Azzaro e Nicola Acri, a bordo della Fiat Bravo a lui in uso, unitamente alla vittima» avrebbe condotto Di Cicco presso il lungomare di Torretta di Crucoli per consegnarlo, fra gli altri, a «Giuseppe Spagnolo detto "U Bandito", e Peppe Nicastri, i quali, unitamente ad altri rimasti allo stato sconosciuti», avrebbero bloccato immediatamente Di Cicco una volta che il cassanese scese dall'auto esplodendo colpi d'arma da guoco, con una pistola calibro 38. L'esecutore materiale, raccontano i pentiti, sarebbe stato Spagnolo che successivamente «grazie all'ausilio dei mezzi meccanici in uso all'azienda di Giuseppe Nicastri, ne occultavano il cadavere, interrandolo».

La Dda di Catanzaro ritiene che Salvatore Di Cicco, ucciso il primo settembre del 2001, sia stato eliminato in quanto le cosche mafiose di Cassano e Corigliano ipotizzavano che lo stesso fosse un confidente delle forze dell'ordine. E per questo motivo andava assassinato senza far trovare il corpo.

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