Giorgia Meloni si sta dimostrando una grande leader politica, tra le migliori espressioni della Seconda Repubblica. Ad alcuni quest’affermazione farà venire l’orticaria, anche perché questa donna tenace e intelligente, ancora giovane (è nata nel 1977), non ha mai fatto parte dell’establishment o di logge altolocate, non è stata allevata da università o multinazionali prestigiose, viene dal popolo ed ha alle spalle una lunghissima militanza politica nella destra.

A pensarci bene è il trionfo della democrazia, del potere che viene dal popolo. Una figlia della Roma più verace e autentica è diventata la Totti della politica. Passo dopo passo Giorgia Meloni ha scalato i gradini del partito, fino a costruirsene uno tutto suo, e delle istituzioni. E sta lasciando il segno. Ieri una vera e propria consacrazione a Washington, a quel tavolo allestito alla Casa Bianca, sedendo accanto a Donald Trump. Non era per nulla scontato che l’Italia fosse tenuta in così grande considerazione, tanto da far storcere il muso al presidente francese Macron che tenta in tutti i modi di distinguersi.

C’erano la Von der Leyen a rappresentare l’Ue, Rutte per la Nato, e poi Germania, Regno Unito, Francia e appunto l’Italia, nonostante Parigi, coinvolgendo talora anche Londra e Berlino, abbia spesso tentato il tagliafuori (ci si perdoni il gergo da basket) nei confronti di Roma. Ma Giorgia Meloni è stata paziente, non ha reagito d’istinto, ha lavorato molto per sostenere il ruolo delle istituzioni europee, ha reso inattaccabile il rapporto con Donald Trump e gli Usa, ha difeso l’Ucraina nonostante sia consapevole che questa guerra deve finire e significherà acquisizioni di territori di confine da parte della Russia.

La premier italiana, com’è facile intuire, ha fatto da sponda politica leale a Trump, senza incrinare l’unità europea nella quale crede, a meno di persistenti e ingestibili distinguo da parte di Macron (quelli di Merz sono rientrati da tempo). Si sta scrivendo la pagina più importante della storia europea all’indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale: nasceranno nuovi equilibri, anche perché al contrario del guerrafondaio Biden non c’è alcuna voglia da parte di Trump di sostenere un conflitto permanente con Mosca.

Le società occidentali stanno vivendo una profonda crisi di cambiamento, per cui urgono risposte in termini di politiche industriali ed agricole, di creazione di posti di lavoro, di incremento del potere d’acquisto delle famiglie, ed anche di sicurezza e difesa. Giorgia Meloni è stata molto brava anche nel non farsi coinvolgere in pericolose posizioni antisemite, per quanto attentissima alla dimensione umanitaria della popolazione palestinese di Gaza.

L’Italia sta offrendo generosamente assistenza sanitaria a tanti palestinesi, soprattutto bambini, ma non può accodarsi ai rigurgiti di antisemitismo che affiorano purtroppo anche in Europa. Israele è uno Stato democratico, mentre Hamas, Hezbollah e Houti sono organizzazioni terroristiche. Difendere i Palestinesi significa aiutare l’Autorità Palestinese e darle ruolo, e non alimentare la forza e la determinazione dei terroristi. In questo contesto sta giganteggiando la figura di Donald Trump, per quanto vittima di ripetuti attacchi da parte dei detentori di un potere finto-progressista e ipocrita che sta perdendo una battaglia storica basata sulla continua diffusione di argomenti tanto demagogici quanto inconsistenti.

Trump ieri a Washington non ha voluto vestire i panni del “padrone” del mondo, ma piuttosto quelli del dialogo, del massimo coinvolgimento, della condivisione, purché Francia e Regno Unito capiscano una volta per tutte che l’era del colonialismo ottocentesco è finita per sempre. Parigi non può immaginare di competere da sola e alla pari con Usa, Russia, Cina, India. Con questi colossi solo un’Europa davvero unita (ma anche ieri alla Casa Bianca non è stato così!) può immaginare di avere un ruolo geopolitico globale e non solo regionale.

Da qui a qualche mese si aprirà una nuova e complessa stagione di crescita per l’Occidente, in una partita che vedrà la ricerca di un equilibrio con la potentissima Cina, nonché il tentativo da parte degli Usa, spalleggiati da buona parte del Mondo Arabo e da Israele, di non isolare la Russia. L’Ue sarà chiamata a recuperare il tempo perduto, a concentrarsi sulle opzioni strategiche piuttosto che sulla misurazione delle vongole, ad abbattere tutti quei “dazi” interni che hanno impoverito ogni singolo Paese e destrutturato un grande e articolato sistema industriale.

La sinistra italiana, rifacendosi alla capacità di analisi di un Togliatti, è chiamata a meditare sul nuovo rapporto positivo da costruire con la Russia di Putin, affinché l’Italia non venga ancora una volta scavalcata dalla Germania.