Ombre sul progetto

La cava dei Mancuso negli espropri per il Ponte, Ciucci: «Controlleremo tutto per evitare infiltrazioni della ’ndrangheta»

L’ad della Stretto di Messina sul caso dei terreni intestati a parenti dei boss: «Valuteremo i passaggi di proprietà delle aree interessate». Bonelli (Avs): «Indaghino la Dda e la Commissione parlamentare antimafia»

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di Redazione Cronaca
6 aprile 2024
14:55
La cava di Limbadi e, nel riquadro, Pietro Ciucci, ad della società Stretto di Messina
La cava di Limbadi e, nel riquadro, Pietro Ciucci, ad della società Stretto di Messina

«L’obiettivo è di contrastare i possibili tentativi da parte della criminalità organizzata di speculare sulle attività espropriative e di inserirsi nei canali di provvista dei mezzi di finanziamento dell’opera». Pietro Ciucci, amministratore delegato della società Stretto di Messina, sollecitato dall’Ansa, sottolinea l’impegno per la legalità nel percorso verso la realizzazione del Ponte. Il caso dei terreni espropriati a parenti di boss del clan Mancuso di Limbadi e a un condannato per ’ndrangheta nel processo Rinascita Scott, sollevato oggi da LaC News24 e dal Fatto Quotidiano, arriva sulla scrivania dell’ad della società a cui il governo ha affidato il compito di governare l’appalto miliardario.

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Per i terreni – oggi abbandonati – della cava situata tra Nicotera e Limbadi, già sfruttata per la costruzione del Porto di Gioia Tauro, i proprietari riceveranno indennizzi adeguati: tra di loro ci sono una figlia e due nipoti del boss Ciccio Mancuso e altri nipoti di Luigi Mancuso, detto “il Supremo”. Tutto legittimo, visto che quei terreni sono nella loro disponibilità nonostante le tempeste giudiziarie che hanno colpito il clan nel corso degli anni.


Ciucci, da parte sua, evidenzia che «la società Stretto di Messina agisce nell'assoluto rispetto delle norme. Sono stati instaurati rapporti di collaborazione con gli Uffici territoriali del Governo e le Forze dell'ordine competenti con la comune volontà di promuovere e garantire la cultura della legalità, della trasparenza amministrativa e della tracciabilità dei flussi finanziari, ossia di tutti gli introiti e i pagamenti relativi agli espropri e alla realizzazione dell’opera».

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L’ad della Stretto di Messina ricostruisce l’iter che condurrà la società ai prossimi step: «Prima delle attività di occupazione delle aree e di liquidazione degli espropri e prima dell'avvio dei cantieri, saranno aggiornati i protocolli di legalità, già sottoscritti in passato, con lo scopo di tenere conto delle più avanzate tecniche di monitoraggio. In particolare, - spiega - per quanto riguarda specificamente le procedure espropriative, nell'ambito dei protocolli di legalità in corso di finalizzazione con le competenti Prefetture, conformemente agli schemi tipo approvato dal Cipess, sono previste specifiche misure volte a verificare preventivamente eventuali ingerenze mafiose nei passaggi di proprietà delle aree interessate dagli espropri ed ad assicurare la massima trasparenza delle procedure».

Bonelli (Avs): «Indaghino la Dda e la Commissione parlamentare antimafia»

Le argomentazioni del manager della Stretto di Messina, tuttavia, non convincono il deputato di Alleanza Verdi e Sinistra Angelo Bonelli, uno dei più attivi sostenitori delle tesi contro il Ponte: «Ciucci – spiega Bonelli – ci parla di protocolli di legalità per evitare infiltrazioni mafiose, ma perché, prima di individuare aree da espropriare per attività di discarica o deposito materiali, non sono stati individuati i proprietari? La notizia riportata è grave e per questo chiedo formalmente alla Direzione distrettuale antimafia e alla presidente della Commissione bicamerale antimafia Colosimo di avviare un'indagine sulle proprietà dei terreni dove sarà realizzata l’opera».

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