Parla il leader politico del centrosinistra in Calabria: «Perché sono tornato al Parlamento europeo? Rappresento la nostra regione anche da Bruxelles. Ad Occhiuto dico che faremo un’opposizione seria e documentata e che importare medici senza una riforma del sistema significa rinviare il problema»
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A Bruxelles, ma con il centro operativo (e il cuore) in Calabria. Pasquale Tridico è ascoltato ed ha voce in capitolo su ogni aspetto che l’opposizione di Palazzo Campanella vuole approfondire. La costituzione dell’intergruppo serve proprio a questo, a cementare quell’opposizione che il leader di Left definisce «seria e documentata». «Capisco che all’esterno possa sembrare annacquata, ma non condivido l’idea» aggiunge difendendo il centrosinistra in Regione.
Tridico, col sorriso, manda un segnale a Filomena Greco («persona intelligente, ma mi aspetto un passo indietro per la commissione Sanità») e mostra i muscoli dinanzi al modo di operare di Roberto Occhiuto in tema di Sanità. Poi snobba la sua scalata alla segretaria di Forza Italia e preferisce approfondire due temi cari al centrosinistra: gli sgomberi dei centri sociali e la corsa alla premiership tra Conte e Schlein.
Tridico, la destra l’accusa di essere “scappato” a Bruxelles. Lei prima ha detto di aver organizzato l’opposizione in Consiglio regionale. Ritiene di aver posto le giuste basi?
«Questa è una narrazione strumentale. Io sono stato eletto al Parlamento europeo ottenendo circa 120mila preferenze e continuo a rappresentare la Calabria anche da lì. Un esempio? La bocciatura della Corte dei Conti all’iter procedurale del ponte sullo Stretto - un’opera non certamente prioritaria per la nostra regione - è frutto di una interrogazione presentata da me ed alcuni colleghi ed è stata assunta come riferimento dai magistrati contabili per dichiarare l'illegittimità del decreto con cui il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, di concerto col ministero dell'Economia, aveva approvato le nuove norme per la realizzazione dell’infrastruttura».
Le polemiche recenti che hanno investito il centrosinistra regionale riguardano la commissione Sanità. Fa discutere, specialmente negli ambienti più progressisti, l’inserimento di Filomena Greco. Era d’accordo?
«La sanità è una materia delicatissima, soprattutto in Calabria. Personalmente ritengo che su questi temi serva massima coerenza con una visione progressista e riformatrice. Ho espresso perplessità su alcune scelte, perché la credibilità dell’opposizione si costruisce anche evitando forzature che rischiano di disorientare il nostro elettorato. Le commissioni non sono luoghi neutri: rappresentano anche messaggi politici. Quando ero presidente Inps seguivo in modo scrupoloso le istruzioni dell'Anac per qualsiasi incarico si affidasse, per evitare conflitti di interesse anche potenziali, per rispetto delle istituzioni pubbliche. Per questo ritengo che l'adesione di Filomena Greco, persona intelligente, è inopportuna in quella commissione, in cui tra l'altro non è né nominata né eletta, perché ogni consigliere ha il diritto-dovere di aderire alla Commissione che preferisce. Nulla contro la persona, che anzi riconosciamo tutti aggiunga valore alla coalizione di centrosinistra. Auspico una soluzione per questa vicenda, con un passo indietro di Greco, con la quale ho parlato più volte, e mi affido alla sua sensibilità».
Ha tuonato contro la decisione della maggioranza di tenere per sé la commissione di Vigilanza. Non aveva un accordo con Occhiuto?
«C’era un accordo di massima con Occhiuto e con Ferro, ma c’era soprattutto una prassi istituzionale consolidata e un gentleman agreement. La presidenza della Commissione di Vigilanza all’opposizione non è una concessione, è una garanzia democratica. La decisione della maggioranza è stata un atto di arroganza politica. Io l’ho denunciato perché credo che le regole valgano soprattutto quando non convengono».
All’esterno inizia a serpeggiare la sensazione che si viva un’altra opposizione annacquata come gli ultimi 4 anni. Come smonta questa percezione?
