«Io credo che sia un’opera di qualcuno legato alla criminalità o comunque che si serve della criminalità. Non vedo invece scenari o mandanti politici». Con queste parole Sigfrido Ranucci, conduttore di Report, ha parlato per la prima volta pubblicamente dell’attentato che giovedì scorso ha distrutto la sua auto e quella della figlia davanti alla casa di Campo Ascolano, vicino a Ostia. Intervistato da Monica Maggioni nella trasmissione In mezz’ora su Rai3, il giornalista ha cercato di mantenere la lucidità che da sempre lo contraddistingue, ma non ha nascosto la paura: «Magari l’avvertimento non era diretto a me, ma a qualcun altro, un segnale per qualcosa che deve succedere, che non è ancora andato in onda».

Una frase che ha colpito anche gli investigatori. L’ipotesi, ora, è che la bomba possa essere stata un messaggio rivolto a una delle fonti della trasmissione, più che al conduttore stesso. Un modo per intimidire chi collabora con la redazione di Report, che tornerà in onda il 26 ottobre con nuove inchieste, tra cui un’inchiesta sul business dell’eolico e sui rapporti tra imprenditoria, politica e criminalità organizzata.

Secondo gli inquirenti, l’ordigno — piazzato sotto la vettura e fatto esplodere manualmente — avrebbe richiesto una manodopera esperta, forse appartenente a bande locali con collegamenti nell’area di Ostia e Torvaianica. Le indagini, coordinate dal procuratore Francesco Lo Voi e dal pm Carlo Villani della Direzione distrettuale antimafia, puntano a ricostruire la filiera del gesto: chi ha costruito la bomba, chi l’ha piazzata e soprattutto chi l’ha commissionata.

Ranucci, abituato alle minacce, ha mostrato prudenza ma non rassegnazione. «Chi ha messo l’ordigno conosceva le mie abitudini — ha raccontato —. Ho pensato che fosse una bombola del gas, poi sono sceso e ho visto la macchina. Tocchiamo talmente tanti interessi che è difficile capire da dove arrivi il pericolo». E ancora: «Credo sia qualcuno legato alla criminalità, non credo nei mandanti politici. La politica, se vuole colpire, ha altri strumenti».

Non è la prima volta che il conduttore finisce nel mirino. Dal 2019 a oggi le procure hanno aperto undici fascicoli d’indagine per minacce e pressioni nei suoi confronti. Un filo rosso che la Dda sta ora cercando di ricostruire. Gli investigatori stanno riesaminando messaggi anonimi, segnalazioni e atti d’intimidazione subiti nel corso degli anni, per capire se dietro ci sia una stessa mano o una rete criminale interessata a silenziare le inchieste di Report.

Le prime tracce portano all’area costiera del Lazio. Alcuni testimoni hanno riferito di aver visto una piccola utilitaria nera, forse una Panda, allontanarsi a gran velocità subito dopo l’esplosione. L’auto è ora al centro delle analisi del Nucleo investigativo dei carabinieri di Frascati e di via In Selci, che stanno passando al setaccio le immagini dei pochi sistemi di videosorveglianza della zona. Anche i frammenti metallici raccolti sul luogo del delitto vengono analizzati alla ricerca di similitudini con altri ordigni esplosi di recente nel litorale romano.

Tra le piste in esame c’è anche quella legata a un’inchiesta in corso sul Cantiere Navale Vittoria di Adria, nel Rodigino, dove tre settimane fa erano state ritrovate due casse con fucili mitragliatori. Un episodio anticipato in un video di Report per promuovere la nuova stagione. Il cantiere, specializzato nella produzione di imbarcazioni per la difesa, era stato recentemente acquistato dall’imprenditore Roberto Cavazzana, che aveva affidato la gestione a Francesco Maria Tuccillo, ex dirigente di Finmeccanica. Quest’ultimo è stato licenziato il 17 ottobre, appena ventiquattr’ore dopo l’attentato di Campo Ascolano. Un tempismo che ha attirato l’attenzione degli inquirenti, intenzionati a verificare se la coincidenza nasconda collegamenti più profondi.

Tuccillo, che in passato era già finito nel mirino di un falso dossier contro Report diffuso nel 2021, verrà ascoltato nei prossimi giorni. All’epoca quel documento — poi rivelatosi costruito ad arte — fu usato in un’interrogazione parlamentare promossa da Italia Viva, alimentando sospetti e polemiche sul lavoro della redazione.

Sul tavolo della procura ora ci sono troppe coincidenze per essere ignorate: il ritrovamento delle armi, il video promozionale di Report, il licenziamento-lampo di Tuccillo e l’esplosione davanti casa del conduttore. Tutti tasselli che potrebbero comporre un mosaico complesso di interessi economici, rivalità interne e tentativi di intimidazione.

Ranucci, intanto, prova a mantenere il profilo basso. «Non voglio trasformare la mia paura in spettacolo», ha detto. Ma le sue parole pesano come un avvertimento per l’intera categoria: «Noi giornalisti tocchiamo poteri forti, economici e criminali. Ma se cediamo alla paura, vincono loro».

Un messaggio che arriva chiaro anche ai magistrati. Perché, come dice lo stesso conduttore, “l’avvertimento forse non era per me, ma per qualcosa che deve ancora andare in onda”. E allora, più che un attentato, quella bomba potrebbe essere una minaccia sospesa, pronta a esplodere di nuovo.