Da Gioca Jouer a Vamos a la playa, il produttore discografico spiega perché le nuove canzoni non riescono a imporsi: «C’è troppa buona musica prodotta nei decenni scorsi. È tutto saturo»
Tutti gli articoli di Italia Mondo
PHOTO
Claudio Cecchetto
L’estate 2025 ha il sole, le spiagge, i concerti e le playlist, ma manca quella canzone che ti entra in testa a giugno e non ti lascia fino a settembre. Il tormentone. O, per dirla con Claudio Cecchetto, «la colonna sonora che trasforma una stagione in un ricordo indelebile». Eppure, stavolta, nessun titolo nuovo sembra avere la forza di imporsi.
«C’è troppa buona musica prodotta nei decenni scorsi. È tutto saturo», spiega, in una recente intervista al Corriere, Cecchetto, uomo che negli anni ’80 e ’90 ha firmato hit in grado di attraversare generazioni e frontiere. «Un tormentone non è una parolaccia: sono opere d’arte. Quest’estate non ce ne sono di nuovi e tutti hanno ragione a sottolinearlo. Ma il motivo è semplice: il passato ha lasciato un’eredità così ricca che oggi è difficile fare di meglio».
Per Cecchetto, l’ultimo vero colpo da novanta è del 2024: Sesso e samba, di Tony Effe e Gaia. «Da allora, niente che abbia avuto lo stesso impatto. E non è un dramma: ci sono brani che, a distanza di decenni, funzionano ancora perfettamente. Provate a mettere Vamos a la playa: ha 42 anni e sembra uscita ieri. Appena parte, la pista si riempie». Non è la prima volta che un pezzo viene accolto con scetticismo. «Quando uscì People from Ibiza di Sandy Marton, tutti dicevano: “Canzone usa e getta”. Lo stesso per Gioca Jouer. Invece sono diventati evergreen. Il pubblico li ha fatti propri, e questo è il segreto: un tormentone lo decide la gente, non il marketing».
Oggi, aggiunge, i dj hanno già un arsenale pronto. «Chi è in consolle a una festa, dalla piazza di paese al mega evento, può far ballare ore solo con i brani storici. Non c’è neppure la domanda di nuove hit: se il
repertorio è già forte, l’offerta si riduce». C’è poi un altro fattore: l’estate non è più la stagione privilegiata per lanciare un successo. «La musica
ormai è destagionalizzata. Un artista che ha un brano forte non aspetta luglio: lo pubblica quando ritiene strategico, spesso puntando su Sanremo. È lì che si concentra la promozione, l’investimento, l’attenzione».
Nel frattempo, le classifiche certificano il calo. Tra inizio giugno e metà luglio, la top20 di Spotify ha totalizzato 192 milioni di stream: lo stesso periodo del 2024 ne contava 339 milioni. Meno 43%. «Non è che si ascolta meno musica – commenta Cecchetto – ma la gente ascolta altro: magari brani del passato».
Sul palco, invece, il pubblico c’è. Ma non sempre per merito delle hit di stagione. «Dopo il Covid, c’è voglia di concerti, di recuperare il tempo perso. Ma vanno fatti distinguendo: chi canta e balla insieme, e
chi passa due ore con il telefono in mano a registrare. Il concerto come esperienza collettiva si perde, e questo vale anche per le canzoni che dovrebbero legarsi a quei momenti».
In radio e streaming, qualche nome resiste: Alfa con A me mi piace (rilettura di Me Gustas Tu con Manu Chao) intercetta la nostalgia dei Millennials; Alessandra Amoroso e Serena Brancale portano un sirtaki
che profuma di vacanze greche; Mengoni con Rkomi e Sayf canta il mare ma con toni malinconici; Anna guida lo streaming con Desolée. Ma il salto verso la “canzone di tutti” non c’è.
Il fenomeno è globale. Time ha definito la “song of summer” un «dinosauro»: gli algoritmi creano playlist personalizzate e la monocultura di un brano condiviso da un intero Paese non esiste più. «Quando uscì
Roma-Bangkok, nel 2015, ha spaccato il mercato, portando tutti a provarci – ricorda Cecchetto – ma un tormentone vero non nasce a tavolino: è la conseguenza di un successo straordinario».
Oggi, forse, più che un’assenza è un cambio di prospettiva. «Se c’è una tendenza, è il ritorno alla melodia. Il troppo stroppia: troppi brani pubblicati, troppi eventi estivi. Alla fine, la gente torna a quello che
conosce e ama». E così, nell’estate 2025, la colonna sonora è un mosaico di passato e presente. I pezzi nuovi ci provano,
ma sono gli evergreen a vincere: quelli che, come Gioca Jouer, Vamos a la playa o People from Ibiza, hanno resistito a ogni profezia di breve durata e, puntuali, tornano a farci ballare sotto il sole.