Un percorso accademico intitolato all’economista cosentino Antonio Serra per valorizzare cooperazione, solidarietà e sviluppo sostenibile nel territorio calabrese. Ieri la presentazione a Cosenza
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A volte sono le piccole cose, momenti, scelte, azioni che possono segnare una svolta culturale ed economica per il territorio. In questo caso, una piccola rivoluzione, potrebbe partire dalla presentazione della Borsa di Studio intitolata all’economista cosentino Antonio Serra, per il primo dottorato di ricerca sull'economia civile nato dalla collaborazione tra la Banca di Credito Cooperativo Mediocrati e l'Università della Calabria.
L'iniziativa, guidata con agilità dal direttore di LaC News24, Franco Laratta, ha visto la partecipazione di autorità civili, militari, religiose e accademiche, e rappresenta un tentativo ambizioso di recuperare i valori fondanti della cooperazione e di impiantare nel tessuto economico calabrese un modello alternativo al modello individualista che si sta affermando in questi anni di sfrenata competizione e conflitto.
Il ritorno alle origini: l'economia di relazione
Il presidente della BCC Mediocrati, Nicola Paldino, ha sottolineato come questa iniziativa rappresenti un ritorno alle origini della banca, nata 120 anni fa nella Diocesi di Cassano da dall’intuizione di Don Carlo De Cardona con l'obiettivo di combattere l'usura e praticare un'economia di relazione.
«L'economia di relazione è quella di prendere il caffè, dove c'è un barista che conosciamo, con cui scambiamo quattro chiacchiere, ci soffermiamo per connetterci con la nostra realtà», ha spiegato, raccontando aneddoti di filiali dove gli anziani vanno come fossero un’estensione della famiglia. Un modello di banca che resiste alla standardizzazione imposta dai grandi gruppi finanziari che guardano solo al mercato.
Il presidente ha annunciato che il 13 gennaio 2026 verrà presentato, insieme a Confcooperative Calabria e FondoSviluppo, il primo rapporto sull’economia sociale e la cooperazione in Calabria, un ulteriore tassello di questo percorso di valorizzazione del tessuto cooperativo territoriale e del valore economico e sociale generato da chi crede in un modello d’impresa capace di guardare alla persona, al territorio e poi ai profitti.
Persona o individuo? Il paradigma dell'economia civile
Il professor Franco Rubino, direttore del Dipartimento di Scienze Aziendali e Giuridiche dell'Unical, ha offerto una lucida distinzione tra economia classica ed economia civile. «L'economia classica vede l'uomo economico muoversi nel mercato per perseguire i propri interessi, massimizzando la propria utilità, non quella degli altri. L'economia civile invece ribalta questo paradigma e mette al centro il benessere comune».
Al cuore dell'economia civile, ha spiegato Rubino, ci sono valori come la fraternità, la carità, la riconoscenza, l'aiuto reciproco. Il professore ha evocato la figura di Diogene che girava per le vie di Atene con la lanterna cercando "l'uomo", un uomo che non è più individuo ma persona.
Il paradosso della felicità
La professoressa Olga Ferraro, docente della cattedra di economia civile e vicepresidente della BCC, ha introdotto un concetto illuminante partendo dal paradosso di Easterlin. «Se pensate alla vostra vita nel suo insieme, come la giudicate? Vi sentite felici, abbastanza felici, infelici o molto infelici?», ha chiesto all'uditorio. «Non credo che qualcuno abbia pensato al proprio conto in banca. Avete pensato alla famiglia, all'affetto, al raggiungimento di una posizione lavorativa senza necessariamente collegarla all'aspetto economico».
Il riferimento è allo studio dell'economista americano Easterlin del 1970, che dimostrò come la ricchezza aumenti la felicità solo fino a un certo punto: superata la soglia dei bisogni primari, l'accumulo di ricchezza non genera ulteriore felicità.
Le BCC e la dottrina sociale: le radici di un modello
Maurizio Silvi, direttore della Banca d'Italia per la Calabria, ha portato una testimonianza che ha colto di sorpresa molti per la profondità del messaggio istituzionale. «Sono quasi emozionato di parlare di questo tema, perché fa parte integrante della mia esperienza professionale. Sono stato prevalentemente, negli ultimi 12 anni, in Alto Adige e in Trentino, poi adesso qui, luoghi dove la cooperazione ha avuto un ruolo determinante e incisivo per lo sradicamento dei bisogni, della schiavitù, dei bisogni primari di tanta parte della popolazione, a partire dall'Ottocento».
Silvi ha ricordato i miti fondatori della cooperazione: Friedrich Raiffeisen in Alto Adige, Don Lorenzo Guetti in Trentino, Don Carlo De Cardona in Calabria. «Questi non erano preti qualsiasi, erano ispirati dalla dottrina sociale della Chiesa, che ha portato un grande cambiamento nell'approccio all'economia. Oggi più di prima, questo messaggio è importante, decisivo: l'economia deve mettere al centro l'uomo, l'economia deve essere al servizio della persona».
