L’interrogatorio

Le confessioni del narcos pentito che trafficava con la ’ndrangheta: «Il porto di Gioia Tauro era in mano a Bruzzaniti»

Bruno Carbone, ex socio del broker internazionale Imperiale, racconta i traffici dei clan calabresi: «I Mammoliti acquistavano la cocaina a Napoli e a Roma. I pagamenti avvenivano con un click o con un messaggio in chat»

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di R. C.
1 febbraio 2024
15:47

Ha parlato anche dei suoi rapporti con la 'ndrangheta, Bruno Carbone, il narcotrafficante "pentito", socio del broker internazionale Raffaele Imperiale e come lui collaboratore di giustizia. Carbone oggi, davanti ai giudici della settima sezione penale di Napoli (presidente Marta Di Stefano), e al sostituto procuratore Maurizio De Marco, ha risposto alle domande degli avvocati del collegio difensivo, in video collegamento (sempre ripreso di spalle) dalla località segreta dove è detenuto.

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«Il porto di Gioia Tauro - ha detto il narcos specializzato nella logistica - era sotto il comando di Bruzzaniti. Io ero in rapporti con i Mammoliti (una 'ndrina calabrese) che acquistavano la cocaina a Napoli o a Roma». Il Bruzzaniti a cui fa riferimento è Bartolo Bruzzaniti, originario di Locri, arrestato in Libano, ritenuto un soggetto di elevato spessore criminale e considerato tra i più importanti narcotrafficanti a livello internazionale.


Carbone ha anche spiegato come trasferiva il denaro per l'acquisto della cocaina «da Panama, dall'Ecuador, dalla Colombia» semplicemente «con un click, oppure con un messaggio chat, attraverso i cambisti con i quali si era instaurata enorme fiducia. Così venivano trasferiti i soldi per la droga, in qualsiasi parte del mondo, io con la mia cocaina rifornivo tutta Napoli».

Carbone ha anche spiegato più nel dettaglio, il trasferimento di una tonnellata di cocaina in Australia, che ebbe dei problemi, e di essere stato lui, da Dubai, «ad aprire il mercato australiano».

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Il raggio d'azione dei narcos legati al gruppo Bruzzaniti non si limitava a Gioia Tauro e le collaborazioni con la giustizia di Carbone e Imperiale promettono di schiudere agli inquirenti lo scrigno dei segreti del narcotraffico globale. 

Le inchieste delle Dda di Milano e Reggio Calabria che hanno messo nel mirino il broker calabrese mostrano relazioni che vanno oltre il territorio nazionale. Per questo si era rivolto al collaudato sistema di trasporto dall'Olanda con i Tir, che faceva capo all'associazione di Raffaele Imperiale. Tra i due boss mafiosi c'erano rapporti personali già consolidati: Bruzzaniti, infatti, dopo aver aiutato il padrino 'ndranghetista Rocco Morabito mentre era latitante in Sud America, aveva offerto supporto anche a Imperiale quando era ricercato, proponendogli un rifugio sicuro in Costa d'Avorio. A suggerire per primo il sodalizio tra i due gruppi sarebbe stato proprio il celebre camorrista, conscio del primato della 'ndrangheta nel distribuire droga alle piazze di spaccio, comprese quelle storiche di Milano della Comasina e di Quarto Oggiaro. «E così, come una vera e propria società - si legge nell'ordinanza di custodia cautelare - (i due, ndr) concludono un accordo per dividere il peso e gli utili delle distinte importazioni».

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Bruzzaniti manteneva i rapporti con i fornitori di cocaina e hashish, stabiliva il prezzo di vendita e reinvestiva i guadagni, anche per comprare altro stupefacente. Sotto di lui, diverse figure. Dopo essere arrivata in camion dai Paesi Bassi al deposito del Varesotto, la droga veniva affidata dai "luogotenenti" (i membri dell'organizzazione a cui erano affidati ritiro e stoccaggio) alle 'mamme', che la tagliavano aggiungendo mannite (uno zucchero), la confezionavano in capsule da raggruppare in pacchetti e la consegnavano ai "responsabili dei cavalli". Questi ultimi garantivano il controllo della piazza di spaccio, reclutavano i "cavalli", ovvero i pusher che vendevano al dettaglio, e ritiravano gli incassi.

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