«Le radici che ci troviamo sotto i piedi dei posti che incontriamo, completano le nostre identità». Potrebbe rappresentare il manifesto di una prospettiva umana degna, in questo mondo complesso e intricato in cui viviamo, sospeso tra due conflitti che, pur restando oscuri nella loro essenza, sono frutto di quell’ignoranza che è la vera protagonista del nostro presente, solo apparentemente moderno.

Eppure è il mondo vissuto in addizione che Carmine Abate ha spiegato a Mesoraca sul sagrato dell’Ecce Homo grazie all’incontro con l’autore con cui Francesco Grano, alla Direzione Artistica del Mesoraca in Festival, ha voluto tracciare, con la seconda giornata della quarta edizione. Un autentico progress di culture in movimento che questo entroterra di Calabria, ancora da squarciare dalla campagna elettorale, rende a portata di confini, attraverso il protagonismo di un gruppo di giovani audaci, sostenuti da una “piccola” quanto illuminata amministrazione comunale.

«Torno sempre nella mia Carfizzi, ma ci porto, attraverso i miei racconti, la mia parte arbresh, quella migrata, quella italiana e germanese, ma anche quella della Valtellina e del Trentino» – ha raccontato l’autore di venti romanzi insigniti di numerosi premi, tra cui il prestigioso Campiello del cinquantenario, che ha aperto la strada a un importante riconoscimento nazionale per molti scrittori calabresi. Alcuni di loro, come Mimmo Gangemi, saranno protagonisti nei prossimi giorni dello stesso Festival a Mesoraca.

Un gruppo di giovani guidati dalla direzione artistica di Francesco Grano sta portando Mesoraca al centro del dibattito culturale di un nuovo meridionalismo che tiene assieme bellezza e criticità.

Il viaggio culturale era già partito al suo primo giorno col magnifico speciale, sempre al Santuario SS. Ecce Homo, per celebrare i 130 anni dalla nascita di Corrado Alvaro, ed ancora prima nella Sala Capitolare, con il confronto con Aldo Maria Morace e le Voci dal Sud, terminato con Giusy Staropoli Calafati, intervistata da Don Francesco Spadola, che ha presentato il testo “Alvaro. Più di una vita” (di Castelvecchi). Poi il pomeriggio della puntata clou con Abate aveva visto, sempre nella Sala Capitolare, Vincenzo Montalcini che ha potuto presentare i suoi testi (Quale umanità e L’anello di Chiara), introdotti dall’assessore Eloisa Tesoriere ed interpretati da Francesco Pupa.

Ma come detto, proprio Carmine Abate, ha dato corpo ed anima a quel concetto di cultura in progress, così tanto caro a questi giovani chiamati a dirigere la quarta edizione di un fitto calendario di eventi. Fino al 13 settembre, dal sagrato del Santissimo Santuario dell’Ecce Homo e dal convento dei francescani, sono in programma incontri, musica e contaminazioni tra letteratura e altri linguaggi.
Un percorso che, attraverso L’Olivo bianco e Un paese felice (le ultime opere di Abate tradotte anche in giapponese), è riuscito a scaldare il concetto di identità, trasformandolo in esperienza viva: come se le radici, intrecciandosi, si proiettassero verso il nuovo, riportando al tempo stesso all’ancestrale e all’ignoto

Ecco questi ragazzi di Mesoraca hanno già vinto la loro scommessa, riproiettandola, fino al 13 e, siamo certi, riaffrontandola anche nell’appendice autunnale che sarà a cura di Angela Bubba.