La decisione

Inchiesta sui rifiuti a Vibo, il Riesame annulla l’obbligo di dimora per il patron del Cosenza Guarascio

La misura è stata sostituita con la sospensione dagli uffici direttivi per sei mesi. Sono 11 le persone accusate di inquinamento ambientale per presunta mala gestione dell’impianto di compostaggio di Vazzano. Indagati anche funzionari della Regione e di Arpacal

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di Alessia Truzzolillo
4 aprile 2024
17:01
Eugenio Guarascio
Eugenio Guarascio

Il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha annullato la misura cautelare dell’obbligo di dimora nei confronti dei fratelli Eugenio Guarscio, 70 anni, e Ortenzia Guarascio, 58 anni, entrambi di Lamezia Terme, rispettivamente amministratore unico della 4el Group srl (che fa capo a Eco Call spa ed Ecologia Oggi spa) e amministratore unico della 4el Group srl (che fa capo a Eco Call spa ed Ecologia Oggi spa). Il collegio ha sostituito l’obbligo di dimora con «l’inibizione all’esercizio di uffici direttivi per la durata di sei mesi».

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L’inchiesta sull’impianto di compostaggio di Vazzano

Gli imprenditori Guarascio, difesi dagli avvocati Francesco Gambardella, Giovanni Vecchio e Simona La Falce, sono implicati in una inchiesta della Procura di Vibo Valentia sui presunti illeciti commessi nella gestione dell’impianto di compostaggio Eco Call di Vazzano.
In questa indagine sono indagate 11 persone e tre società: oltre ai Guarascio anche dipendenti della Eco Call, funzionari regionali e due funzionari dell’Arpacal di Vibo Valentia, la società Eco Call spa, Ecologia Oggi spa e 4EL Grou srl (tutte riconducibili agli imprenditori lametini). Sono tutti accusati di inquinamento ambientale e, a vario titolo, di smaltimento illecito di rifiuti, falso, rivelazione e utilizzazione di segreto d’ufficio, abuso d’ufficio, getto pericoloso di cose.


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L’accusa: l’impianto non produceva compost ma rifiuti

Al centro dell’attività investigativa della procura di Vibo Valentia, il ciclo di trasformazione dei rifiuti effettuato all’interno di un impianto di recupero del Vibonese. L’azienda sita nell’entroterra vibonese (territorio di Vazzano) operante nel settore del recupero dei rifiuti organici provenienti dalla raccolta differenziata, avrebbe dovuto produrre ammendante compostato misto, meglio noto come compost usato come fertilizzante in agricoltura. La stessa di fatto, non rispettando la procedura prevista all’interno dell’autorizzazione integrata ambientale, generava un prodotto che non aveva perso la qualifica di rifiuto, contenente plastiche, vetri e metalli, anche pesanti come il cromo esavalente ed andando ad inquinare irrimediabilmente i terreni agricoli.

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