«Comprendo quella che può essere una percezione, ma non la condivido. L’opposizione non è fatta di slogan quotidiani o di risse verbali. È fatta di proposte alternative, di controllo sugli atti, di capacità di costruire un’alternativa di governo. Se qualcuno pensa che urlare di più significhi essere più incisivi, io non sono d’accordo. La sfida è rendere visibile il lavoro fatto, non snaturarlo. In Consiglio in queste settimane si sta costruendo un’opposizione che sarà seria, documentata, capace di smascherare le fragilità, ma anche le condotte sempre più arroganti della maggioranza. L’intergruppo che abbiamo costituito può essere uno strumento utilissimo a far questo».
In un intervento alle telecamere di LaC ha rivendicato il suo essere di sinistra. Come si pone dinanzi agli sgomberi dei centri sociali, divenuti negli anni presidi culturali, come il Leoncavallo a Milano e Askatasuna a Torino?
«Sono figlio dello Stato sociale che ha tenuto insieme legalità e funzione sociale. Senza non avrei potuto nemmeno studiare. I centri sociali, quando sono presidi culturali, non violenti ovviamente, luoghi di aggregazione e produzione artistica, vanno ascoltati, non repressi, inseriti in percorsi di legalità, anche perché costituiscono forme di pluralismo culturale. Gli sgomberi non possono essere l’unica risposta dello Stato. Servono soluzioni politiche, dialogo, riconoscimento del valore sociale che questi spazi hanno avuto, soprattutto nelle periferie urbane».
Meloni e Fratelli d’Italia reggono nei sondaggi, Forza Italia e Lega si rubano voti percentuali tra di loro. Il campo largo sperimentato in Calabria quante possibilità ha di vedere la luce alle Politiche?
«Il campo largo per me è il campo progressista e non è uno slogan. È anche una necessità storica contro i conservatori della destra, accomunato da valori simili e dalla opposizione alla destra. L’esperienza calabrese, ha avuto il privilegio di essere il primo laboratorio politico del genere in Italia, nelle difficoltà di una campagna elettorale lampo, iniziata sotto l’ombrellone, ed ha rappresentato un importante punto di partenza. Il campo progressista può essere più che una semplice idea anche alle Politiche e le possibilità che questo accada dipenderanno dalla capacità di costruire un programma chiaro su lavoro, welfare, sanità e diritti. Senza ambiguità. Ma sono fiducioso».
Schlein o Conte? Lei quale premier indicherebbe?
«Certamente Conte, perché è in grado di aggiungere, in termini elettorali, valore alla colazione, oltre ai partiti che lo sostengono. Schlein è stata un alleata forte, autorevole, presente alle scorse elezioni regionali, da leader del primo partito di opposizione. Io sono convinto che Giuseppe Conte abbia già dimostrato – anche in un momento delicatissimo per la storia dell’umanità – capacità di tenuta e leadership, di parlare, ai giovani, al Sud, al Paese intero».
Occhiuto ha presentato la sua corrente “In libertà”. Che segretario di Forza Italia sarebbe?
«La materia non mi appassiona. Mi sembra più un’operazione di posizionamento interno e che Occhiuto sia più impegnato a prendere il posto di Tajani che a risolvere i problemi dei calabresi».
Tornando in Calabria, chiudiamo con la sanità. Medici stranieri in corsia ben oltre il 2029, non solo cubani. Occhiuto tratta anche con enti statunitensi. Che ne pensa?
«Dalle linee programmatiche del governatore abbiamo appreso che vuole assumere altri mille medici cubani. Di nuovo soluzione tampone, rischiosa anche sul piano delle relazioni esterne. La crisi della sanità calabrese, certo, viene da lontano, ma è stata provocata dalla sua parte politica. Scopelliti e Occhiuto hanno chiuso 18 ospedali e innescato tutta una serie di conseguenze nefaste. In campagna elettorale ho proposto di investire quelle somme ingenti per reclutare medici dall’Italia, dall’Europa con incentivi. Ma attenzione: la soluzione non può essere strutturalmente emergenziale. Importare medici senza una riforma il sistema significa rinviare il problema. Serve un accesso chiaro alla facoltà di medicina, servono investimenti, concorsi seri, condizioni di lavoro dignitose nella nostra regione. Gli accordi con enti stranieri possono essere utili, ma non devono diventare un alibi per non ricostruire la sanità pubblica calabrese, in fase di declino continuo da quando Occhiuto si è insediato ormai cinque anni fa anche come commissario ad acta».




