Processo Basso Profilo

L’accordo tra Talarico e Pirrello, i giudici d’Appello: «Voti scambiati come al mercato, ma non hanno agito per favorire le cosche»

Un patto stretto per portare avanti «i propri interessi personali». La ‘ndrangheta non c'entra ma c'è stato «grave svilimento della funzione politica». L’ex assessore regionale dovrà risarcire la Presidenza del Consiglio dei ministri

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di Alessia Truzzolillo
13 dicembre 2023
06:44

L’ex assessore regionale Francesco Talarico e l’imprenditore reggino Antonino Pirrello erano stati condannati in primo grado, con rito abbreviato, rispettivamente a cinque e quattro anni per il reato di scambio elettorale politico-mafioso nell’ambito del procedimento “Basso Profilo”, incardinato dalla Dda di Catanzaro contro un presunto giro di affari illeciti che ruotava intorno alla figura dell’imprenditore in odor di mafia Antonio Gallo (condannato a 30 anni con il rito ordinario). Una sentenza che, nei confronti di Talarico e Pirrello, ha visto un forte di sconto di pena in appello quando, lo scorso 12 settembre, il collegio composto dai giudici Maria Rosaria Di Girolamo, Assunta Maiore e Paola Ciriaco, ha riqualificato il reato da scambio elettorale politico mafioso in violazione del testo unico delle leggi per la elezione della Camera dei deputati che punisce da uno a quattro anni chi promette denaro, valori, o qualsiasi altra utilità in cambio di voto elettorale.

Nel caso di Talarico e Pirrello si sarebbe trattato del voto per le politiche del 2018. L’ex assessore, in appello, è stato condannato a un anno e 4 mesi di reclusione, l’imprenditore a un anno.


I giudici, è scritto nelle motivazioni della sentenza, non ravvisano il metodo mafioso utilizzato da Pirrello per raccogliere i voti a favore di Talarico. Pur tuttavia la Corte riconosce «il grave svilimento della funzione politica e il mercimonio del consenso elettorale», non riconosce le attenuanti generiche, concede la sospensione condizionale della pena ma non il beneficio, per Talarico, della non menzione, ritenendolo «inadeguato rispetto alle esigenze di emenda dell'imputato, tenuto conto della gravità della condotta e del diverso ruolo assunto nel delitto». Confermata, inoltre, la condanna al risarcimento dei danni di Talarico e Pirrello nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del ministero dell’InternoMa procediamo con ordine a dipanare la vicenda.

Il sostegno dei Brutto a Talarico? «Favore tra colleghi di partito»

Il lametino Talarico, ex segretario dell’Udc, si era candidato nel collegio uninominale di Reggio Calabria per le elezioni politiche del 2018. Secondo l’accusa i politici catanzaresi Tommaso e Saverio Brutto, padre e figlio (assolti in primo grado), avrebbero caldeggiato il ricorso all’imprenditore dell’antinfortunistica Antonio Gallo «esaltandone le qualità relazionali». In cambio si chiedeva per Gallo «l'ottenimento, con modalità illecite, di appalti per la fornitura di prodotti antinfortunistici erogati dalla sua impresa e banditi da enti pubblici economici e società in house» e un incarico per Saverio Brutto. Il "sostegno" elettorale da parte del Gallo sarebbe avvenuto, secondo l'accordo, facendo ricorso a suoi referenti reggini, incontrati nel gennaio e nel febbraio 2018 a Roma e a Reggio Calabria; si trattava, in particolare, di Natale Errigo, soggetto avente legami parentali con esponenti della cosca De Stefano/Tegano di Archi, e di Antonino Pirrello, cugino di un soggetto coinvolto nelle indagini nell'ambito dell'operazione della Dda Reggina convenzionalmente denominata “Alchemia”. Errigo e Pirrello avrebbero confermato il sostegno elettorale, attraverso il ricorso a metodica di intimidazione mafiosa, in cambio di utilità consistite, oltre a quelle già pattuite con Gallo e Brutto, in altrettante "entrature" nel settore degli appalti per Natale Errigo - all'epoca consulente aziendale e referente di imprese che intendeva favorire - e per Antonino Pirrello, titolare di impresa di pulizie con commesse in enti pubblici.

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Ma, secondo i giudici di appello, il ricorso a metodica di intimidazione mafiosa non si ravvisa. Così come non si ravvisa il do ut des tra il sostegno a Talarico e l’impiego futuro per Saverio Brutto che viene visto dai giudici come «favore tra colleghi di partito».
«In altre parole e conclusivamente – scrivono i giudici –, l'impegno elettorale dei Brutto in favore di Talarico non era collegato sinallagmaticamente alla promessa di assunzione, ma era dovuto alla comune militanza politica».

Do ut des (ma senza metodo mafioso)

È Antonio Gallo, l’uomo condannato a 30 anni di reclusione e detenuto al 41 bis, a presentare a Talarico Errigo e Pirrello. «… deve dedursi logicamente che Talarico avesse precisa consapevolezza del do ut des che vi era alla base del sostegno elettorale, do ut des di cui Errigo aveva parlato direttamente con Talarico nel primo incontro e che aveva anche ulteriormente specificato nel corso della conversazione con Gallo, di poco successiva». Messi i puntini sulle i, la Corte specifica che «deve, al riguardo, ribadirsi che né Errigo né Pirrello appartenevano a cosche mafiose».
Solo Gallo è ritenuto appartenere alla ‘ndrangheta crotonese ma «non risulta, tuttavia, che Talarico ne fosse a conoscenza, per come evidenziato peraltro anche dal gip, né comunque può dirsi che Gallo agisse quale rappresentante della cosca e nel suo interesse. Nessuno dei tre, quindi, aveva stretto il patto elettorale portando avanti istanze di cosche di 'ndrangheta, ma propri interessi personali che consentono di escludere che oggetto del patto fosse un qualche beneficio per i sodalizi criminali».

Favori per l’appoggio elettorale promesso

Nonostante questo, oggetto del patto tra il politico e i suoi sostenitori «è stata la promessa di farsi carico dei problemi concreti ed effettivi dei suoi tre elettori, risolvendoli al bisogno, mediante interventi in enti, pubblici e non, in loro favore». «Non può, quindi, affermarsi l'irrilevanza penale della disponibilità accordata dall'imputato a sostenere gli interessi dei propri sostenitori, trattandosi di disponibilità illecita in quanto collegata alla stregua di una controprestazione (consistente nello sbloccare pratiche, far ottenere pagamenti di commesse, sbloccare crediti incagliati, etc.) rispetto all'appoggio elettorale promesso».

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