La tutela degli operatori passa attraverso una formazione continua, adeguata e specifica. Non basta adempiere a un dovere formale: il datore di lavoro ha la responsabilità morale e giuridica di garantire conoscenze reali e vigilanza costante
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Nel proseguire il nostro cammino nei meandri della normativa antinfortunistica, dopo aver affrontato il delicato argomento sulla valutazione dei rischi e sulla corretta redazione del DVR ora parliamo dell’obbligo formativo in capo al datore di lavoro.
Ma cosa è la formazione ed a cosa serve? Chi sono gli attori ed i soggetti passivi? Dove ci porta e quali le ripercussioni di una inadeguata ed insufficiente formazione?
La formazione sulla sicurezza non può mai considerarsi completa, ma rappresenta un impegno costante che richiede aggiornamenti regolari e una vigilanza attenta. Questo concetto può essere riassunto in un celebre brocardo latino di memoria ciceroniana: «Il benessere del popolo sia la legge più alta» (Salus populi suprema lex esto). Questo principio è un pilastro fondamentale del pensiero politico romano, presente nel «De legibus» (Libro III, paragrafo 3.8), dove Cicerone lo formula come una massima giuridica: la tutela del bene comune deve precedere ogni altra norma. Vi chiederete cosa c’entra con l’obbligo formativo da parte del datore di lavoro al singolo lavoratore in materia di sicurezza? presto detto. È noto che la frase di Cicerone abbia un’interpretazione più ampia, ponendo al centro l’interesse assoluto del popolo e della Repubblica rispetto a quello dei singoli cittadini. Tuttavia, vorrei orientare la lettura di tale principio verso un’interpretazione associata alla situazione persistente in cui si trova la salute e la sicurezza di molti lavoratori, impegnati in ambienti di lavoro non sempre sicuri. La mancanza di una adeguata tutela è diventata oggi, ancora di più, inevitabilmente un pericolo per la vita degli stessi e per quella di chi li circonda. Il benessere del popolo deve costituire la priorità assoluta, visto che l’Articolo 1, primo comma, della Costituzione della Repubblica Italiana afferma che «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro». Se il nostro Paese si basa su tale principio, i lavoratori rappresentano il bene supremo e, come tali, devono essere protetti con attenzione. Tuttavia, non si può ignorare e tacere un’affermazione empirica, che emerge dall’ attenta analisi dei dati statistici relativi ai tassi di infortunistica sul lavoro che la cronaca ci restituisce crudelmente ormai in modo giornaliero. Ma «per un punto Martin perse la cappa» si può affermare: citazione questa spesso sentita nel linguaggio quotidiano che sta ad indicare appunto che una “piccola distrazione o una negligenza” può comportare gravi conseguenze, persino la perdita della salute in occasione del lavoro ed una situazione di estrema insicurezza a causa del lavoro stesso per se e per gli altri. Appunto la mancanza, l’incompletezza, la non adeguatezza e l’insufficienza della formazione sulla sicurezza sul lavoro può rappresentare proprio quel “punto” perso da Martino, può essere quel pericolo che mina l’intero sistema di protezione individuale e collettiva.
La formazione sulla sicurezza sul lavoro è un aspetto fondamentale per ogni azienda. Non solo contribuisce a prevenire incidenti e malattie professionali, ma favorisce anche un ambiente di lavoro più produttivo e soddisfacente. La sicurezza non è un optional, non è una discrezionalità ma una scelta necessaria. Non si tratta solo di adempiere a obblighi legali, ma di comprendere il valore della prevenzione. La sicurezza sul lavoro, infatti, va considerata come la priorità non come una conseguenza. È necessario fornire le conoscenze indispensabili per evitare problematiche, piuttosto che doverle affrontare in un momento successivo e magari davanti ad un evento letale. Il più grande nemico della sicurezza è l’ignoranza, che può portare a gravi errori per tutti. Per questo motivo, la formazione continua nel campo della sicurezza sul lavoro è essenziale: il tempo investito nella formazione non è mai tempo perso. Una buona formazione richiede impegno e attenzione, ma il ritorno in termini di protezione dei lavoratori e di ambiente di lavoro sicuro è inestimabile. Certo, la sicurezza sul lavoro coinvolge non solo l’individuo, ma chi lo circonda e per questo è necessario curarne la sensibilizzazione comune.
