Quasi cinque ore di deposizione nel processo Maestrale-Carthago per Cesare Pasqua, ex capo Dipartimento Prevenzione dell’Asp, ed oggi imputato dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia presieduto dal giudice Rossella Maiorana. Concorso esterno in associazione mafiosa, scambio elettorale politico mafioso, corruzione aggravata dal metodo mafioso, le accuse mosse a Pasqua dalla Dda di Catanzaro.

L’imputato – rispondendo prima alle domande dei suoi difensori, gli avvocati Giuseppe Bagnato e Vincenzo Pasqua, poi al controesame del pm Irene Crea – ha respinto le accuse fornendo la propria versione rispetto ai fatti contestati dalla Procura distrettuale ad iniziare dalle vicende elettorali.

«Ho la sola colpa di essere nato a Nicotera, pago il peccato di essere di Nicotera, un paese vicino Limbadi dove mio fratello è stato consigliere comunale ed anche sindaco, candidandosi poi in una lista contrapposta a quella che vedeva candidato anche Ciccio Mancuso il quale ha vinto le elezioni per tre voti ma è intervenuto il presidente della Repubblica Sandro Pertini sciogliendo il Comune». Il riferimento è al mancato insediamento del Consiglio comunale di Limbadi nel 1984 quando alle elezioni si candidò Francesco Mancuso, detto “Ciccio”, patriarca e fondatore dell’omonimo clan di Limbadi, registrandosi a fine voto l’intervento dell’allora presidente Pertini per sciogliere gli organi elettivi ancor prima dell’insediamento del Consiglio comunale ed in epoca in cui ancora non esisteva una legge sugli scioglimenti per infiltrazioni mafiose. Cesare Pasqua ha sostenuto in aula che in tale tornata elettorale suo fratello Enrico Pasqua (già sindaco di Limbadi) si era candidato in una lista contrapposta a quella in cui era presente Ciccio Mancuso, circostanza contestata in aula dall’avvocato Michele Gigliotti (difensore dell’ex direttore generale dell’Asp di Vibo, Francesco Talarico, parte civile nel processo) che ha anticipato di voler depositare un video con le liste alle comunali di Limbadi del 1984 dal quale non risulterebbe il nominativo di Enrico Pasqua come candidato.

«Io stesso ho fatto da sempre politica attiva con la Democrazia Cristiana e mio figlio Vincenzo – ha spiegato Cesare Pasqua – è stato candidato alla Regione con la lista Oliverio presidente e io potevo contare sulla forza elettorale di zii e fratelli. Mio fratello Giovanni era consigliere comunale a Vibo e solo lui contava 1.100 voti, altro mio fratello era stato candidato a Limbadi. Io inoltre sono molto conosciuto, specie tra i medici mutualisti, ma non ho mai chiesto voti quale direttore del Dipartimento di Prevenzione. Tuttora quando dal Tribunale rientro a casa ai domiciliari – ha affermato Pasqua – la gente, almeno duecento persone, mi riconosce per strada, mi saluta e mi manda baci ma io non rispondo. Non ho mai chiesto consensi alla criminalità organizzata e sono cresciuto in una famiglia dal rigore assoluto, la mia vita l’ho trascorsa sui libri e abbiamo fatto sacrifici. A scuola ero uno dei più bravi al Liceo e all’Asp di Vibo sono stato assunto nel 1979 e trasferito nel 1988 nel Dipartimento Prevenzione e Igiene pubblica».

I Mancuso, i Fiarè e le armi

Cesare Pasqua ha poi negato con forza di aver conosciuto esponenti della ‘ndrangheta vibonese, né di aver mai girato armato. «Non conosco i Mancuso – ha affermato in aula l’imputato – perché sono stato all’Università e poi a Vibo. Andavo a Nicotera solo a trovare mia mamma. Non ho mai avuto a che fare con i Fiarè e mai sono stati a cena o mi sono salutato con loro».

