Lo scontro

Dossieraggio, bufera politica su Cafiero de Raho: «Guidava la Dna al tempo degli accessi abusivi, lasci la Commissione antimafia»

L’ex procuratore di Reggio Calabria finisce nel mirino del centrodestra che gli chiede un passo di lato. La risposta: «Additano me per attaccare l’opposizione. Il controllo sulle segnalazioni? Lo avevano altri»

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di P. P. P.
12 marzo 2024
15:32

Ora che la prima ondata giudiziaria dello scandalo dei presunti dossier su politici e vip si è attenuata, al centro della bufera politica è rimasto il deputato Federico Cafiero de Raho, magistrato prestato al M5S. Il centrodestra si è scatenato contro l’ex procuratore della Repubblica di Reggio Calabria nonché capo della Procura distrettuale antimafia negli anni degli accessi abusivi, dal 2017 al 2022. Secondo la maggior parte degli osservatori la tempesta è destinata a durare. Perché de Raho è membro della Commissione parlamentare antimafia e proprio l’organismo bicamerale è il primo passaggio obbligato nella trattazione parlamentare del caso. Il centrodestra ha già chiesto le dimissioni dell’ex magistrato dall’organismo: lui non ci pensa proprio. 

«Consiglio al grillino De Raho di fare un passo di lato. Oggi lo dico pacatamente, non vorrei essere costretto a farlo con veemenza. Se resterà nella commissione Antimafia, si troverà presto in grave imbarazzo. È una promessa». Così parla Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia al Senato. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Maria Elena Boschi, Italia Viva. Per l’ex ministro renziano «sarebbe buona norma che Cafiero De Raho non partecipasse alla commissione di inchiesta quando si tratta di affrontare il tema del dossieraggio, perché riguarda un periodo in cui la responsabilità di vertice l’aveva lui».


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Secondo Boschi, l’ideale sarebbe addirittura che sia lui a chiedere di «essere ascoltato dalla Commissione antimafia per dire quello che sa... anche solo per dire che non ne sapeva nulla».

La battaglia è appena all’inizio, insomma, e il centrodestra è pronto a cavalcare le parole dell’attuale superprocuratore, Giovanni Melillo, che non ha fatto sconti al predecessore e chiarito che, prima del suo arrivo, i controlli facevano acqua.

Gasparri è determinato: «Trovo totalmente inopportuno – dice – che stia in Antimafia e che da vicepresidente, come è successo nei giorni scorsi, chieda l’acquisizione di alcuni atti presso la superprocura relativamente al periodo della sua direzione. Fa due parti in commedia. Non capisco come non veda il conflitto di interessi».

D’altra parte Forza Italia ha un vecchio contenzioso aperto con l’ex capo della Procura di Reggio Calabria. Cafiero de Raho coordinò un’inchiesta bis sull’allora deputato forzista Amedeo Matacena (fuggito a Dubai, dove è morto nel 2022 quando era latitante ormai da quasi 10 anni) e l’ex coordinatore del partito ed ex ministro Claudio Scajola. Questo ricordo fa dire a Gasparri che «nell’inchiesta bis contro Matacena, il procuratore Cafiero delegò alcune indagini all’ufficio di Roma della Dia. E lì, guarda caso, c’era anche Pasquale Striano, poi transitato alla Superprocura. Dove nel 2017 arrivò Cafiero. Tutto casuale?».

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La difesa di Cafiero de Raho: «Tutti gli accessi fuori dalla Dna»

De Raho, da parte sua, si difende: «Additare me è soltanto un modo per attaccare l'opposizione, che è comunque al di fuori di qualunque congegno dossieristico come quello che è avvenuto, se effettivamente sia avvenuto». L’ex procuratore nazionale antimafia, a margine di un convegno sul ricordo di don Peppe Diana, spiega che «si rileva chiaramente che tutti gli accessi sono stati fatti fuori dalla Direzione nazionale e che sono evidentemente tutti strumentali, perché il controllo su quel settore lo avevano altri ed è altrettanto evidente che, avendo la Procura nazionale tante e tali articolazioni, finalità e campi in cui ci si muove, additare me è solo un modo per attaccare l'opposizione». Secondo De Raho, «c'è bisogno di fare chiarezza sulla vicenda, soprattutto su chi si è mosso e su quelle parti politiche che hanno utilizzato quegli accessi». 

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Meloni: «Lasciamo lavorare la Commissione antimafia»

Sul piano politico, invece, la premier Meloni interviene per smorzare le ansie degli alleati, soprattutto la Lega, che chiedono l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sul caso dei dossier. «Oggi ci sta lavorando la commissione Antimafia che è una commissione che ha poteri d'inchiesta – spiega - e quindi credo che bisogna vedere dove riesce ad arrivare la commissione Antimafia e poi valutare se c'è bisogno di qualcos'altro. Perché - ha argomentato la premier - è anche un tema di tempistiche: per istituire una nuova commissione ci vuole qualche mese. Per cui oggi abbiamo già una commissione che ci sta lavorando e penso che bisogna farla lavorare nel miglior modo possibile. All'esito del lavoro che farà la commissione antimafia, secondo me va valutato se servano altri strumenti. Il punto - ha rimarcato Meloni - è che bisogna arrivare fino in fondo perché quello che sta emergendo è obiettivamente incredibile e vergognoso per uno stato di diritto».

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