Con candidati contesi e strategie divergenti, la sinistra rischia di sprecare l’ultima possibilità di competere. Il governatore, pur tra critiche e pressioni giudiziarie, resta il favorito indiscusso
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Alle precedenti elezioni regionali del 2021 i Verdi (che si presentarono da soli nella coalizione di sinistra) presero un modestissimo 0,49 %. L'anno dopo comparve alle elezioni politiche la sigla AVS (Alleanza Verdi e Sinistra) che raccolse, in Calabria, un altrettanto "misero" 1,74% al Senato e 1,49 % alla Camera. Sono questi insignificanti (politicamente parlando, ovviamente) mancati rappresentanti del popolo (non sono stati eletti) che si ritengono i depositari della soluzione finale del pasticcio elettorale della sinistra in Calabria. Sono loro che stanno sabotando, nel senso pieno del termine, qualunque possibile intesa in una coalizione che è tutt'altro che coesa e che appare, senza dubbio, confusa e disorientata.
Le varie riunioni tenute prima di Ferragosto hanno mostrato l'anima divisiva di una coalizione che, da tempo, ha optato per il ruolo di perdente di successo, anche quando – come nel caso delle prossime regionali – i margini positivi non sono da sottovalutare. Ma non si può “sperare” in un intervento “divino”, ops, giudiziario che arrivi al momento giusto e assegni la vittoria al perdente garantito.
Roberto Occhiuto che è stato eletto nel 2021 col 54,46 % dei votanti (appena il 44,36 % su 1.890.732 di aventi diritto) con buona pace dei suoi avversari, se non viene "stoppato" da un pesante intervento della magistratura durante la campagna elettorale stravince di brutto e torna a fare il Presidente. E la sinistra continua a rimanere osservatore inerte in una regione dove, per dirne una, le riforme dovrebbero essere il suo cavallo di battaglia.
Il problema non è di uomini e candidati, ma di programmi e dell'assenza di un progetto politico che, questo sì, richiede un leader in grado di gestire e attuare un vero "rivoluzionario" capovolgimento della politica regionale. E qui casca l'asino. Al di là delle solite dichiarazioni di principio sul sesso degli angeli e le buone intenzioni (fuffa garantita), non c'è un programma serio e importante su cui chiedere il confronto con gli elettori. Il territorio, come da copione, è tenuto in disparte e sono i vertici a decidere, senza consultare la base, senza raccogliere le voci di dissenso, le vere e proprie incazzature di elettori delusi, senza dibattito con i calabresi (e non solo di sinistra).
Quindi, si spiega da solo, il perché il cosiddetto "campo largo" in realtà è un campo ristretto ai soliti noti, con l'estrazione a caso del futuro perdente di successo e l'arrivederci alla prossima tornata elettorale, però con l'impegno a fare opposizione su qualunque argomento. Ogni proposta che verrà dall'avversario politico sarà oggetto di contendere (senza arrivare a risultati concreti, a favore dei calabresi), quando, in realtà, svanisce proprio l'auspicio che, ingenuamente, avevamo immaginato alle passate elezioni della possibilità di creare una grosse koalition alla tedesca che potesse agevolmente superare gli ostacoli di governo sviluppando un progetto di crescita e sviluppo trasversale, con target finale di aiutare giovani, donne e popolazione a superare l'insuperabile divario che addirittura si manifesta ancora tra i singoli i capoluoghi.
Servirebbe un'idea di rete dove tutti i calabresi, indipendentemente dalla loro posizione geografica, possano identificarsi in un modello di sviluppo non più rinviabile. Basta considerare il numero dei laureati che continuano a lasciare la propria terra, per assenza di adeguate opportunità di lavoro, nonostante ci siano tre Atenei che sfiorano l'eccellenza e sfornano competenze subito apprezzate dovunque, in Italia e all'estero (naturalmente, a costo zero: la formazione l'abbiamo pagata noi in Calabria).
Dov'è la politica della "tornanza" e della "restanza"? Quali sono gli incentivi e le possibilità offerte a chi intende restare e chi, con l'amarezza nel cuore dello stare lontani, sarebbe pronto a tornare?
Ecco, già questo sarebbe un ottimo tavolo di discussione, di confronto politico con la popolazione, non le gramsciane caricaturali "brevi note sull'universo", nel senso che il discorso è talmente vasto che richiede impegno e dedizione completa. Che, sinceramente, non vediamo né a destra né a sinistra.
Il governatore Occhiuto, in quattro anni, si è speso fisicamente con un impegno ammirevole, lavorando oltre ogni ragionevole misura, e qualche cosa buona l'ha anche fatta (nonostante le critiche ingiustificabili degli avversari) ma sono troppe le cose non fatte o risolte malamente (vedi alla voce sanità) che continuano ad alimentare una polemica senza soluzione di continuità. Se gli sarà data la possibilità di svolgere serenamente la sua campagna elettorale e quindi conquistare la rielezione, Occhiuto dovrà fare un lungo esame di coscienza, allontanando i suoi farisei e quanti, a suo nome, hanno fatto, alle spalle dei calabresi, politica di bottega, non per il bene comune ma esclusivamente per interessi personali.
Oggi, grazie al cielo, non esiste trasparenza più grande: tutto viene a galla e i media, oltre che prim'ancora i social, svelano subito arcane manovre o lampanti (pur se ben celati) illeciti che sono ovviamente intollerabili e che la magistratura fa bene a perseguire senza alcuna indulgenza.