Evidente è quindi l’importanza della responsabilità collettiva nel mantenere un ambiente di lavoro sicuro. Queste affermazioni sulla formazione sulla sicurezza dovranno funzionare come monito costante e cogente per sottolineare quanto sia importante investire nella formazione stessa dei dipendenti, e non solo a livello economico. Non si tratta solo di un aspetto legale o etico, ma anche di buon senso: un ambiente di lavoro più sicuro è anche più produttivo e soddisfacente per i lavoratori, proprio come ha detto Cicerone in un principio che è applicabile anche in termini attuali.
Investire in programmi efficaci di formazione sulla sicurezza sul lavoro permette alle aziende di ridurre i rischi associati agli incidenti, garantendo ad ogni dipendente una condizione di lavoro efficiente e tranquilla. Inoltre, migliora notevolmente il morale dei dipendenti e contribuisce a costruire una cultura aziendale positiva. Si deve sempre ricordare che «Il costo della prevenzione è sempre inferiore al costo dell’incidente». Per questo motivo, non si deve mai sottovalutare l’importanza della formazione sulla sicurezza sul lavoro e la giurisprudenza italiana si preoccupa sempre più di proteggere i lavoratori. Una sentenza della Corte di Cassazione (cfr numero 6301 del 13 febbraio 2024) ha sottolineato, non da ultima, quanto sia importante la formazione sulla sicurezza sostenendo che non è un optional, ma un obbligo che non si può ignorare e deve riguardare esattamente le attività che il lavoratore farà, quindi non basta un corso generico ma serve anche insieme una formazione specifica (fatta da formatori specializzati, non basta infatti che un collega più esperto spieghi il da farsi, perché serve una formazione completa adeguata e sufficiente fornita da tecnici esperti ed accreditati). Il lavoratore deve conoscere la sicurezza prima di iniziare a lavorare. Non è accettabile assegnare una mansione senza aver prima fornito la formazione necessaria, non si possono far utilizzare attrezzature se oltre alla formazione di base non sia seguita una formazione specifica oltre che un addestramento puntuale. Se non si fa la formazione, il datore di lavoro può avere grossi problemi legali e serve ricordare alle aziende che investire in formazione è anche un dovere morale per proteggere il futuro. Un ambiente sicuro è anche più produttivo e migliora la reputazione dell’azienda.
La formazione ha diversi vantaggi: riduce i rischi di infortuni, aiuta i lavoratori a capire meglio come stare attenti, aumenta la loro efficienza, migliora il morale e la fiducia, e fa bene anche all’immagine dell’azienda. Investire in sicurezza significa investire nel futuro. I lavoratori devono essere formati in modo corretto prima di iniziare a lavorare, e si ribadisce che non si può sostituire la formazione con un supporto di un collega, soprattutto per chi è appena entrato in azienda. Una recente sentenza della Cassazione (cfr. numero 22843 del 17 giugno 2025), ha confermato che la formazione obbligatoria non può essere ignorata e che c’è una responsabilità totale del datore di lavoro se non si rispettano questi obblighi (così recita la Corte “il datore di lavoro ha il dovere primario di garantire condizioni di sicurezza adeguate. Questo include la previsione di possibili comportamenti imprudenti dei lavoratori. Solo una condotta “eccentrica ed abnorme” o del tutto imprevedibile può esonerare il datore di lavoro dalla responsabilità. Nel caso specifico, l’azione del lavoratore rientrava nelle mansioni previste, anche se non ancora pienamente operative”).
La ratio è che la formazione è fondamentale e non può essere sostituita. Il datore di lavoro è sempre responsabile:se si verifica un infortunio, il responsabile è comunque il datore di lavoro, anche se il dipendente ha agito in modo non prudente.
Questa responsabilità non si ravvede solo se il comportamento del dipendente è estremamente irrazionale o inaspettato, cioè non prevedibile.Ancora una volta il messaggio è chiaro per tutti i datori di lavoro: la formazione sulla sicurezza è un obbligo inderogabile e prioritario.
L'accordo unico Stato-Regioni del 17 aprile 2025, pubblicato sulla gazzetta ufficiale il 24 maggio 2025, è il nuovo riferimento regolatorio per la formazione obbligatoria e cambia radicalmente il suo sistema introducendo nuove durate, modi di svolgimento dei corsi e nuove scadenze. ll nuovo Accordo Stato-Regioni per la formazione punta a migliorare la qualità e l'efficacia della formazione sulla salute e sicurezza sul lavoro, rendendola più personalizzata, antropocentrica e strategica anziché un mero adempimento burocratico. Tra le principali novità, l'Accordo introduce requisiti più rigorosi per i soggetti formatori, un obbligo di verifica dell'apprendimento per tutte le figure, maggiore apertura alla formazione a distanza (e-learning) ma anche la regolamentazione di corsi specifici come quelli per ambienti confinati e la conduzione di carriponte. Le aziende devono ora preparare un vero piano di transizione per adeguare i propri percorsi formativi entro 12 mesi dall'entrata in vigore dell'accordo e questo sarà un momento storico da sfruttare per fare il punto della situazione in termini realistici: ciò che era fatto in passato ha funzionato o no? Se si portiamo con noi nel futuro il meglio degli schemi positivi ma riflettiamo a fondo sui vulnus del precedente sistema.