Con dati alla mano, Silvi ha dimostrato l'efficacia del modello cooperativo. «Le BCC sono casse che raccolgono il risparmio che si forma in una zona e investono quel risparmio in quella zona. Si trasformano in un volano importantissimo, diversamente da altri istituti di credito che raccolgono in un posto ma impiegano i soldi da un'altra parte, sviluppando altri territori».
I numeri parlano chiaro: «L'Alto Adige, rispetto al PIL del 2007, sta 25 punti sopra, più della parte ricca della Germania. L'Italia sta recuperando il PIL del 2007, la Calabria sta 10 punti sotto il livello del 2007. Questo significa che un modello, dove la cooperazione, non solo del credito ma anche della produzione, è diventata guida dell’economia locale ha saputo generare più ricchezza della media nazionale e questi dati possono essere molto utili per riconvertire l'io nel noi».
Economia civile e cooperazione: la differenza organica
L'economia sociale, come hanno spiegato i relatori, identifica un settore specifico dell'economia: le cooperative, le associazioni, le fondazioni, le imprese sociali che operano secondo principi statutari di mutualità, solidarietà e democrazia partecipativa. Sono organizzazioni concrete, con forme giuridiche precise, che nascono per rispondere a bisogni collettivi.
L'economia civile, invece, è il paradigma teorico, la visione culturale che ispira e guida queste organizzazioni. Come ha spiegato la professoressa Ferraro, l'economia civile non è «scienza della ricchezza ma scienza della pubblica felicità».
Credibilità e corresponsabilità
Monsignor Savino ha chiuso l'evento con un richiamo alla credibilità e ai pilastri dell'economia civile che coincidono con i capisaldi della dottrina sociale della Chiesa: i beni comuni, la sussidiarietà circolare e la destinazione universale dei beni.
«I beni sono di tutti, non possono essere di qualcuno. Non mi rassegno all'idea che un piccolo gruppo di persone nel mondo abbia più del 70-80% delle risorse a disposizione", ha affermato con forza, richiamando anche il pensiero di Karl Marx e citando l'economista francese Thomas Piketty: "Non più 'proletari di tutto il mondo unitevi', ma 'diseguali di tutto il mondo unitevi'».
Il vescovo ha lanciato un appello alla speranza, non come narcotico della coscienza ma come impegno concreto: «La speranza viene dal latino 'spes', che si collega a 'pes', il piede. La speranza deve camminare con i nostri piedi, con i nostri passi. La speranza ha il nome del noi».
E ha concluso con un richiamo alla responsabilità, intesa etimologicamente come capacità di rispondere: «Quando ci chiedono 'dov'è tuo fratello?', ci sono due risposte possibili. 'Non sono io il custode' ad evidenziare irresponsabilità; 'sono il guardiano, il custode' significa invece corresponsabilità. Tutti dobbiamo essere corresponsabili dei nostri fratelli».
Una speranza che cammina
Il dottorato in economia civile Antonio Serra rappresenta quindi molto più di un percorso accademico: è un tentativo di accelerare nel tessuto calabrese una cultura economica alternativa, che recuperi i valori della cooperazione, della relazione, della fraternità. Come ha dimostrato il direttore Silvi con i dati dell'Alto Adige, il modello cooperativo fondato sull'economia civile non è utopia ma prassi efficace, capace di generare sviluppo economico e coesione sociale superiori al modello individualista.
Una sfida ambiziosa in un territorio che, come ha ricordato Silvi, ha ancora 10 punti di PIL da recuperare rispetto al 2007, ma proprio per questo necessaria. Come ha ricordato Monsignor Savino, "finché c'è speranza" non basta: serve una speranza che cammini, che si organizzi, che diventi corresponsabilità.
La Borsa di Studio Antonio Serra vuole essere questo: un passo concreto verso la ri-socializzazione dell'economia calabrese, un seme di quella speranza del "noi" che può trasformare il tessuto economico e sociale della regione, riportando al centro non l'individuo isolato ma la persona in relazione, non il profitto fine a se stesso ma il benessere comune, non la competizione ma la cooperazione come volano di sviluppo territoriale. I primi passi in questa direzione li compirà il dottorando Andrea Comandi, primo vincitore della borsa di studio, che ha illustrato il proprio progetto di ricerca: studiare come le BCC generano valore sociale e come questo valore può essere riconosciuto, codificato e trasformato in scelte strategiche. Un lavoro che contribuirà a rafforzare la missione civile del credito cooperativo in Calabria e non solo.
*Vice Presidente Confcooperative Calabria


