Trump è stato lungimirante nel costruire un dialogo positivo con Mosca, ma deve ascoltare i maldipancia di vecchie capitali Ue sempre meno decisive nello scacchiere mondiale
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Il presidente russo Vladimir Putin dalla Cina ha lanciato un messaggio chiaro all’Unione Europea: «Ricordino la storia!». Sì, il Vecchio Continente deve riannodare i fili della storia se vuole capire gli errori del presente e metabolizzare la necessità urgente di adottare nuove strategie. Nel secolo scorso il mondo ha assistito a ben due guerre mondiali: la Prima (1914-1918) e la Seconda (1939-1945). In nessuno dei due casi è stata la Russia, né imperiale né sovietica, a proporsi come una minaccia per l’Europa. Né nei secoli precedenti Mosca ha mai avuto atteggiamenti bellicosi nei confronti dell’Occidente. Al contrario subì uno sfortunato tentativo di invasione guidato da Napoleone Bonaparte (1812) che fu all’origine della catastrofica disfatta del Corso.
La Prima Guerra Mondiale ebbe inizio con la dichiarazione di guerra dell’Impero Austro-Ungarico alla Serbia. Questo conflitto globale, combattuto con armi che iniziavano ad essere tecnologicamente avanzate, causò milioni di morti e segnò la scomparsa non solo dell’impero multietnico che aveva per capitale Vienna, ma anche del tedesco e dell’ottomano. Quello russo, o zarista, crollò sotto la spinta della Rivoluzione bolscevica del 1917. Nel corso della cosiddetta Grande Guerra furono i tedeschi a invadere prima il Belgio e poi a marciare in direzione Parigi. L’alleanza di Francia, Regno Unito, Italia, Portogallo e numerosi altri Stati ebbe dal 1917 il sostegno decisivo degli Stati Uniti d’America che furono i protagonisti di una vittoria altrimenti incerta.
La Seconda Guerra Mondiale scoppiò con l’avanzata verso la Polonia delle truppe della Germania nazista. Tra le potenze dell’Asse, oltre alla Berlino capitale del Terzo Reich, anche l’Italia fascista e il Giappone. Si oppose a questi Paesi desiderosi di imporre un’egemonia militarista il blocco degli Alleati, comprendenti l’Impero Britannico, la Francia, l’Unione Sovietica, la Cina e, con un ruolo ancora una volta decisivo, gli Usa. Dopo anni di battaglie per terra, per aria e per mare combattute in tutti i continenti, nell’aprile del 1945 i carri armati russi guidati dai marescialli Žukov e Konev entrarono a Berlino (Hitler si suiciderà assieme a Eva Braun il 30 dello stesso mese). Sul fronte asiatico, invece, il Giappone capitolerà dopo lo sgancio da parte dell’aviazione americana di due bombe atomiche a distanza di pochissimi giorni: il 6 agosto su Hiroshima e il 9 agosto su Nagasaki.
Eccola la storia, sintetizzata in pochissimi ma significativi passaggi: un’Europa lacerata, corrosa dalle ambizioni di potere, vittima di una prevalente ostilità tra francesi e tedeschi; accanto le spinte imperialiste del Giappone e della stessa Italia mussoliniana, ed un Regno Unito alle prese con i drammi del colonialismo. È assodato che l’Unione Europea (in varie tappe) non nacque, al contrario della Nato, per difendersi dai Russi, ma per sedare una volta per sempre (lo si spera) le rivalità fra Berlino e Parigi, ma anche le visioni nazionalistiche che avevano caratterizzato tutte le capitali del Vecchio Continente a partire da Londra, per passare a Vienna e a Roma. Il crollo dell’Urss ha fatto immaginare all’Occidente che si potesse avanzare, sul piano culturale, economico e politico-sociale verso Est, dimenticando l’orgoglio, la tenacia e la forza identitaria del popolo russo, più volte dimostrati proprio nel corso del Novecento.
Oggi, di fronte al dialogo sempre più stringente di colossi come la Cina, la Russia e l’India, con accanto Paesi che li stanno ascoltando con attenzione (Turchia, Pakistan, Iran, ecc.), che parlano al mondo con un linguaggio nuovo, appare modesto se non irrilevante il bilaterale Parigi-Berlino con Macron che continua ad alzare i toni contro Mosca e Merz che aggancia a un presunto (potremmo dire inesistente) pericolo russo la volontà politico-economica di riarmare la Germania. Eccolo allora il richiamo autorevole di Vladimir Putin alla storia, a quelle vicende plurisecolari che se lette con attenzione disegnano la crisi profonda dell’Unione Europea, soprattutto perché indebolita da continui rigurgiti nazionalistici che però appaiono di portata inconsistente a fronte di ciò che sta accadendo nella parte più rilevante del mondo.
Gli appelli alla costruzione di una nuova era e di una nuova consapevolezza lanciati agli europei da Donald Trump e dal suo vice JD Vance vengono utilizzati strumentalmente per lotte politiche interne nei singoli Paesi Ue. L’Onu, ed ha ragione su questo punto il leader cinese Xi Jinping, deve essere riformata nel profondo, perché così com’è conta poco o nulla. La Nato non avrebbe dovuto immaginare un allargamento a Est (errore esiziale da parte dei democratici americani), con la conseguenza che la Russia ha iniziato a guardare ad alleanze strategiche con la Cina ed altri partner in crescita. Trump è stato molto deciso nel cercare un dialogo proficuo con Putin, e il leader russo lo ha ricordato in queste ore in Cina, ma ha dovuto ascoltare i fastidiosi mal di pancia di indeboliti politici europei in cerca di visibilità. In un momento tanto decisivo della geopolitica mondiale i popoli dell’Ue dovrebbero essere chiamati il più presto al voto per decidere democraticamente i propri destini e per pensionare leader che non sono in grado di affrontare una stagione tanto complessa e delicata.