Recitare la parola formazione ai lavoratori non ha sempre gli stessi risvolti: esite chi si impazientisce perché si auto reputa “capace” e non bisognoso di tale insegnamento, chi invece in modo molto leggero lo affronta come tempo di riposo dal duro lavoro, chi vezzeggia il momento e non si cura che il proprio bagaglio culturale ed esperienziale non basta ed è lacunoso e fallace. Questo lato lavoratore, ma versante datoriale che succede al proferire il termine formazione? Ebbene necessita fare un discernimento tra datore e datore: chi vede il momento formativo in modo “pesante” e distrattivo dal lavoro da concludere e consegnare, quindi come un ritardo che rallenta il momento del compenso, chi lo vive in modo leggero rassegnandosi all’idea che la formazione sia solo un foraggiamento, una ulteriore fattura da saldare per i soggetti tecnici che li coadiuvano negli adempimenti, c’è anche chi non ha interesse a come sia fatta ma che venga solo rispettata una norma per non incorrere nelle sanzioni degli organi di vigilanza, esiste anche la figura datoriale che ci investe e che non ha intersse a che non sia svolta la formazione dei suoi dipendenti, anzi, ma che non ha idea in concreto di cosa si stia parlando. Non si tratta nel merito di un Accordo unico, nel senso che non è completo; per esempio, rimane in auge un vecchio accordo Stato-Regioni del 2006 (l'allegato XXI del T.U. 81/08) riguardo ai lavori con le funi, esistono tantissime attività formative obbligatorie che non rientro l’accordo, per esempio, sul montaggio e smontaggio dei ponteggi, sui DPI di terza categoria.
Un tema importante affrontato dal nuovo Accordo riguarda i soggetti formatori che devono possedere specifici requisiti per erogare una formazione valida. Le novità dell’accordo di maggio 2025 riguarda i soggetti formatori e gli enti accreditati ma i temi cruciali riguardano le novità della verifica di apprendimento e verifica di efficacia della formazione. È obbligatoria la verifica dell'apprendimento per tutti i percorsi formativi, e il discorso della verifica dell'apprendimento è cruciale. La grossa novità è che viene introdotta la modalità con la quale si va alla verifica dell'efficacia durante l'attività lavorativa.
Solo se la formazione ha un impatto reale, un ritorno si può dire che è stata efficace. L’andamento infortunistico, l'andamento dei near miss è sempre sintomatico nella qualificazione della efficacia della formazione, senza parlare poi degli strumenti utilizzati per sondare la fondatezza dell’impianto formativo: dai questionari alle checklist. Queste ultime personalmente le reputo fondamentali perché le checklist permettono di osservare i lavoratori durante il lavoro e verificare cosa stanno facendo nella realtà. Si concretizzano così due aspetti basilari: la verifica a distanza di tempo durante l'attività lavorativa ed il controllo che il datore di lavoro deve fare. Il datore di lavoro (…) deve vigilare sui lavoratori. E come può vigilare?
Ormai una consolidata giurisprudenza di legittimità concernente la salute e la sicurezza sul lavoro riconosce in capo al datore di lavoro l’obbligo di vigilare e di garantire il controllo sul lavoratore per evitare l'instaurarsi di prassi contra legem pericolose: in tal caso, se un incidente si verifica a causa di una prassi errata, eventualmente instaurata altresì con il consenso del preposto, l'ignoranza del datore di lavoro non esclude la sua colpa, poiché l'omessa vigilanza su tale comportamento costituisce comunque una responsabilità.
