L’intervista

L’archistar calabrese che cambierà il volto del lungomare di Paola: «Ho accettato perché amo questa terra e per San Francesco»

Giuseppe Samà è da alcuni anni un designer di grande successo a New York, negli Usa ha firmato molte opere importanti. Il Comune tirrenico lo ha scelto per il progetto che dovrà rigenerare una parte importante della città, il compenso per il suo lavoro andrà in beneficenza

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di Franco Laratta
19 novembre 2023
18:00
Giuseppe Samà
Giuseppe Samà

Un progetto per cambiare il lungomare di Paola. È firmato dall’archistar calabrese, Giuseppe Samà, da alcuni anni designer di grande successo a New York. Lo ha voluto l’amministrazione comunale di Paola. Non appena si è sparsa la notizia, notevole è stato l’interesse suscitato. 

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Così abbiamo sentito il giovane architetto calabrese che in pochi anni, partendo da zero, è divenuto una star a New York. Queste le sue risposte. «Il sindaco di Paola e la giunta comunale volevano affidare l’incarico ad un architetto che fosse conosciuto fuori dai confini della regione Calabria. E così hanno pensato di affidare al sottoscritto l’incarico. Cioè ad un architetto calabrese, affermato a New York e riconosciuto a livello internazionale. Così mi hanno contattato».


Il parco diventerà un luogo di incontro, di intrattenimento e di relax, grazie anche alla presenza di un’arena. 
«Il Comune aveva delle idee, si è fidato di me, dandomi carta bianca per la scelta progettuale. Una delle loro richieste che mi è piaciuta è stata quella di prevedere un’arena in grado di ospitare all’incirca 1500 persone per eventi importanti. Ci sarà un’alternanza di pieni e vuoti con forme sinuose caratterizzati dalla presenza di specchi d’acqua con getti d’acqua, e credo questo sarà l’attrattiva principale per i bambini, sedute e verde, tanto verde».

Sembra un po’ curioso: l’architetto Samà, da alcuni anni a New York dove con le sue sole forze ha saputo affermarsi e la sua notorietà è sempre più in crescita, eppure questo di Paola è il primo incarico pubblico che le è stato affidato.
«New York è una città straordinaria, piena di energia e di opportunità che devi saper cogliere al momento giusto. Dopo anni difficili e di solitudine sono cresciuto tanto. Dopo sei anni, da solo qual ero, abbiamo messo in piedi uno studio professionale qualificato, fatto da 12 professionisti, e siamo arrivati persino sul più grande maxischermo di Times Square con due dei nostri lavori. Chi l’avrebbe mai immaginato? La qualità del nostro lavoro si contraddistingue e piace sempre più e non solo a persone comuni come me, ma anche a persone molto note a livello internazionale, come dimostra anche la nostra pagina Instagram con quasi 40mila followers. Questo di Paola è il primo incarico pubblico in assoluto per me. E per quanto fossi titubante nell’accettarlo, alla fine l’ho fatto e di certo non per la parte economica. Tanto è vero che ho coinvolto nel team 14 persone, di cui 6 professionisti locali proprio per far lavorare più persone al progetto. Tutto questo mi lusinga e mi onora per essere apprezzato per il lavoro che faccio, e sono molto grato al Comune di Paola per aver creduto in me, così come in tanti hanno fatto fuori dalle mura di casa».

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Tanti sono i progetti più interessanti che l’architetto Samà ha firmato a New York e in altre aree dello Stato. Si potrebbe fare qualche esempio.
«A New York e Miami abbiamo realizzato lavori nei più prestigiosi grattacieli delle due città. Dalla residenza in One Thoushand Museum di Zaha Hadid in Miami, alla Central Park Tower in Manhattan, l’edificio residenziale più alto al mondo, al 565 Broome SoHo, il grattacielo di Renzo Piano, una residenza da 53 milioni di dollari all’interno dell’Aman Hotel, per finire con gli ultimi in One 57 and Hudson Yards. E in questo ultimo anno ci siamo internazionalizzati di più, con progetti tra Grecia, Italia, Spagna, e ultimo appena entrato un hotel in Costa Rica».

