Carcere duro – articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario – nei confronti di Michele Fiorillo, 39 anni, di Piscopio, ritenuto elemento di vertice del clan dei Piscopisani. A decidere la massima restrizione nei confronti del detenuto è stato il Ministero della Giustizia sulla scorta delle segnalazioni dell’autorità giudiziaria, nel caso di specie la Dda di Catanzaro. Michele Fiorillo sta attualmente scontando una condanna definitiva a 12 anni di reclusione per associazione mafiosa rimediata nel luglio scorso ad opera della Cassazione al termine dell’operazione antimafia denominata “Rimpiazzo”. Si trova poi imputato dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia per il tentato omicidio dei cugini Rocco Bellissimo e Nicola Bellissimo (di Sant’Angelo di Gerocarne) avvenuto il 3 ottobre 2004 a Piscopio. Dell’agguato insieme a Michele Fiorillo è accusato anche Rosario Battaglia, pure lui di Piscopio, che ha però scelto il rito abbreviato.
Sempre Michele Fiorillo si trova poi sotto processo dinanzi alla Corte d’Assise di Catanzaro per alcuni fatti di sangue: il tentato omicidio di Giuseppe Pugliese Carchedi, avvenuto il 19 febbraio 2005 a Vibo Valentia; l’omicidio di Giuseppe Pugliese Carchedi e il tentato omicidio di Francesco Macrì, fatti di sangue avvenuti a Pizzo il 17 agosto 2006; l’omicidio dell’assicuratore Michele Palumbo (ritenuto l’uomo di Pantaleone Mancuso nella zona delle Marinate di Vibo) avvenuto nella sua villetta della frazione Longobardi l’11 marzo 2010.
Michele Fiorillo ha invece sinora incassato due assoluzioni in altri processi: il 20 aprile 2023 dalla Corte d’Assise di Catanzaro dall’accusa di aver preso parte all’omicidio di Antonio De Pietro (impiegato della direzione provinciale del lavoro di Vibo, residente a Nicotera, ma freddato a colpi di pistola nei pressi del cimitero di Piscopio l’11 aprile 2005); in appello nel maxiprocesso Rinascita Scott (in primo grado condannato a 5 anni). In passato Michele Fiorillo ha scontato una condanna definitiva a 8 anni di reclusione per associazione mafiosa rimediata al termine del processo nato dall’operazione “Crimine” della Dda di Reggio Calabria scattata nel luglio del 2010.

Il personaggio

Secondo il collaboratore di giustizia, Raffaele Moscato (che del clan dei Piscopisani è stato elemento di spicco ed ha deposto nel processo “Rimpiazzo”) Michele Fiorillo, detto Zarrillo, era già un “criminale di serie A quando è stato formato il nuovo locale di ‘ndrangheta di Piscopio. Michele Fiorillo è inoltre cugino di Gregorio Giofrè di San Gregorio d’Ippona, genero del boss Rosario Fiarè. Lo stesso Michele Fiorillo – aveva aggiunto Moscato – è inoltre legato a Gregorio Gasparro ed a Saverio Razionale, anche loro vertici del clan di San Gregorio”.
Figlio di Giuseppe Fiorillo, rimasto ferito nel 1995 in un agguato a Briatico unitamente al boss di San Gregorio d’Ippona Saverio Razionale, Michele Fiorillo è stato ritenuto nell’operazione “Rimpiazzo” tra i fondatori del nuovo “locale” di ‘ndrangheta di Piscopio al quale sarebbe stato collocato al vertice Nazzareno Fiorillo, alias “U Tartaru”, zio di Michele. In particolare, Michele Fiorillo era accusato di aver concorso all’ideazione ed all’organizzazione degli “omicidi funzionali agli interessi della cosca, oltre a gestire l’esecuzione dell’attività estorsiva del sodalizio, stabilendo le strategie criminali da seguire e mantenendo i rapporti con le altre cosche della ‘ndrangheta. A Michele Fiorillo in Rimpiazzo veniva quindi contestata anche l’accusa di estorsione dalle modalità mafiose ai danni dell’imprenditore Vincenzo Restuccia (ventimila euro) risalente al marzo 2012. L’imprenditore stava eseguendo dei lavori pubblici in una zona rientrante sotto il “controllo” dei Piscopisani.

Il matrimonio di Fiorillo e i legami nel Reggino

Da tenere presente che, secondo quanto emerso nell’operazione “Crimine”, al matrimonio di Michele Fiorillo – svoltosi in un hotel di Vibo Valentia – presero parte, fra gli altri, Rocco Aquino (indicato quale esponente di vertice della “Provincia” e del “locale” di Marina di Gioiosa Ionica), Giuseppe Commisso di Siderno (pure lui al vertice della “Provincia” reggina) e rappresentanti delle “famiglie” Pelle e Giorgi di San Luca.
Proprio in occasione del matrimonio, Michele Fiorillo avrebbe ricevuto il grado di “santista”, mentre il 13 febbraio 2010 – secondo i servizi di osservazione della Squadra Mobile reggina – avrebbe partecipato ad un summit a Bovalino alla presenza del boss Giuseppe Pelle di San Luca, alias “Gambazza”, del capocrimine Domenico Oppedisano di Rosarno, di Giuseppe Commisso di Siderno (alias “U Mastru”), di Rocco Aquino, di Rocco Tassone (cl ’46) di Cassari di Nardodipace, di Salvatore Giuseppe, detto “Pino”, Galati (di Piscopio, condannato nel processo “Crimine” ed imputato anche in Rimpiazzo), di Rosario Battaglia e Nazzareno Battaglia, anche loro di Piscopio.
Nelle intercettazioni agli atti del processo “Crimine” è direttamente il boss Giuseppe Commisso a spiegare ad un suo cugino come, in realtà, il matrimonio di Fiorillo sia servito anche per una vera e propria “riunione di ‘ndrangheta”, un incontro fondamentale per assegnare le cariche di “santista” sia Michele Fiorillo che a Pino Galati.
In altre intercettazioni ambientali, captate il 15 ottobre 2009 nella lavanderia “Apegreen” di Siderno, di proprietà di Giuseppe Commisso, lo stesso boss presentava ai due vibonesi, andati sin lì a trovarlo, il boss Rocco Aquino di Marina di Gioiosa Ionica come “l’amico del defunto Damiano Vallelunga”, il capo dei “Viperari” di Serra San Bruno ucciso appena quindici giorni prima a Riace dinanzi al santuario dei santi Cosma e Damiano.
Personaggio di primo piano nella geografia mafiosa calabrese, dunque, Michele Fiorillo, per il quale si sono ora spalancate le porte del carcere duro.