Sono trascorsi 48 anni dal rapimento e successivo omicidio di Mariangela Passiatore, avvenuto a Brancaleone il 28 agosto 1977. La donna, milanese, 44 anni, si trovava in Calabria in vacanza con la famiglia quando è stata portata via dalla propria casa e condotta in un rifugio nascosto.

In occasione di questo drammatico anniversario Il Coordinamento nazionale docenti della disciplina dei Diritti umani ha deciso di ricordare Mariangela Passiatore, «una donna milanese di 44 anni, moglie dell’imprenditore Sergio Paoletti, che il 28 agosto 1977 venne rapita nella sua casa estiva a Brancaleone, nella Locride. Quella sera, durante una cena in famiglia, cinque uomini armati e incappucciati fecero irruzione, rubarono denaro e gioielli e trascinarono Mariangela via a piedi, lungo dieci chilometri impervi fino ai pendii di Bova Superiore, nell’Aspromonte. Da quel momento, la sua vita si spense nel silenzio e la sua memoria rimase avvolta dal mistero. Del rapimento non si seppe più nulla. Nonostante le richieste di riscatto, prima un miliardo di lire poi ridotte a 150 milioni, nessuna trattativa ebbe esito e Mariangela scomparve senza lasciare traccia. Il suo corpo non venne mai ritrovato e la vicenda rimase irrisolta per decenni, consegnando alla sua famiglia e all’opinione pubblica un dolore senza risposte. Negli anni, arresti e processi non portarono alla verità, lasciando soltanto assoluzioni e sospetti, mentre persino chi tentò di mediare, come Giulio Cotroneo, amico della famiglia, venne assassinato con efferatezza».

Solo 48 anni dopo è arrivata una svolta «con l’operazione antimafia “Millenium” – scrive il coordinamento –. Attraverso intercettazioni, è emersa la confessione di Michele Grillo, che ha ammesso di aver preso parte ai sequestri dell’epoca, raccontando che Mariangela fu uccisa a bastonate perché considerata “troppo nervosa” e malata di cuore, fragile e in cura con farmaci. Una verità cruda e tardiva, che ha confermato le ipotesi della famiglia, ma che non ha restituito piena giustizia a una donna vittima innocente della ferocia criminale».

Con l’operazione Millennium, infatti, la scorsa primavera, la Dda di Reggio Calabria ha posto sotto indagine, per questo tragico evento, Michele Grillo, 78 anni, e Pasquale Barbaro, 74 anni, detto “U Nigru”.
Insieme a loro c’erano altre persone allo stato rimaste ignote.
Secondo le ricostruzioni della distrettuale, la vittima aveva bisogno di medicinali a causa delle forti emorragie causate dal ciclo mestruale. Ma una volta allontanato Michele Grillo per andare a prendere i farmaci, Barbaro e gli altri, non riuscendo a contenere le reazioni di Maria Angela Passiatore, l’avrebbero uccisa colpendola ripetutamente a bastonate.

Questo cold case è stato riportato alla luce da un’inchiesta della Dda di Milano che, nel 2012, stava indagando Grillo per estorsione e traffico di stupefacenti.

Proprio nel corso di una intercettazione i carabinieri del Roni hanno ascoltato Grillo parlare del sequestro, autoaccusandosi e indicando i propri complici.
A questa conversazione e alle successive indagini si uniscono le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Domenico Agresta, 37 anni, rampollo di due cosche di ‘ndrangheta di Platì e cresciuto tra Buccinasco e Volpiano. Ma procediamo con ordine.

Il 22 aprile 2012 Grillo si trova a parlare in macchina con un soggetto di Locri. Michele Grillo dice di averne fatti tanti di sequestri di persona a quei tempi perché all’epoca si correvano meno pericoli anche se in realtà si guadagnava di meno perché si partiva in due a fare un rapimento e poi ci si trovava in 22. Tutta colpa della miseria.
E tra tutti i rapimenti il ricordo più brutto per Grillo risale al rapimento di una donna che aveva problemi, che prendeva medicine, tanto che lui era andato ad Africo per comprarle. La vittima era nel panico, gridava. I sequestratori si sono spaventati e l’hanno ammazzata a bastonate in testa.

