Le imprese chiedono una cosa semplice: chiarezza, tempi certi e accesso diretto alle risorse. Non possiamo permetterci che i fondi europei restino bloccati nei meandri amministrativi mentre le aziende lottano per tenere aperti i capannoni
Tutti gli articoli di Economia e lavoro
PHOTO
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è la più grande occasione di rilancio per l’Italia e per le nostre imprese. Ma a oggi, a pochi anni dalla scadenza fissata per agosto 2026, una parte consistente dei fondi — si parla di circa 30 miliardi di euro — rischia di non essere spesa. È un segnale preoccupante, perché dietro ogni euro non utilizzato ci sono investimenti che non si realizzano, cantieri che non partono e opportunità che svaniscono.
Le difficoltà reali del sistema produttivo
Nel mondo delle piccole e medie imprese, il PNRR è stato accolto con speranza ma anche con molta prudenza. Molte PMI si sono trovate davanti a bandi complessi, scadenze strette, piattaforme digitali complicate e tempi di pagamento troppo lunghi.
La verità è che il sistema produttivo diffuso — quello che dà lavoro a milioni di italiani — non può competere ad armi pari se la burocrazia continua a essere più pesante degli incentivi.
Le imprese chiedono una cosa semplice: chiarezza, tempi certi e accesso diretto alle risorse. Non possiamo permetterci che i fondi europei restino bloccati nei meandri amministrativi mentre le aziende lottano per tenere aperti i capannoni e innovare i propri processi produttivi.
Il rischio di rallentamento e la sfida del 2027
Se non si accelera, il Paese rischia una brusca frenata. Nel 2027, quando molti progetti PNRR saranno conclusi o non più finanziabili, potremmo assistere a un calo della domanda interna e a un rallentamento degli investimenti pubblici.
Per le PMI significherebbe meno lavoro, meno fiducia e una nuova stagione di incertezza. Non possiamo permetterlo.
Servono soluzioni pragmatiche
Serve una svolta pragmatica:
- Snellire le procedure di partecipazione ai bandi;
- Rafforzare il supporto tecnico agli enti locali, spesso in difficoltà nella gestione delle pratiche;
- Garantire tempi rapidi nei pagamenti alle imprese esecutrici;
- Valorizzare i partenariati tra pubblico e privato, coinvolgendo attivamente le associazioni d’impresa nella programmazione dei fondi.
Come Confapi, crediamo che il PNRR debba essere uno strumento al servizio della produttività reale, non un esercizio burocratico o un elenco di promesse incompiute.
Guardare oltre la scadenza del 2026
Il governo deve lavorare con Bruxelles per permettere all’Italia di utilizzare i fondi anche dopo il 2026, magari con un nuovo veicolo finanziario collegato alla prossima programmazione europea.
Non si tratta di chiedere più tempo per rinviare, ma di garantire che ogni euro sia speso bene, in modo utile e misurabile. È una battaglia di buon senso, che le imprese italiane comprendono e condividono.
Conclusione
Il PNRR non è un treno che possiamo lasciar passare. È la nostra occasione per cambiare il Paese, per modernizzare infrastrutture, digitalizzare processi, investire in formazione e sostenibilità.
Ma perché questo avvenga, bisogna rimettere al centro chi produce, chi crea lavoro e ricchezza ogni giorno: le piccole e medie imprese.
Solo così l’Italia potrà trasformare i fondi europei in crescita vera, duratura e diffusa.
*Vicepresidente nazionale Confapi



