Le accuse della Dda

Il controllo totale della ’ndrangheta su Gallico, Bombardieri: «I boss decidevano anche chi poteva vendere il pane»

VIDEO | L’inchiesta della Dda di Reggio Calabria svela l’espansione del clan di Archi e fa luce sull’omicidio di Francesco Catalano, aspirante capo la cui ascesa è stata soffocata nel sangue. Le estorsioni nel quartiere e i permessi per costruire accordati dalla cosca

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di Teresa Cosmano
22 febbraio 2024
12:37

Un quartiere di Reggio Calabria sotto il controllo criminale della ’ndrangheta. Controllo totale: dai permessi per poter costruire alla vendita del pane, elemento che si presenta sempre più spesso nelle inchieste sui clan calabresi, apparentemente trascurabile ma in realtà significativo dell’azione delle cosche sul territorio. I dettagli dell’inchiesta Gallicò, che ha portato all’arresto di 18 persone e ha svelato il tentativo di espansione dei clan di Archi, sono stati illustrati in una conferenza stampa dagli investigatori.

«L’operazione fotografa una realtà criminale in un quartiere importante di Reggio Calabria – ha esordito in conferenza stampa il procuratore della Dda di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri – quartiere che è stato già oggetto di attenzione investigativa. Già nell’operazione Epicentro, a proposito di Gino Molinetti, erano emersi tentativi di espansione e di controllo da parte degli arcoti nel contesto criminale di Gallico. Oggi grazie a questi due procedimenti che parallelamente sono giunti a conclusione, che riguardano uno proprio la dinamica criminale di controllo del territorio di Gallico e l’altra l’omicidio di Catalano Francesco, detto Ciccio Bumbularo, si è potuto fotografare la realtà criminale ‘ndranghetista dell’aria di Reggio Calabria in particolare di Gallico». 


Bombardieri spiega che «in quest’indagine ci sono tutta una serie di elementi che sono propri di queste realtà criminali: il mutuo soccorso dei detenuti, varie e molteplici sono le conversazioni che riguardano il “dovere” dei capi della Cosca di sostentamento dei detenuti, delle spese non solo legali ma anche di sostentamento vero e proprio dei detenuti e della loro famiglia. Quasi una pretesa da parte degli arrestati di ottenere questo sostentamento».

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Era la cosca a dare i permessi di costruzione

Il procuratore capo sottolinea l’esistenza di «una serie di conversazioni che riguardano il rinvenimento di numerose armi e abbiamo il controllo del territorio. Sono in particolare emerse alcune conversazioni che fanno riferimento alla necessità del “permesso” per poter costruire in una determinata aria territoriale, alla imposizione da parte della cosca, di vendere il pane in una determinata area. Una vicenda che sembra bagatellare, ma in realtà è molto importante, perché molto significativa del controllo del territorio. Si impedisce l’apertura di una di una linea di vendita di pane in un determinato territorio, perché c’è già uno tutelato dalla cosca, che procede a quella vendita, al quale peraltro viene imposto di rifornirsi di farina da un altro soggetto. Qui l’intervento di Gino Molinetti, a dire come stanno le cose e come si devono fare è imperativo, nel senso “si fa così e basta”. Anche in questa in questa vicenda che riscontra le dinamiche criminali in un determinato periodo di tempo in quell’area territoriale a nord di Reggio Calabria e vede e la presenza – che peraltro emergere in altri procedimenti – di Molinetti quale riferimento di Corso nella “direzione” tra lui e Crupi, del controllo criminale su Gallico».

Per la Dda di Reggio Calabria si tratta di «elementi importanti che fanno pensare ad altre realtà territoriali sempre oggetto di controllo ‘ndranghetista. C’è una conversazione particolare in cui si fa riferimento a imprenditori che non si sono interessati di cosa (e chi) pagare e si fa riferimento al classico dire “tu vai a casa di una persona senza bussare”; questi vanno a casa delle persone senza bussare, che è un motivo ricorrente». 

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’Ndrangheta, l’ascesa di Francesco Catalano soffocata nel sangue

Sullo sfondo dell’inchiesta c’è l’omicidio di Francesco Catalano “Bumbularo”, che «viene ricondotto – continua Bombardieri – alle dinamiche criminali e al tentativo di Catalano di poter assurgere a livelli di controllo della stessa cosca. Numerosi sono i riferimenti alla gestione del potere da parte di Corso, al quale in alcune occasioni si contesta e si rimprovera di non sostenere adeguatamente il mantenimento dei detenuti, a cui si fa arrivare attraverso altri soggetti questo rimprovero di non provvedere alla cosiddetta “bacinella”, che qui emerge plasticamente tra le cosche di Gallico e la cosca arcota. Una figura importante, che emerge spesso, perché riguarda un periodo in cui era ancora in libertà, è quella di Gino Molinetti che viene richiamato più volte quale riferimento di quelli che in quel momento controllavano criminalmente Gallico».

«Ho preso 10 litri di benzina e ho dato fuoco»

Il procuratore capo di Reggio Calabria sottolinea anche «il riferimento a tutta una serie di attività estorsive, a episodi di incendi e di danneggiamenti che vengono descritti anche in maniera analitica. C’è una conversazione in cui uno degli arrestati analiticamente descrive come aveva proceduto a incendiare: “Ho preso 10 litri di benzina, li ho portati e ho dato fuoco”. Plasticamente descrivono le attività di danneggiamento e di intimidazione che venivano posti in essere dalla cosca. Convergono anche in questa indagine una serie di dichiarazioni dei collaboratori e una vastissima attività tecnica che ha riguardato numerosi dei soggetti oggi raggiunti da misura cautelare. Una misura è stata eseguita in Inghilterra, con il coordinamento con il magistrato di collegamento del Regno Unito in Italia che ringraziamo per la collaborazione che ci ha fornito. È un’operazione che ci dà i frutti di un lavoro lungo e meticoloso, portato avanti sia dai Carabinieri e sia dalle forze di polizia, che hanno coordinato i loro uomini in un’indagine veramente da manuale». Continua a leggere sul Reggino. 

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