Gli ermellini hanno dichiarato inammissibili i ricorsi presentati dai fratelli Propato. Secondo la procura avrebbero vessato alcuni imprenditori locali
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Soldi prestati con tassi usurai
La Cassazione ha respinto i ricorsi presentati dai fratelli Domenico Giuseppe, Aurelio e Claudio Propato, confermando di fatto le condanne per usura aggravata già emesse in secondo grado dalla Corte d’Appello di Catanzaro. Le impugnazioni sono state dichiarate inammissibili, e ai ricorrenti è stata inflitta una sanzione di 3mila euro ciascuno a favore della Cassa delle ammende.
Il procedimento ha origine da accuse di usura aggravata nei confronti dei tre fratelli, che avrebbero approfittato dello stato di bisogno di imprenditori locali. Le aggravanti contestate riguardavano la recidiva specifica e infra‑quinquennale per Domenico Giuseppe e la recidiva reiterata e infra‑quinquennale per Claudio. La sentenza di primo grado del tribunale collegiale di Castrovillari aveva inflitto condanne, poi confermate e in parte modificate dalla Corte d’Appello di Catanzaro: Claudio e Aurelio erano assolti per alcuni capi d’imputazione, mentre per gli altri i giudici avevano confermato le pene. Nessuna variazione per Domenico Giuseppe nel giudizio di secondo grado.
I ricorrenti avevano contestato vari aspetti, tra cui l’uso delle dichiarazioni testimoniali del primo processo, l’applicazione retroattiva della riforma della prescrizione del 2005, la qualificazione dei fatti come usura anziché esercizio abusivo del credito e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. La Suprema Corte ha chiarito che tutte le prove erano state acquisite nel pieno rispetto del contraddittorio, e che le accuse relative alla prescrizione e alla qualificazione giuridica dei fatti erano infondate.