Pasqua ha poi respinto l’accusa che gli è stata rivolta dal veterinario Francesco Massara circa il porto di una pistola. «Non ho mai avuto armi in vita mia – ha dichiarato Pasqua – e in nessuna perquisizione domiciliare mi sono state trovate armi. Non ho considerato il veterinario Francesco Massara e non ho proceduto con denunce contro di lui. Era lui che denunciava me. Non avevo inoltre buoni rapporti con il direttore sanitario Michelangelo Miceli che mi ha momentaneamente sostituito quando nel 2018 sono andato in pensione. Dalle intercettazioni dell’inchiesta emerge una riunione di Miceli con Censore e Mirabello per farmi fuorindall’Asp».

L’incontro con Colloca detto Mubba

Centrale nell’esame di accusa e difesa si è poi rivelata la conoscenza di Cesare Pasqua con Domenico Colloca, detto Mubba, tra i principali imputati dell’intero maxiprocesso, attualmente detenuto per associazione mafiosa e ritenuto dalla Dda «imprenditore di riferimento della ‘ndrina di Paravati soprattutto nel settore della gestione dei catering, delle mense scolastiche e ospedaliere, della distribuzione pasti ai centri con i migranti».

Domenico Colloca è stato anche assessore a Mileto nell’amministrazione sciolta nel 2012 per infiltrazioni mafiose. Corruzione aggravata dalle finalità mafiose, l’ipotesi di reato formulata dalla Dda di Catanzaro nei confronti di Domenico Colloca, Gregorio Coscarella di San Gregorio d’Ippona e Clemente Mazzeo, di Mileto, in concorso proprio con Cesare Pasqua. «Clemente Mazzeo – ha dichiarato Pasqua – ha il Di Pro Shop a Vibo ed è una persona perbene, educata, corretta e a Vibo passeggiava sul Corso con diversi avvocati. Io lo conoscevo da anni. Domenico Colloca lo vedevo invece spesso dal mio ufficio a Vibo – ha affermato Pasqua – in compagnia dell’avvocato Pitaro con cui era solito scherzare in maniera confidenziale. L’ho visto tante volte con Pitaro».

Un passaggio importante poiché l’accusa contesta a Domenico Colloca di essere «collegato politicamente al consigliere regionale Vito Pitaro, rappresentando il punto di riferimento del sodalizio nell’ambito politico ed istituzionale».

Cesare Pasqua ha però respinto il presunto patto corruttivo che per l’accusa sarebbe stato stipulato con Colloca (trattamento di favore nei controlli sulla sua azienda da parte dell’Asp) in cambio del sostegno elettorale a Vincenzo Pasqua, all’epoca candidato al Consiglio regionale. «È stato Colloca nel 2018 – ha spiegato Cesare Pasqua – ad avvicinarmi mentre mi stavo recando in Prefettura e a dirmi che lui era la persona che si era aggiudicato l’appalto per le mense ospedaliere. Nell’occasione lo trattai male perché dovevo andare in Prefettura. Successivamente, il 17 novembre 2018 Clemente Mazzeo mi ha invitato ad incontrare Colloca, ma non capivo i motivi e me l’ha passato al telefono e ci siamo dati appuntamento al Di Pro Shop per le ore 19 dello stesso giorno. Nel frattempo sul corso di Vibo – ha ricordato Pasqua – ho incontrato il medico di Mileto, Gennaro Muzzopappa e dicendogli che dovevo incontrare il suo paesano Colloca, lui mi rassicurò dicendo che si trattava di una persona perbene. Ho incontrato poi il dottore Nicolino La Scala, pure lui di Mileto, che mi ha riferito che Colloca era titolare di uno dei migliori punti cottura per le mense».

È a questo punto della deposizione che il pm Irene Crea ha però chiesto a Cesare Pasqua come mai nell’interrogatorio di garanzia, ed anche successivamente dinanzi al gip, non avesse mai nominato né Muzzopappa e neppure il dottore La Scala. Questa la risposta dell’imputato Cesare Pasqua: «Non mi è stato chiesto e non ho dato peso a tali incontri, non ho valutato questa cosa”. Il pm di rimando, ed anche la presidente del Tribunale Rossella Maiorana, hanno però fatto osservare a Pasqua che né il pm e neppure il gip potevano sapere che qualcuno – Muzzopappa e La Scala, nel caso di specie – avessero dato a Pasqua referenze positive su Colloca, circostanza che poteva essere raccontata solo dallo stesso Cesare Pasqua».