Ma, allo stesso tempo, non possiamo non stigmatizzare la gogna mediatica inflitta al Governatore dal Domani e dal Fatto quotidiano che giornalmente riversano palate di fango (se ci sono reati lo deve dire la magistratura, non i giornalisti) per ogni colpo di tosse sia stato registrato o intercettato. Non si tratta di censurare le notizie, ci mancherebbe altro, ma il livore di certi servizi va, lasciatecelo dire, oltre la cronaca e il giusto dovere di informare e il diritto di essere informati. Le gole profonde nei corridoi dei tribunali ci sono sempre state e continueranno a fare il lavoro sporco di diffusione di notizie che dovrebbero essere coperte dal segreto istruttorio (ma non c'è una legge che ha messo il bavaglio ai giornalisti sulle notizie di reato?), molto spesso per favorire interessi ben nascosti di lobbies, politici, imprenditori, etc.
E il continuo fibrillare di un'inchiesta che sembra pronta a deflagrare devastando tutto l'assetto politico-istituzionale della Regione, fa valutare a Roma la necessità di un piano B, per sostituire in corsa (si fa per dire, il 5 settembre vanno depositate le liste) il presidente uscente, prima che scoppi l'irreparabile.
Tanto per essere chiari, il proscioglimento (auspicabile) di Occhiuto non può avvenire prima della chiusura dell'inchiesta 1 e 2, e resta in agguato la richiesta di rinvio a giudizio (o peggio, la richiesta di custodia cautelare per impedire l'inquinamento delle prove): di fronte a una situazione del genere, la grande "rivincita" di Occhiuto si frantumerebbe in un aumento sconsiderato dell'astensionismo. Il gradimento fin qui manifestato nei suoi confronti calerebbe di brutto e si offrirebbe alla parte avversaria una vittoria pressoché a tavolino indipendentemente dal nome del candidato.
E qui veniamo al gioco al massacro cui sta venendo sottoposto l'unico candidato in grado di fronteggiare alla pari Occhiuto: l'ex Presidente dell'INPS nonché europarlamentare Pasquale Tridico, il quale viene tirato per la giacchetta e contemporaneamente disilluso sulla reale intesa univoca sul suo nome. L'inventore del reddito di cittadinanza ha tutte le carte in regola per essere un buon Governatore: competente, capace, esperto di economia, onesto e gran lavoratore. Doti che – permettete l'ironia – mal si attagliano al ruolo: scherzi a parte, Tridico appare il candidato ideale di una sinistra a pezzi, ma deve fare attenzione a farsi irretire da Conte e da un PD privo di figure rappresentative: potrà (e dovrà) accettare la sfida a una sola condizione: che sia il candidato unico di tutta la coalizione. In questo caso (temiamo, assai difficile) la sfida a Occhiuto e al centrodestra, fino a qualche settimana fa baldanzoso e sicuro della vittoria, avrebbe le legittima valenza e caratteristiche (serie) di un confronto politico che i calabresi accoglierebbero con gioia.
Ma la sua molto improbabile candidatura unica lo convincerà a restare a Bruxelles a lavorare seriamente (com'è sua abitudine) per la sua terra.
La sinistra finirà per indicare nomi diversi, senza alcuna unità di intenti, e, pur avendo buone chances di far venire qualche brivido agli avversari, rinuncerà – come fa da troppo tempo – a inseguire il sogno di una potenziale rivalsa.
I numeri parlano da soli: il distacco reale tra destra e sinistra è di 8-10 punti che potrebbero assottigliarsi a fronte una debolezza di Occhiuto qualora fosse insidiato da qualche provvedimento giudiziario. E l'altissima percentuale di astenuti (oltre il 55%) mostra un'area di indecisi" abbastanza ampia su cui puntare per recuperare consensi e, naturalmente, voti. Con quali personaggi? Falcomatà che non nasconde l'ambizione di andare alla Cittadella di Germaneto come Governatore non gode del gradimento totale del PD, che non lo considera una prima scelta e spinge un giustamente riluttante Nicola Irto (segretario regionale e senatore). I Cinquestelle giocano le poco "vendibili" carte di Vittoria Baldino e Maria Laura Orrico, e AVS vuole l'attuale sindaco di Corigliano-Rossano Flavio Stasi, senza contare l'outsider Franz Caruso (attuale sindaco di Cosenza) che, però, nella coalizione non raccoglie il consenso necessario.
E la destra? Fatte le dovute "pulizie", c'è un uomo solo al comando, Roberto Occhiuto, la cui reputazione scende ogni giorno di più. La sua mossa delle dimissioni e contestuale ricandidatura è politicamente un capolavoro di strategia, ma allo stesso tempo ai più è risuonata come una sfida (troppo palese) alla magistratura. Con esiti fin troppo scontati, che però il Governatore continua a sottovalutare e non tenere nella dovuta considerazione.
Cosa che, invece, sta alimentando preoccupazioni e malumori in tutto il centrodestra: Occhiuto sarebbe comunque un Presidente "azzoppato" e sono troppi gli impegni futuri della Regione (in primis il Ponte sullo Stretto) che non possono essere "regalati" al centrosinistra. Quale sia il piano B nessuno, ovviamente, s'azzarda nemmeno a sussurrarlo, ma c'è e sta prendendo consistenza, con una prevedibile svolta: se Occhiuto, per qualsiasi ragione dovesse ritirarsi dalla competizione (entro il 20 agosto deve dimettersi da Commissario alla Sanità, pena l'ineleggibilità) la Cittadella non sarebbe più appannaggio di Forza Italia, bensì di Fratelli d'Italia, con un candidato di spessore che silente sta ai box in attesa di un segnale preciso.
Per Occhiuto la rinuncia, dolorosa, sarebbe una exit-strategy che gli consentirebbe di recuperare, chiarite le beghe giudiziarie, il suo ruolo di vicesegretario nazionale di Forza Italia. Una posizione di tutto rispetto che, al momento, però, non nasconde qualche pericoloso scricchiolìo e qualche intolleranza ben celata.