L’intervista a Maria Grazia Laganà nel giorno della commemorazione svoltasi oggi a seguito di una giornata fitta di ricordi e di memoria: «È stata posta una parola definitiva sul piano dell’esecuzione materiale del delitto, ma restano ancora degli interrogativi per quel che riguarda la cosiddetta zona grigia in cui tale efferato gesto è stato concepito»
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«Un’eredità enorme»: è quella che rimane di Franco Fortugno, a vent’anni di distanza da un omicidio che ha segnato in modo profondo la storia recente della Calabria e dell’intero Paese. Era il 16 ottobre 2005 quando il vicepresidente del Consiglio regionale veniva assassinato in pieno giorno, all’interno di un seggio elettorale a Locri. Un attacco diretto alle istituzioni e alla politica fatta sul territorio.
Due decenni dopo, il ricordo di Fortugno continua a essere vivo nella memoria collettiva. Ogni anno, la sua figura viene ricordata con iniziative, cerimonie, momenti di riflessione civile.
Nell’intervista che segue, la moglie Maria Grazia Laganà ripercorre la figura di Fortugno come uomo, medico, politico e padre.
Cosa rimane di Franco Fortugno vent’anni dopo?
«Rimane un’eredità enorme che ancora oggi trova forma e contenuto nelle commoventi manifestazioni d’affetto che io e la mia famiglia registriamo ogni anno in occasione della commemorazione. Un’eredità fatta di gesti semplici ma carichi di significato, indissolubilmente legati alla sua figura di medico, di politico, di marito, di padre ma anche di semplice cittadino».
Chi era veramente Franco Fortugno, come lo spieghiamo a un ragazzo di oggi?
«Un uomo onesto e perbene, oggi diremmo d’altri tempi, con cui era facile dialogare e condividere idee e progetti. Di lui resta il profilo di un medico che poneva al centro il lato umano del rapporto col paziente e l’idea che occorresse fare di tutto per aiutare il prossimo. E resta la testimonianza di un politico vicino alla gente, appassionato, impegnato in modo autentico sul territorio e per il territorio, qualcosa che forse oggi raramente riusciamo a intravedere».
La verità processuale sull’assassinio: chi e perché volle la morte di Fortugno?
«È una domanda che si rivela ancora oggi complessa. Certamente è stata posta una parola definitiva sul piano dell’esecuzione materiale del delitto, ma restano ancora degli interrogativi per quel che riguarda la cosiddetta zona grigia in cui tale efferato gesto è stato concepito. Non posso naturalmente parlare di mancata giustizia, perché sarebbe scorretto nei confronti delle tante, troppe persone che ancora oggi attendono di conoscere la verità su fatti analoghi, ma sicuramente di un delitto non completamente punito».
L’impegno politico di Fortugno: per cosa lottava?
«Franco lottava per i propri valori e ideali, per un modello di comunità solidale, trasparente e fortemente ancorata ai principi della legalità. Era, come detto, un uomo e un politico della cosiddetta vecchia generazione, cioè abituato a costruire consenso e partecipazione partendo dal basso, dalla gente, incontrando e ascoltando le persone e le diverse categorie sociali».
Fortugno era prima di tutto un medico, che svolgeva la sua attività con grande passione e disponibilità verso tutti. Qual era la sua visione della sanità?
«Da medico prestato alla politica, certamente coltivava l’idea di una sanità più equa, giusta e presente sul territorio. Una sanità capace di dare risposte ai bisogni della gente e di garantire il diritto alla salute così come sancito nella nostra Costituzione. Ideali e aspirazioni che ha portato avanti coraggiosamente fino all’ultimo istante della sua vita».