Il datore di lavoro ha l'obbligo di formare i lavoratori in base all'attività a loro assegnata, pur riconoscendo che la formazione non può essere sostituita dall'esperienza maturata nel tempo o dalla condivisione di conoscenze tra i lavoratori, anche in seno a una relazione gerarchica. L'apprendimento derivante dall'esperienza e la diffusione delle prassi di lavoro non possono sostituire le attività informative e formative previste dalla legge. La condotta di un lavoratore può essere considerata anomala e idonea a escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore e l'evento dannoso, non tanto quando sia imprevedibile, quanto quando sia tale da scatenare un rischio esterno alla sfera di rischio gestita dal datore di lavoro. Così il dispositivo di una nota sentenza della Cassazione in merito alla responsabilità del datore per omessa sorveglianza sulla mancata, insufficiente e inadeguata formazione del lavoratore in barba all’art 37 del T.U. 81/08: “i principi affermati in materia dalla giurisprudenza di legittimità, in base ai quali il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde, a titolo di colpa specifica, dell’infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore il quale, nell’espletamento delle proprie mansioni, pone in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi e l’adempimento di tali obblighi non é escluso né é surrogabile dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa, o per il travaso di conoscenza che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di loro”.
Ma risponde solo il datore di lavoro personalmente? No, di certo non è il solo se la sua azienda rientra nell’ambito di applicazione della normativa di cui al D.Lgs 231/2001.La persona giuridica, come previsto dall’articolo 25-septies del suddetto decreto, può essere considerata responsabile e quindi soggetta a sanzioni, se una persona fisica o più persone che fanno parte della società commettono un reato in materia di salute e sicurezza.
In particolare, la società può essere ritenuta responsabile in base alla cosiddetta “colpa organizzativa”, quando le persone fisiche che svolgono ruoli chiave, come rappresentanti, amministratori, dirigenti o chi è sotto la loro supervisione, commettono un reato, ad esempio lesioni personali colpose gravi o gravissime o omicidio colposo, in violazione di norme sulla salute e sicurezza, e lo fanno nell’interesse o a vantaggio della società. Tra le norme di salute e sicurezza che rientrano in questa categoria c’è l’articolo 18, comma 1, lettera l), letto in combinato con l’articolo 37 del Decreto Legislativo 81/08, che impone al datore di lavoro e al dirigente di garantire che i lavoratori ricevano una formazione adeguata. Quando, quindi, un datore di lavoro o un dirigente non fornisce ai lavoratori la formazione richiesta, o lo fa in modo inadeguato, e da questa mancanza deriva un infortunio o una malattia professionale, portando a una responsabilità penale per un reato come quello descritto, ciò può portare fino al riconoscimento della responsabilità della società, in base al Decreto Legislativo 231/01.Questo accade, però, solo se si dimostra che la condotta colposa, che costituisce un reato, ha dato origine a un vantaggio concreto per l’azienda, come un risparmio economico dovuto al mancato rispetto delle misure di prevenzione ( cfr Cassazione Penale, Sezione IV, 13 ottobre 2016, numero 43271 laddove cita letteralmente “la sistematica violazione della normativa inerente alla formazione e informazione dei dipendenti per un lasso temporale rilevante dovesse considerarsi deliberatamente attuata allo scopo di consentire all’ente un consistente risparmio di costi). Analizzando la giurisprudenza in materia di responsabilità amministrativa della persona giuridica derivante da reati di salute e sicurezza commessi da persone fisiche appartenenti alla società, si osserva che negli ultimi anni sono stati molti i casi in cui la colpa organizzativa della società è consistita nella mancata creazione o attuazione di un modello organizzativo in grado di prevenire reati come lesioni colpose o omicidi colposi, in violazione degli obblighi di formazione dei lavoratori. È comunque sempre fondamentale accertare che l’evento lesivo sia eziologicamente connesso alla mancata formazione e informazione del lavoratore,“ai sensi del D.Lgs.n.231 del 2001, art.8, co.1, lett.b), il giudice deve procedere all’accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e per il cui vantaggio l’illecito fu commesso che, però, non può prescindere da una verifica, quantomeno incidentale, della sussistenza del fatto di reato”. Ciò precisato, dunque, nel confermare l’impostazione delle sentenze di merito, la Cassazione Penale ( Sez.IV, 5 giugno 2024 n.22586) ha chiarito ulteriormente che “la eventuale formazione specifica impartita al dipendente circa l’uso del macchinario non esimeva dall’offrire una formazione generica, nella specie, all’evidenza, assente”.
Il tema qui affrontato è sempre molto complicato da affrontare per i molteplici aspetti che nella realta vengono fuori e per la delicatezza dei contenuti, ma la ratio della norma è unica: la tutela della salute e sicurezza del lavoratore a cui non si può transigere in modo assoluto!
NESSUN LAVORO È COSI’ IMPORTANTE DA NON POTER ESSERE FATTO IN SICUREZZA!!