Il boss pentito

Le verifiche del pool antimafia di Gratteri sulle rivelazioni di Sandokan: le (grandi) aspettative e il caso di Nicolino Grande Aracri

Due boss di grosso calibro. Due pentimenti paragonati a quello di Buscetta. Il capo clan di Cutro è stato rispedito al mittente dalla Dda di Catanzaro: «Non è credibile». Su Schiavone ipotesi discordanti. Ma il magistrato di Gerace aspetta che oltre al fumo «ci sia anche l’arrosto»

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di Alessia Truzzolillo
1 aprile 2024
13:15

C’è chi si aspetta che il pentimento di Francesco “Sandokan” Schiavone possa avere sul clan dei Casalesi lo stesso effetto deflagrante del pentimento di Tommaso Buscetta su Cosa Nostra, che il boss di camorra, oggi 70enne, possa svelare, per esempio, intrecci legati alla Terra dei fuochi, strette di mano pericolose tra politica e malavita, la narrazione di come un mafioso pluriomicida possa diventare anche un uomo d’affari.
Esiste anche la tesi contraria: che quella di Schiavone sia una mossa strategica per mollare il carcere duro e aprirsi uno spiraglio verso la libertà. Si teme che i suoi verbali potrebbero non essere così esplosivi come ci si aspetta, che come il figlio e la moglie dirà molto poco e che questo pentimento possa servire, nell’immediato, allo Stato per appuntarsi subito una medaglia sul petto tralasciando quello che Schiavone potrebbe, o non potrebbe, raccontare.

Quando si pentì Nicolino Grande Aracri

Questo momento di grande fermento, di congetture, di immagini di scenari possibili, ricorda parecchio quanto è accaduto il 16 aprile 2021 quando corse di bocca in bocca, e di agenzia in agenzia, la notizia del pentimento del boss di Cutro, Nicolino Grande Aracri.


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Anche in questo caso le aspettative, gli scenari possibili, i polsi che tremavano e tutto il corollario della dialettica giornalistica vennero adoperati abbondantemente per riportare l’importanza di quel salto del fosso. Anche Nicolino Grande Aracri venne descritto come il Buscetta della ‘ndrangheta. L’uomo che si circondava di colletti bianchi, che voleva intrecciare rapporti con la Massoneria, che cercava entrature perfino in Vaticano che si era sempre speso per investire in grandi affari i soldi sporchi della mafia e che comandava le diramazioni della cosca in Emilia, Veneto e Lombardia, avrebbe potuto raccontare di tutto.
Anche in questo caso lo Stato avrebbe potuto appuntarsi una prematura medaglia sul petto e chi s’è visto s’è visto.

La relazione: «Il boss di Cutro non è credibile»

In tutta questa vicenda c’è stata, però una parte dello Stato che ha mantenuto un profilo basso e prudente. Nessuna dichiarazione, nessun proclama. Due mesi dopo, a giugno 2021, il pentimento di Nicolino Grande Aracri è stato rispedito al mittente dalla Dda di Catanzaro, tramite un documento firmato dall’ora procuratore capo Nicola Gratteri, dall’aggiunto Vincenzo Capomolla, e dai sostituti Domenico Guarascio e Paolo Sirleo.

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Si tratta di una relazione sulle dichiarazioni di Nicolino Grande Aracri che vengono bollate come non credibili, anzi «stridenti con i dati di prova oggettivi acquisiti». In soldoni, secondo i magistrati che lo avevano interrogato, il vero intento del boss era quello di mitigare, su taluni argomenti, la posizione dei propri familiari più stretti, tra i quali la moglie e la figlia, implicate nel procedimento Farmabusiness (ad oggi condannate anche in appello). Al termine degli interrogatori del boss la valutazione è stata di una «una totale non credibilità del dichiarante». Tutti gli scenari immaginati si sono sgonfiati, Nicolino Grande Aracri è tornato al 41bis e nessuna prematura medaglia su petto è stata appuntata.

«Aspettare l’arrosto» (oltre al fumo)

Francesco “Sandokan” Schiavone qualche tempo fa ha fatto una richiesta a modello 13 tramite l’ufficio matricola. Tradotto in parole commestibili, ha manifestato alla polizia penitenziaria l’intenzione di collaborare e questa ha trasmesso l’istanza all’autorità giudiziaria: la Dda di Napoli e la Dna. La notizia è stata tenuta per settimane strettamente riservata ma il rifiuto di alcuni parenti di entrare nel programma di protezione del ministero dell’Interno avrebbe fatto trapelare la notizia.

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Il quotidiano l’Avvenire ipotizza nel pentimento di Schiavone il frutto «della nuova stagione inaugurata alla procura di Napoli dall’arrivo, nell’ottobre scorso, del nuovo procuratore Nicola Gratteri».
Eppure, proprio il magistrato di Gerace, nuovo procuratore di Napoli, su questa vicenda è il più silenzioso. Alla sua porta bussano i media ma lui declina ogni dichiarazione. Sandokan avrebbe giurato di essere un uomo d’onore e di dire tutta la verità. E mentre in via Arenula, sede del ministero della Giustizia, la soddisfazione è già palpabile, Nicola Gratteri, che ha assunto la direzione delle indagini sulla collaborazione del boss (che avrebbe già reso cinque interrogatori), è prudente. Come amava dire sempre quando era a capo della Dda di Catanzaro, è bene aspettare che oltre al fumo, «ci sia anche l’arrosto».

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