Tra sacrifici e sogni, una coppia di Corigliano Rossano spiega cosa significa crescere una famiglia numerosa in Italia oggi: «Il problema più grosso è il lavoro, poi l’aumento del costo della vita: le istituzioni dovrebbero fare di più»
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Essere genitori non è mai stato così complicato. Basta un figlio, uno solo, per cambiare tutto: le priorità, le abitudini, il conto in banca. Il secondo è sempre più raro. Il terzo quasi non esiste. Le motivazioni sono note: «Abbiamo paura del futuro», «i figli costano troppo», «da soli non ce la facciamo», «lo Stato è assente», «mancano strutture», «costa tutto». Ogni frase contiene una verità. Ma anche il suo opposto. E se crescere più figli non fosse solo un peso? E se portasse anche una forma diversa di felicità? Abbiamo cercato di capirlo parlando con chi una famiglia numerosa ce l’ha. Non è stato facile trovarli. Ma qualcuno c’è. Bruno e Laura vivono a Corigliano Rossano. Lui ha 65 anni, lei 62 anni. Insieme hanno cresciuto tre figli. Che ancora abitano in famiglia. Ci raccontano la loro quotidianità tra fatica, amore e un futuro che appare sempre più incerto.
Come arrivate a fine giornata? Tre figli non sono pochi…
«Sicuramente stanchi», dicono senza giri di parole, «accudire tre figli richiede tempo, energie, attenzione continua. E poi c’è la disoccupazione. Non lavorano. La preoccupazione è costante. E aumenta giorno dopo giorno».
Quindi è stata una scelta? Oppure è andata così, senza pensarci troppo?
«È stata una scelta. Li volevamo. Sapevamo che non sarebbe stato facile. Ma per noi avere una famiglia numerosa era un desiderio autentico, non un incidente di percorso».
Dal punto di vista economico, la situazione com’è? In Italia, si sa, gli aiuti non abbondano. Come vi siete organizzati?
«Non danno nulla, dobbiamo pagare tutto. Dopo il Covid è diventato tutto ancora più complicato. I prezzi sono saliti, il lavoro non c’è. Non sappiamo come arriviamo a fine mese».
Pensate mai al futuro dei vostri figli? Non è forse questa la paura più grande per un genitore oggi?
«Il futuro è nero, questo è un Paese che non offre più nulla. I nostri figli, prima o poi, dovranno andarsene. Sarà una scelta obbligata. Da noi i figli restano attaccati ai genitori perché fuori non c’è nulla. Ma non è così che dovrebbe funzionare».
Quindi possiamo dire che fare i genitori è faticoso, logorante, ma anche bellissimo?
«È così, arrivi a sera distrutto, ma sapere che loro sono lì, che hai costruito qualcosa, dà senso a tutto. È importante avere figli, e ancora più importante avere persone vicine, qualcuno su cui contare. La famiglia è tutto».
Secondo voi, cosa dovrebbe fare lo Stato per aiutare le famiglie numerose come la vostra? E cosa dovrebbero fare le Regioni, i Comuni?
«La prima cosa è il lavoro. Se hai un lavoro sei autonomo, puoi costruire qualcosa. Puoi gestire la tua vita e quella dei tuoi figli. Se manca il lavoro manca tutto: la dignità, la casa, i progetti. Non si può costruire una famiglia sul nulla».
La realtà oltre i numeri
Le parole di Bruno e Laura aprono uno squarcio su una realtà troppo spesso invisibile. In Italia, secondo i dati Istat, il numero medio di figli per donna è sceso a 1,24. Le famiglie con tre figli o più sono solo l’8% del totale. Eppure esistono. Resistono. Lottano ogni giorno tra mille difficoltà. Crescere tre figli oggi non è un’impresa eroica. È un atto di amore quotidiano, concreto, che chiede tutto e spesso non restituisce molto, almeno in termini materiali. Ma le testimonianze come quella di Bruno e Laura mostrano che dietro ogni scelta c’è una forza silenziosa. Quella che porta avanti un Paese, anche quando sembra aver smesso di crederci.
Vale davvero la pena mettere al mondo più figli oggi?
Non c’è una risposta unica. Ma c’è un fatto: chi lo fa, nonostante tutto, raramente se ne pente. E questo dovrebbe farci riflettere. Perché forse, oltre i bilanci economici e le previsioni al ribasso, esiste ancora una dimensione della genitorialità che non si può contare. Ma si può raccontare.