È un Ciro Polito lucido, fermo ma visibilmente coinvolto, quello che si presenta davanti ai giornalisti per fare il punto su un avvio di stagione che al Catanzaro non sorride. Otto partite, sei pareggi e due sconfitte consecutive: la classifica preoccupa, l’ambiente mormora, e il direttore sportivo sceglie di metterci la faccia. «Come è giusto che sia – esordisce – il direttore rappresenta la società, soprattutto nei momenti non belli. Siamo qui a lavorare, a cercare soluzioni. Siamo i primi interessati a venire fuori da questa situazione non bella, ma neanche disastrosa».

L’obiettivo della conferenza è duplice: spiegare, ma anche tranquillizzare. Polito si assume la responsabilità del momento, ma ribadisce che non è tempo di isterie. «In questi momenti serve equilibrio. Non bisogna sperperare energie in chiacchiere, ma concentrarle per trovare soluzioni. Il confronto tra società, presidente e allenatore è quotidiano. Nessuno lascia nulla al caso».

Il dirigente giallorosso riconosce che l’ultima prestazione (Catanzaro-Padova 0-1) è stata «al di sotto delle aspettative», ma invita a non drammatizzare: «Anche l’anno scorso eravamo in una posizione simile, con due punti in meno. È vero, questo non significa nulla, ma ci dice che i margini per risalire ci sono. I problemi esistono, inutile nasconderlo, ma non vedo tutto nero».

«È un anno di sacrificio, non dobbiamo dimenticarlo»

Il Catanzaro che Polito racconta è una squadra in costruzione, con obiettivi chiari e realistici. «Nessuno ha mai detto che dovevamo vincere il campionato. Abbiamo sempre parlato di un anno di sacrificio. Gli ultimi due anni sono stati bellissimi, ma anche allora ci sono stati momenti difficili. Ne siamo usciti grazie all’unione di tutti, e questo deve essere il nostro punto di forza».

Unione che passa anche dal pubblico, che il direttore ringrazia con convinzione: «Vedo sempre questa curva, questo stadio che dal primo al novantesimo incita la squadra. Dev’essere la nostra arma. Chiedo ai tifosi di restare compatti, soprattutto adesso che è più difficile. Quando le cose vanno bene, è facile salire sul carro; ma è nei momenti duri che serve lo zoccolo duro, la gente che ci è sempre stata».

Fiducia piena in Aquilani

La domanda inevitabile arriva presto: la posizione di Alberto Aquilani è in discussione? Polito non lascia spazio a dubbi. «Ad oggi non c’è stato nessun pensiero di cambiare allenatore. Questo lo confermo. È ovvio che nel calcio siamo tutti legati ai risultati, ma parlare di fiducia a termine non avrebbe senso. Siamo tutti in discussione solo se non arrivano i risultati, ma per ora si lavora insieme, con fiducia reciproca».

Il ds difende il proprio allenatore anche dalle critiche sulle scelte tecniche: «Lui non ha mai detto che la squadra ha limiti tecnici. Piuttosto ha parlato di limiti mentali, perché alla prima difficoltà vedo un po’ di scoramento. Ma questa è una squadra che ha valori, che può e deve fare un campionato tranquillo. L’obiettivo è la salvezza, che arrivi una o cinque giornate prima non cambia: l’importante è raggiungerla tutti insieme».

«Siamo belli ma troppo leggeri: serve cattiveria»

Tra i concetti più ricorrenti del Polito-pensiero c’è la parola “cattiveria”. «Forse in certi momenti vorrei una squadra più ignorante – dice, con una punta di rammarico –. Calcisticamente parlando, serve quella sana ignoranza che ti fa dire “oggi non voglio perdere”. Non parlo di fare falli stupidi o prendere espulsioni, ma di avere il coltello tra i denti. A volte siamo belli, giochiamo, palleggiamo, ma ci manca il mordente. Oggi il calcio è cambiato: prima c’erano sei o sette giocatori che avevano quella cattiveria naturale, oggi i giovani sono diversi, più puliti. Ma quella mentalità va ricreata, perché per salvarsi bisogna combattere su ogni pallone».

Il direttore cita anche episodi specifici: «Quando a Monza ho visto sette giocatori avversari tirare su un nostro ragazzo da terra mentre i miei bevevano, mi è dispiaciuto. Quello è un segnale. È lì che si vede la fame, la reazione, il senso di appartenenza».

La gestione tecnica e il mercato

Polito difende il lavoro estivo e respinge l’idea che la rosa non sia adatta al modulo o al tecnico. «Abbiamo costruito la squadra insieme al mister, cercando giocatori funzionali. Non sempre si riesce a prendere chi si vuole, per ingaggi o altre scelte, ma il gruppo è competitivo. Ho sentito dire che la squadra non è adatta ad Aquilani: non è vero. In certi momenti può essere mancata la mentalità, non la qualità».

E sulle scelte dell’allenatore aggiunge: «I ruoli vanno rispettati. Io sono un direttore presente, ma il tecnico deve essere libero di fare le proprie scelte. Certo, se vedo qualcosa che non era nei piani, lo faccio presente. Poi però la responsabilità è sua. Non posso imporgli chi far giocare, ma confrontarci sì, ogni giorno. E lo facciamo».

«Le partite si vincono con il gruppo, non con i singoli»

Polito non cerca alibi: «Quando non si vince c’è sempre qualcosa che non va. È inutile dire che abbiamo giocato bene o siamo stati sfortunati. Per vincere serve più voglia, più fame, più tempo passato a fare le cose giuste. Si può vincere anche senza giocare bene, ma con la mentalità giusta. In questo momento dobbiamo essere squadra, non somma di individualità».

E aggiunge: «Non parliamo di tradimento dei senatori, sarebbe un termine eccessivo. Però in certi momenti vorrei più cattiveria anche da chi ha esperienza. I giovani stanno rispondendo bene, stanno mostrando spensieratezza e qualità. È nei momenti difficili che emergono».

Il messaggio alla città

Nel finale, il direttore torna sul legame tra squadra e tifosi, tema che lo tocca personalmente. «Catanzaro è come una seconda moglie. Quando cammini per la città lo senti, lo respiri. E allora abbiamo una responsabilità: quella di onorare questa passione. La Serie B, qui, è vita. Per questo dico che se la squadra ha difficoltà oggettive, è il momento in cui serve ancora di più starle vicino».

Un concetto ribadito più volte, tra autocritica e speranza: «So che non è un bel momento, ma non siamo allo sbando. Abbiamo i mezzi per venirne fuori, e sono convinto che lo faremo. Ci vuole lavoro, equilibrio e soprattutto compattezza. Perché solo tutti insieme – squadra, società e tifosi – possiamo arrivare all’obiettivo».

Poi un ultimo pensiero, quasi una promessa: «La gente vuole vedere una squadra che lotta, che combatte, che dà tutto. Questo dobbiamo tornare a essere. Il calcio è fatto di episodi, ma la mentalità la costruiamo noi. E con questa gente, con questa passione, non possiamo permetterci di non crederci».

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