L’approvazione della manovra di bilancio sta creando più di un mal di pancia nella coalizione di Governo con il ministro delle Finanze, Giancarlo Giorgietti, messo in discussione dal suo stesso partito. Ma, a prescindere dagli equilibri politici, la notizia è che i soldi per il Ponte sullo Stretto sono stati “congelati” in attesa di tempi migliori. Ne abbiamo parlato con il senatore del Pd, Nicola Irto, segretario regionale del partito.

Quante sono le risorse bloccate per il Ponte sullo Stretto che erano destinate alla Calabria?

«Le risorse sono quelle del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2021-2027. Negli atti ufficiali dello Stato, la copertura del Ponte include 1,6 miliardi di euro dello stesso Fondo, riferiti a Calabria e Sicilia. Questo è il dato che risulta dagli atti parlamentari disponibili. La ripartizione tra le due Regioni, però, non è stata resa esplicita in un atto univoco del governo. È proprio questa mancanza di trasparenza che segnaliamo. Se persiste, la Calabria rimane esposta al rischio di vedere risorse di coesione congelate, senza sapere con precisione quante e per quanto tempo».

Ora che i lavori del Ponte slittano, queste risorse verranno destinate ad altro? A cosa?

«Formalmente il governo parla di una rimodulazione temporale delle risorse, ossia di uno spostamento in avanti delle annualità di spesa del Ponte. Ciò vuol dire che una parte dei fondi previsti nel breve periodo viene rinviata agli anni successivi. Non esiste un provvedimento che destini conseguentemente quelle risorse a sanità, trasporti locali o altri interventi per la Calabria. Il punto politico è proprio questo: le risorse restano agganciate a un’opera la cui realizzazione slitta nel tempo, mentre i territori interessati rimangono senza investimenti per l’immediato. Qui si affaccia il rischio del danno oltre la beffa».

Lei aveva parlato in tempi non sospetti di questo rischio. Che cosa farete ora in sede parlamentare e fuori dal Parlamento?

«Chiederemo atti ufficiali, tabelle dettagliate e trasparenza assoluta sulle coperture. In Parlamento abbiamo già presentato interrogazioni specifiche ed emendamenti, che sono in discussione proprio in queste ore in Senato, per vincolare le risorse di coesione destinate alla Calabria e alla Sicilia a interventi utili ai cittadini e al territorio. Fuori dal Parlamento costruiremo un fronte politico e istituzionale con enti locali, parti sociali e rappresentanze territoriali. La Calabria – e lo stesso vale per la Sicilia – non può essere trattata come un serbatoio da cui prelevare risorse finanziarie quando serve coprire ritardi o squilibri».

Una sua valutazione sulla legge di Bilancio 2026, con particolare riferimento alla Calabria e al Sud.

«La legge di Bilancio 2026 non affronta affatto i nodi strutturali del Mezzogiorno. I salari resteranno bassi, la sanità pubblica sottofinanziata, i trasporti regionali lenti e problematici. Per la Calabria il combinato disposto è particolarmente penalizzante: incertezza sulle risorse di coesione, rinvio degli investimenti e nessuna svolta sui servizi essenziali, a partire dalla sanità e malgrado le promesse elettorali di Giorgia Meloni, a Lamezia Terme, sull’uscita dal regime commissariale. È una manovra che si limita a riconoscere i divari territoriali senza la minima assunzione di responsabilità e di misure per ridurli. Questo è il suo limite politico più grave. Inaccettabile».