L’analisi del vice presidente nazionale non lascia spazio a interpretazioni: «Speso solo il 15% dei fondi. La scadenza del 2026 si avvicina mentre le amministrazioni faticano a trasformare i finanziamenti in opere concrete»
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Le contraddizioni più evidenti (e preoccupanti) dell’attuazione del Pnrr in Italia con la distanza tra le risorse disponibili e la capacità di metterle a terra al centro dell’intervento di Franco Napoli, vice presidente nazionale Confapi. Un’analisi che segue un recente articolo pubblicato sulla nostra testata nel quale si sottolineava il ritardo dello stato di avanzamento dei progetti in Calabria.
«Dieci miliardi di euro. È questa – fa rilevare l’esponente Confapi - la cifra stanziata per tre programmi strategici del Piano nazionale di ripresa e resilienza: rigenerazione urbana, infrastrutture sociali ed economiche, riqualificazione delle periferie. Una mole di risorse senza precedenti, destinata a trasformare il volto delle città italiane e a colmare divari territoriali che si trascinano da decenni. Eppure, a oltre due anni dall’approvazione dei progetti, la realtà restituisce un’immagine desolante: solo il 15% dei fondi è stato effettivamente speso».
A giudizio di Napoli, «i numeri parlano chiaro. I progetti approvati sono 3.818, di cui 182 in Calabria per un valore complessivo di oltre 524 milioni di euro. Ma se guardiamo allo stato di avanzamento, il quadro è allarmante: ritardi gravi, risorse ferme, cantieri che non partono. E il tempo stringe. La scadenza del 2026 per l’utilizzo dei fondi europei si avvicina rapidamente, mentre le amministrazioni pubbliche, soprattutto a livello locale, faticano a trasformare i finanziamenti in opere concrete. Non si tratta di mancanza di volontà politica, ma di una crisi strutturale di capacità amministrativa. Troppo spesso i Comuni non hanno il personale tecnico necessario, o si trovano impantanati in una burocrazia paralizzante. Il risultato? Le città restano ferme, le periferie abbandonate, e le promesse del Pnrr rischiano di diventare un’altra occasione sprecata».
Il vice presidente nazionale Confapi sottolinea: «A peggiorare la situazione, ci sono le continue revisioni del Piano: ben cinque in meno di due anni. L’ultima, a maggio 2024, ha rimodulato numerose voci di spesa e tagliato 1,3 miliardi di euro proprio ai progetti di rigenerazione urbana. Un segnale preoccupante, che sembra ridurre l’ambizione iniziale e penalizzare quegli interventi che avrebbero potuto generare impatto immediato e duraturo: rigenerare i quartieri, creare spazi pubblici vivibili, rafforzare la coesione sociale.
Il messaggio che arriva dai dati, come quelli pubblicati da Openpolis, è chiaro: i fondi ci sono, ma il sistema non regge. Il rischio è che l’Italia, e in particolare il Mezzogiorno, perda una delle ultime vere occasioni per invertire la rotta e costruire un futuro più equo e sostenibile».
Per Napoli, «ora più che mai servono scelte coraggiose: semplificare le procedure, rafforzare gli uffici tecnici locali, garantire supporto alle amministrazioni più fragili. E soprattutto, mantenere alta la trasparenza e il controllo pubblico sull’avanzamento dei progetti. Perché la rigenerazione urbana non è un lusso, ma una necessità. E il tempo delle attese è finito».