‘Ndrangheta: “Mandamento Jonico”, misure cautelari per 102 indagati (VIDEO)

Il gip distrettuale di Reggio Calabria firma l’ordinanza di custodia cautelare accogliendo le richieste della Dda. Colpite alcune storiche ‘ndrine e i “locali” della Locride
27 luglio 2017
11:58

Alle prime luci dell’alba di oggi, nelle provincie di Reggio Calabria, Vibo Valentia, Milano, Ancona, Bologna e Messina, i carabinieri del Ros, del Comando provinciale carabinieri di Reggio Calabria e del Gruppo carabinieri di Locri, con l’ausilio del personale dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Calabria”, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa, su richiesta della Dda, a carico di 82 soggetti indagati, a vario titolo, per associazione mafiosa, detenzione illegale di munizioni ed armi, turbativa d’asta, illecita concorrenza con violenza e minaccia, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, truffa e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e numerosi altri delitti collegati, tutti aggravati dalla finalità di agevolare la ‘ndrangheta.

 


L’odierno provvedimento cautelare – che costituisce la seconda fase dell’operazione Mandamento Jonico avviata il 4 luglio scorso con l’esecuzione di 116 fermi di indiziato di delitto, scaturisce da specifica richiesta della Dda al competente gip distrettuale.

 

Colpiti i “locali” di ‘ndrangheta di Reggio Calabria, Sinopoli, Roghudi, Condofuri, S. Lorenzo, Bova, Melito Porto Salvo, Palizzi, Spropoli, San Luca, Bovalino, Africo, Ferruzzano, Bianco, Ardore, Platì, Natile di Careri, Cirella di Platì, Locri, Portigliola, Saline, Montebello Jonico e Sant’Ilario.

 

Il gip, confermando la permanenza in carcere della quasi totalità dei soggetti già arrestati, ha adottato un ulteriore e contestuale provvedimento restrittivo che è andato a colpire quegli indagati per i quali non si era proceduto al fermo di indiziato di delitto non ricorrendone i requisiti di legge. Quindi, a conclusione di questa prima fase dell’operazione Mandamento, i soggetti sottoposti a misura cautelare ammontano a 102 indagati.

 

Le indagini

Le indagini hanno consentito di monitorare le interazioni tra gli esponenti delle famiglia mafiose in lizza nonché la costituzione di tavoli di trattative tra le parti in causa e gli emissari designati dell’organizzazione.Oltre a tali situazioni di contrapposizione - che hanno riguardato la ‘ndrina di Masella e le Locali di Montebello Jonico, S.Ilario e Portigliola – è stato possibile monitorare anche le attività di pacificazione della faida che, dal 1967, vedeva coinvolte le cosche Cataldo e Cordì operanti all’interno della Locale di Locri.

 

Ricostruite numerose attività delittuose

Le indagini hanno, poi, consentito di ricostruire numerosissime attività delittuose dell’organizzazione con particolare riferimento ai condizionamenti/infiltrazioni della pubblica amministrazione, degli appalti e di una pressante e sistematica attività estorsiva in danno degli operatori economici del territorio. A tal proposito si segnalano: le numerose estorsioni realizzate dagli esponenti della Locale di Condofuri, sotto la direzione dei Pelle Gambazza, in danno di vari imprenditori impegnati nei lavori di ammodernamento della tratta ferroviaria ricadente nel territorio della predetta Locale; i condizionamenti esercitati da Barbaro Rosario detto “Rosi”, capo Locale di Platì, sugli operai del “Consorzio di bonifica dell’Alto Jonio Reggino”; il coinvolgimento di esponenti delle famiglie mafiose Perre - Barbaro nell’indebita percezione di contributi comunitari all’agricoltura, relativi al periodo 2009 – 2013 e in truffe in danno dell’INPS di Reggio Calabria, realizzate mediante la presentazione di falsa documentazione attestante fittizie assunzioni temporanee di braccianti agricoli, al fine di ottenere il pagamento indebito di contributi previdenziali e di disoccupazione; la turbativa di numerosi appalti pubblici nel settore delle opere infrastrutturali, indetti dai Comuni di Platì e Careri e dall’Ente Pubblico “Comunità Montana Aspromonte Orientale” di Reggio Calabria, in favore di ditte controllate dalle cosche locali, il tutto secondo logiche spartitorie dettate dagli equilibri mafiosi sul territorio tra le cosche Barbarodi Platì, Ietto-Cua-Pipicella di Natile e Pelle di San Luca. 

 

Inolte, le attività di infiltrazione nella zona del Locrese negli appalti pubblici per la realizzazione del nuovo palazzo di giustizia, dell’ostello della gioventù, del centro di solidarietà Santa Marta e di istituti scolastici, nonché nella gestione di terreni pubblici e nell’assegnazione degli alloggi popolari. In merito a quest’ultimo argomento l’indagine ha consentito di accertare le azioni della cosca Cataldovolte a conseguire il controllo di alcuni alloggi popolari in Locri.

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