Fitti d'oro all'Asp di Catanzaro, giro di vite dei commissari: pacchia finita per i privati

L'azienda sanitaria ha sprecato 4 milioni di euro in 5 anni. Esistono contratti degli anni 80 mai rinnovati. Ma puntalmente saldati ai proprietari. Ora la terna vuole cambiare tutto

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di Luana  Costa
24 giugno 2020
14:50
La direzione generale dell’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro
La direzione generale dell’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro

Ci sono contratti risalenti alla fine dello scorso secolo ma anche altri più recenti, tuttavia, privi dei più elementari requisiti. Sono una selva inestricabile gli immobili di proprietà dell'Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro, attualmente retta da una terna commissariale – dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose – che ha oggi avviato una poderosa stretta sui fitti passivi che oltre a generare ingenti perdite per le casse dell'ente, hanno determinato la sedimentazione di una serie di procedure illegittime tanto da indurre i vertici aziendali a procedere ad un taglio lineare. 

4 milioni buttati a mare

Le conclusioni, esito di una approfondita attività di indagine, sono nette: in considerazione dei profili di illegittimità rilevati si ritiene indispensabile avviare, in modo sistematico, l'ipotesi di dismissione di tutti gli immobili in fitto.


 

Una determinazione frutto principalmente di un'analisi dei costi finora sostenuti dalla mastodontica azienda che conta ben 22 immobili dislocati sul territorio provinciale e occupati a pagamento. Somme che hanno drenato risorse negli ultimi cinque per un valore complessivo di oltre 4 milioni di euro, un milione nel 2020.

Contratti del secolo scorso

E nel coacervo di contratti mai formalmente rinnovati, tacitamente prorogati di anno in anno, ve ne sono anche risalenti al 1986. Fascicoli incompleti e lacunosi in cui le trattative spesso si arenano in procedure mai formalizzate ma che hanno comportato impegni di spesa per l'azienda sanitaria a tutto vantaggio di privati verso cui è continuato a fluire senza soluzione di continuità denaro pubblico.

 

Nessuna richiesta di certificazione antimafia, nessun documento di regolarità contabile né contributiva, all'Asp di Catanzaro tutte le procedure venivano eseguite in maniera molto annacquata e superficiale.

Discrezionalità nella scelta

Un vulnus che ha fatto drizzare i capelli in testa alla commissione straordinaria che ha deciso di approfondire la questione, confluita oggi in una relazione che lascia poco spazio all'interpretazione.

 

«L'inerzia dell'ente ha favorito modalità del tutto irrituali per l'individuazione dei vari edifici o unità immobiliari di cui avvalersi per lo svolgimento dei compiti di ufficio».

 

Due i principali elementi di criticità: la datazione nel tempo dei contratti e la circostanza che si tratti di obbligazioni antecedenti all'accorpamento dell'Asl 7 di Catanzaro con quella 6 di Lamezia Terme. «Non vi è evidenza – si legge nella relazione – di come siano stati scelti gli immobili da adibire alle diverse attività sanitarie mentre proprio dall'esame degli atti sembra emergere una notevole discrezionalità da parte dei vari rappresentanti che negli anni hanno governato le aziende sanitarie». 

Il contratto del 1999

Un esempio su tutti è il contratto stipulato nel 1999 per il fitto di due magazzini da utilizzare come deposito farmaceutico. Della durata di sei anni, scaduto e mai rinnovato, nel febbraio scorso l'Asp di Catanzaro liquida ugualmente le somme per il fitto relativo al periodo luglio/dicembre 2019, benchè il fascicolo non solo non contenga la documentazione relativa alla verifica del possesso dei requisiti del privato in questione ma vi sia agli atti, al contrario, un precedente carteggio in cui l'Asp comunica la sua volontà di recedere il contratto e spostare i servizi in locali concessi in comodato d'uso dal Comune di Soverato.

 

Tuttavia, la procedura sembra sprofondare nelle sabbie mobili burocratiche ma non il denaro, quello continuato a fluire per vent'anni verso la fitta schiera di privati.

Giornalista
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