Grillo si mostra ancora imbufalito per quella storiaccia nata a causa di soggetti che non sapevano come trattare le persone, che non sono capaci - dice - e si cimentano in imprese più grandi di loro.
Da allora, racconta, di non averne voluto sapere più niente e tra lui e i Barbaro, da allora in poi, erano rimasti «malucori».

Michele Grillo non fa espressamente il nome della Passitore ma i militari passano i rassegna i sequestri di persona che hanno coinvolto donne dal 1975 al 1988 e dal 1989 in poi.

Di questi, cinque si erano conclusi con la morte della sequestrata e solo due cadaveri non erano stati più ritrovati, Sillocchi nel 1989 e Passiatore nel 1977. Ma nel 1988 Grillo era stato tratto in arresto per cui non poteva aver partecipato al sequestro Sillocchi. Inoltre, solo il delitto Passiatore è rimasto privo di responsabili ed è avvenuto nella zona jonica reggina, territorio di residenza di Grillo.

Nel 2018 il collaboratore di giustizia Domenico Agresta racconta un fatto notorio nell’ambiente criminale: il sequestro di una donna finito con la morte dell’ostaggio. Una donna che aveva bisogno di medicine e che era stata fatta morire da Pasquale e Giuseppe Barbaro, detti Nigri,(Giuseppe Barbaro è deceduto) e che vedeva coinvolto anche Michele Grillo.
Nell’ambiente criminale si diceva anche – racconta Agresta – che dopo quella morte i rapporti tra i Nigri e Grillo si erano guastati e questo aveva fatto sì che nessuno dei Barbaro venisse invitato al matrimonio della sorella del collaboratore.

Tra l’altro Domenico Agresta dice che dopo le intercettazioni del 2012, i Barbaro avevano eseguito una serie di ritorsioni nei confronti dei Grillo di Platì e, in particolare, il fratello di Michele, Pasquale Grillo detto Gheddafi, aveva subito un attentato nel 2016: i Papalia, dice Agresta, gli avevano sparato al petto. Il tentato omicidio sarebbe stato voluto - ha appreso il collaboratore dal padre - da Rocco Papalia e Ciccio Barbaro, i più danneggiati dalle intercettazioni di Michele Grillo.

Secondo il gip che ha redatto l’ordinanza di misura cautelare, la tesi accusatoria è convincente per quanto riguarda la posizione di Michele Grillo, che viene considerato praticamente reo confesso, ma non lo è altrettanto per quanto riguarda i riferimenti a Pasquale Barbaro: troppi i dubbi del gip sulla sua individuazione.

«La storia di Mariangela Passiatore è emblematica – scrive il Coordinamento – di una stagione drammatica per la Calabria e per l’Italia intera, segnata dai sequestri di persona che divennero fonte di ricchezza per le organizzazioni mafiose e di terrore per la popolazione. Vicende che scossero intere comunità e lasciarono dietro di sé paura, rassegnazione e senso di impotenza. Oggi, ricordarla nelle scuole significa restituirle dignità e farne un simbolo della necessità di difendere i diritti umani contro ogni forma di violenza e sopraffazione. Per gli studenti, la sua vicenda non è soltanto una pagina di cronaca nera, ma una testimonianza del prezzo pagato da vittime innocenti, che ci interpella ancora sul valore della memoria come strumento di resistenza civile.

Il Coordinamento nazionale docenti della disciplina dei Diritti umani, infine, «invita le istituzioni scolastiche a dedicare momenti di riflessione a Mariangela Passiatore, affinché il suo nome non sia dimenticato e la sua storia diventi occasione di crescita democratica. Ricordarla significa ribadire che la legalità non è un concetto astratto, ma un impegno quotidiano che riguarda ciascuno di noi, e che la memoria, se condivisa e coltivata, diventa una forza capace di trasformare il dolore in speranza e il silenzio in giustizia».