L’intercettazione e le contestazioni del pm

Diverse le contestazioni mosse dal pm Irene Crea a Cesare Pasqua in merito all’incontro con Domenico Colloca per come emerge dalle intercettazioni. «Non abbiamo parlato mai di elezioni con Colloca e non gli ho mai chiesto voti – ha sostenuto Pasqua – e quando ho detto lui che io sono un uomo d’onore non intendevo affermare che sono un mafioso, ma una persona che mantiene la parola data. Abbiamo parlato di argomenti differenti dal voto nell’incontro e io ho detto a Colloca di stare tranquillo in caso di controlli dei Nas alle sue cucine in quanto avrebbe potuto chiamarmi ed io gli avrei dato tutti i consigli in materia».

Il pm ha però ribattuto che dalle intercettazioni emerge che con Colloca, nell’incontro al Di Pro Shop, si stava parlando di voti ed ha letto in aula alcuni passaggi delle stesse laddove Cesare Pasqua dapprima riferiva a Colloca che lo aiuterà in maniera incondizionata e successivamente chiedeva allo stesso Colloca di quantificare il suo peso politico.

Ecco cosa avrebbe detto Pasqua a Colloca nelle intercettazioni ricordate testualmente in aula dal pm della Dda: «Che forze hai tu? Che forza hai? Quantificatevi…, tu quanto senti che pesi? Quanto pensi che puoi pesare tu?». Colloca, a questo punto, avrebbe risposto a Pasqua che «può procurargli 1.500 voti riferendo altresì che Pasqua poteva chiedere al senatore Giuseppe Mangialavori – ha ricordato il pm leggendo le intercettazioni – qualora avesse dubbi circa il suo peso politico, specificando che quest’ultimo quando ha avuto bisogno di voti è sempre stato aiutato e quando per la prima volta si candidò alla Regione Calabria, a Mileto non sapevano nemmeno chi fosse e solo grazie allo stesso riuscì a fare un buon risultato elettorale».

Ecco l’intercettazione al riguardo richiamata oggi in aula dal pm al Tribunale: «Peppe Mangialavori…e gli potete domandare…quando si è candidato la prima volta lui alla Regione…è venuto a trovarmi…, me l’hanno presentato che io non sapevo nemmeno come si chiamava…a Mileto a Peppe Mangialavori non lo conoscevano…, non sapevano nemmeno chi era quando è venuto con me a Mileto». È a questo punto che Cesare Pasqua avrebbe chiesto a Colloca di ritenersi impegnato a sostegno di Vincenzo Pasqua per i voti alla Regione, tranquillizzandolo sul fatto che non deve preoccuparsi di nulla e in caso abbia qualche problema nello svolgimento della sua attività lavorativa di contattarlo immediatamente per il tramite di Mazzeo Clemente.

Su tali passaggi delle intercettazioni, il pm ha chiesto a Cesare Pasqua ripetute spiegazioni. «Ho riascoltato l’intercettazione che mi riguarda – ha dichiarato l’imputato in aula – ma non si capisce nulla e quella del pm nei miei confronti è violenza». Un’affermazione, quest’ultima, per la quale lo stesso presidente del Tribunale collegiale, Rossella Maiorana, ha invitato Cesare Pasqua a scusarsi in aula con il pm Irene Crea. Una tensione scemata solo con la fine della deposizione che ha lasciato accusa e difesa sulle rispettive posizioni anche riguardo l’interpretazione delle intercettazioni che vedono per protagonista Cesare Pasqua il quale nel corso dell’esame ha altresì negato di aver mai fatto parte della massoneria: «Non sono mai stato iscritto a logge massoniche – ha concluso - nè coperte e neppure scoperte. Sto pagando solo per essere nato a Nicotera».