Il procuratore di Reggio Calabria richiama gli aspetti salienti del maxi blitz: «I clan si muovono come una holding internazionale. Per la droga rifornimenti in Colombia, Brasile e Panama ma il cuore è qui, dove la Provincia comanda ancora, non è finita con l’operazione Crimine»
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«Siamo un corpo unico, noi siamo un corpo unico». Con questa espressione, i soggetti indagati nell’operazione “Millennium”, definivano la struttura stabilmente impegnata in operazioni di narcotraffico internazionale. E il procuratore Giuseppe Lombardo lo ha detto chiaramente nella conferenza stampa in cui ha illustrato gli esiti dell’indagine che ha portato a 97 arresti: «L’antimafia è un corpo unico, loro sono ancora qui, quelli che fanno parte della ’ndrangheta e di tutte le sotto-articolazioni di cui la ’ndrangheta si compone, ma ancora qui ci siamo anche noi a dare risposte».
E i numeri di questa operazione che vede 200 indagati parlano chiaro così come il nome dell’operazione, Millennium: «Qui non stiamo parlando di millenni di operatività, ma certamente il termine millennio ha a che fare con il tempo, e sicuramente parliamo di una struttura criminale che opera da un tempo davvero difficile da definire. Certamente continua a operare, e certamente quel suo continuare a operare richiede da parte nostra uno sforzo che va oltre l’ambito repressivo, per avere e mantenere un forte impatto sociale. L’operazione Crimine ricostruiva condotte fino a luglio del 2010. Sono passati 15 anni da quella ricostruzione».
La ’ndrangheta si muove come una holding internazionale
Il messaggio del procuratore Lombardo è chiaro: «Attenzione, la ’ndrangheta è sempre lì, la ’ndrangheta ha sempre la sua struttura unitaria, la ’ndrangheta ha sempre le sue componenti di vertice. All’interno di quelle componenti di vertice, noi abbiamo ancora oggi a che fare con famiglie di altissimo rango criminale. È questa la forza della ’ndrangheta, a cui bisogna rispondere esattamente con lo stesso tipo di approccio, cioè la collegialità, perché la Provincia, come organo di vertice con funzioni ben precise è un organo collegiale. Oggi, qui, stiamo parlando di quelle famiglie che hanno il potere di convocare la Provincia».
«Un uomo solo avrebbe dovuto ascoltare intercettazioni per 233 anni»
Una struttura gerarchica e piramidale che vede la ‘ndrangheta muoversi come una vera e propria holding internazionale. Si parte da Colombia, Brasile, Panama nel momento in cui bisogna gestire gli approvvigionamenti che poi vengono destinati a vari mercati «in una logica unitaria. Non solo la ’ndrangheta è una struttura unitaria, ma la ’ndrangheta, in tutte le sue sotto-articolazioni, non opera mai con soggetti isolati. La ’ndrangheta rinnega l’individualismo e opera sempre con sotto-articolazioni unitarie, sotto-articolazioni di scopo. Qui parliamo di un’unica grande investigazione che, se fosse stata svolta da un uomo solo avrebbe richiesto 233 anni di ascolto, per arrivare a capire che cosa sono, come operano, come sono strutturati e come vanno contrastati con una progettualità investigativa che deve avere alla sua base obiettivi chiari, definiti, raggiungibili e che soprattutto deve tenere in debita considerazione i contenuti specifici che l’investigazione restituisce».
Lombardo: «La Provincia comanda ancora nella ’ndrangheta»
Per Lombardo esiste la necessità di comprendere la tendenza evolutiva di una struttura criminale che non è morta ma che vive e opera qui e altrove. «La Provincia continua ad esistere, non è finita con l’operazione Crimine, la struttura non è cambiata. Perché quando una componente apicale della ’ndrangheta, come la cosca Barbaro, ha il potere di convocazione, l’operatività significa che la Provincia è lì. E quindi la nostra risposta è stata importante: la nostra risposta di qualche anno fa, la nostra risposta di oggi lo è altrettanto, perché restituisce a loro una convinzione che devono avere, cioè che noi non ci fermiamo ai risultati che sono stati raggiunti, noi andiamo avanti e completiamo la raccolta che serve a comprendere qual è la strutturazione complessiva che la ’ndrangheta ha».
«Bisogna raccontare la ’ndrangheta»
Strutture identiche e anche i mandamenti sono lì e gli investigatori hanno fotografato con queste indagini la realtà: «La ’ndrangheta è qui, in questo territorio, in Italia, in Europa e nel mondo».
E l’appello Lombardo lo fa proprio alla stampa perché esiste la necessità di raccontatela la ‘ndrangheta in tutte le sue articolazioni perché «solo la conoscenza rende liberi».
Anche perché la ‘ndrangheta, quella unita e granitica raccontata ancora oggi, è «il modello di una strutturazione criminale a cui tutti gli altri guardano con attenzione, a cui molte altre strutture criminali si ispirano proprio in relazione alla loro articolazione interna, al loro modello, al loro modello operativo. Abbiamo tutto quello che ha caratterizzato la ’ndrangheta nella sua esistenza, fin dai sequestri di persona. Le frizioni interne non mancano».
«Le comunicazioni dei clan passano da canali sempre nuovi»
Ci sono tuttavia cambiamenti che mettono a dura prova un lavoro di investigazione che si fa sempre più complesso e Lombardo non manca di evidenziare le difficoltà oggettive: «Non c’è più il blocco di linea sul telefono analogico installato in ufficio o a domicilio, ora le comunicazioni passano da canali sempre nuovi e sempre più difficili da penetrare. Questo richiede un costante aggiornamento nell’azione di contrasto e quanto penetrare i circuiti comunicativi significhi ottenere risultati giudiziari, perché non possono esistere senza comunicare: si tratta di comprendere come comunicano e soprattutto di comprendere a fondo il linguaggio che utilizzano, e non è assolutamente facile. In quei 233 anni, mettendo insieme tutti i pezzi di questa lunga attività di ascolto, c’è davvero una difficoltà enorme, per la quale oggi devo ringraziare l’Arma dei Carabinieri: non è uno sforzo ordinario mettere una persona ad ascoltare per 233 anni i discorsi di chi comunica utilizzando metodi complessi, linguaggi allusivi, mezze espressioni, richiami al passato e tutta una serie di termini specialistici».
Lombardo: «Italia indietro sulle risorse tecnologiche per le indagini»
Uno sforzo immane che per Lombardo deve far emergere come «l’evoluzione complessiva deve essere costantemente ricordata, perché è solo quel tipo di analisi che ci consente oggi di dire quello che saranno domani. Questo siamo chiamati a fare e speriamo di farlo in futuro, andando a beneficiare di tutta una serie di risorse tecnologiche rispetto alle quali l’Italia è indietro, diciamolo chiaramente, ma non è un ritardo irrecuperabile. Solo l’analisi approfondita dei fenomeni, perché non stiamo parlando di fatti isolati, attraverso strumenti evoluti ci consentirà di capire quello che saranno domani. E per fare tutto questo, perché il domani non sia quello che purtroppo è stato finora, raccontate il fenomeno sempre e comunque con serietà, costanza e lungimiranza».