Ha accettato l’incarico soprattutto per il forte legame che ha con la sua terra e per la fede in San Francesco di Paola. Sarà un progetto che cambierà l’intera area interessata.
«Esatto. Come dicevo prima non ho accettato l’incarico per questione economica, anzi, se fosse stato per quel motivo di sicuro avrei rinunciato. Il forte legame con la Calabria e la fede in San Francesco di Paola sono stati le uniche ragioni che mi hanno spinto ad accettare, e soprattutto per quest’ultimo motivo, nel giorno in cui ho detto sì al progetto, ho comunicato al Comune che parte del mio onorario sarebbe stata devoluta in beneficenza ad un’associazione di Paola che si prende cura di bambini bisognosi, e farò io stesso la donazione direttamente all’associazione senza terze parti. Nel mio piccolo voglio aiutare chi soffre».

Quindi vediamo quale sarà l’obiettivo del progetto.
«Lo scopo del progetto è quello di cambiare radicalmente queste due aree abbandonate a sé stesse da molti anni, trasformandole in un vero e proprio parco, una sorta di polmone verde, un luogo di incontro sociale per tutte le età, cosa che a Paola mancava. Alcuni si sono lamentati dicendo che con questo progetto saranno eliminati i parcheggi. Bene, se avessimo dovuto progettare dei parcheggi avremmo potuto lasciare le due aree così come sono. Bisogna realizzare opere che possano giovare alla collettività e non ai pochi».

Ci sarebbe molto da fare in Calabria, dal punto di vista tecnico e architettonico, per cambiare in meglio la nostra terra.
«Una delle prime cose che deve cambiare è la lentissima burocrazia. Non si possono aspettare mesi e mesi per l’approvazione di un progetto, ma questo è un problema nazionale. A parte quello, in Calabria occorre migliorare e valorizzare le bellezze che già esistono. Servizi e opere pubbliche sono in cima alla lista. Se non rendiamo le nostre città belle da poter essere visitate con i relativi servizi, nessun turista verrà mai a visitarle. I fondi Pnrr sono stati una grandissima opportunità per i comuni, ma purtroppo solo pochi ne hanno approfittato, e il Comune di Paola è tra quei pochi perché è stato in grado di ottenere fondi importanti per realizzare opere pubbliche, e da qui a pochi anni si vedranno i risultati. Il mare e la montagna vanno tutelati e, soprattutto, valorizzati per il grandissimo potenziale che hanno. I Comuni dovrebbero dare delle direttive base di decoro su come le opere - quali edifici, lidi, gazebo, per citarne alcune - devono essere fatte».

Sarebbe interessante capire come questo funziona a New York.

«Faccio un esempio: qui a New York tutti i ristoranti, bar etc. hanno la possibilità di creare un gazebo di fronte la loro attività, ma se non vengono realizzati come da regolamento perché incompleti e/o brutti da vedere, la città non ti dà il nulla osta e quindi tu commerciante sei costretto a smantellare il tutto. Se fossi io il sindaco di una città calabrese prenderei il corso principale e lo trasformerei in isola pedonale con nuove pavimentazioni, alberature, sedute, illuminazione. Il punto è che devi fare un programma e realizzarlo per il solo bene del paese perché alla fine non potrai mai accontentare tutti, ognuno avrà sempre qualcosa da ridire, perché magari di colore politico diverso o perché abituato a prendere la macchina per fare 50 metri a piedi per andare a comprare il pane».

Ma l’architetto Samà non si ferma nella sua attività. Sono già in vista nuovi lavori da realizzare a New York. 
«Tra i diversi lavori che abbiamo iniziato da poco su New York, quello più importante è un appartamento di 400 metri quadrati nel più grande e costoso progetto immobiliare privato nella storia degli Stati Uniti d’America, con un costo di 25 miliardi di dollari, e stiamo parlando dell’Hudson Yards. Appartamento posizionato all’81esimo piano di questo grattacielo, dove in pratica tocchi il cielo con un dito. Un design unico e tutto interamente Made in Italy. Dal travertino Navona al Calacatta borghini, e lampadari in vetro di Murano, top brand italiani e, soprattutto, tanti artigiani calabresi e non, che contribuiranno alla riuscita del progetto».

Probabilmente in tanti lo sanno, perché l’architetto Samà è stato spesso ospite delle nostre testate, ma forse è il caso di ricordare che l’architetto e il suo studio utilizzano da sempre materiale italiano, e quando è possibile calabrese, per mantenere stretto il legame con la terra di origine, perché nella nostra terra ci sono professionisti di valore in grado di rispondere alla richiesta di alta qualità sulla quale ha sempre puntato l’architetto. 

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