Processo Gotha

La scalata politica con i voti della ’ndrangheta: per i giudici tra Scopelliti e i De Stefano ci fu una «trattativa»

Nelle motivazioni della sentenza di primo grado del processo Gotha, i magistrati riportano un'intercettazione in cui Paolo Romeo fa riferimento al sostegno elettorale che l'ex governatore calabrese avrebbe ottenuto dalla cosca reggina

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di Elisa Barresi
6 agosto 2023
07:30
Giuseppe Scopelliti
Giuseppe Scopelliti

Una presunta trattativa tra Giuseppe Scopelliti e la cosca De Stefano. L’ex governatore sarebbe stato il «prototipo di politico in grado di riscuotere il consenso del bacino elettorale della criminalità organizzata e disposto ad amministrare col metodo dell’abuso». È quanto ricostruisce il Tribunale di Reggio Calabria, presieduto da Silvia Capone, nelle oltre 7500 pagine della sentenza di primo grado del processo “Gotha”. L’ex governatore della Calabria si sarebbe seduto al tavolo con la cosca più potente della ‘ndrangheta, per trattare l’appoggio politico. Tale affermazione si basa su un’intercettazione che vede protagonista uno dei soggetti principali dell’inchiesta, l’avvocato Paolo Romeo, condannato in primo grado a 25 anni di reclusione quale elemento di vertice della componente riservata della ‘ndrangheta, ed uno dei suoi amici più fidati, Nicola Cutrupi, estraneo all’inchiesta ma per il quale il Tribunale aveva disposto la trasmissione degli atti in Procura.

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È il 27 novembre 2003. Romeo è nel suo studio e parla con Cutrupi. I due trattano delle dichiarazioni di Nino Fiume, pentitosi poco tempo prima. Fiume è il primo vero pentito della cosca De Stefano. Ex fidanzato di Giorgia, figlia di Paolo e sorella di Giuseppe De Stefano, Fiume è a conoscenza di alcuni tra i segreti più importanti della cosca. È per questo che Romeo è particolarmente preoccupato della portata delle sue dichiarazioni. Romeo dice a Cutrupi: «Li ha rovinati Nicola». Cutrupi chiede cosa Fiume abbia detto. «Nell’incipit della parte della conversazione di interesse – scrivono i giudici – Paolo Romeo illustrava gli effetti gravi che le dichiarazioni del collaboratore implicavano nei confronti degli interessati, che il Romeo in tale espressione non identificava. Si apprezza la prudenza del Romeo che non fa esplicito riferimento a coloro che riteneva rovinati, sul presupposto che i fatti narrati dal collaboratore erano illeciti ed attingevano soggetti a lui noti. La prudenza del Romeo, che all’epoca era sempre processato in Olimpia e che pertanto temeva di essere intercettato, veniva bruscamente, ma sempre in maniera criptica, evidenziata al Cutrupi, il quale faceva subito domande dirette sulla portata delle dichiarazioni del collaboratore sul conto del Romeo, così implicitamente ammettendo che il Romeo aveva ragione di temere delle dichiarazione dell’ex sicario della famiglia dei De Stefano, al punto che il Romeo rimproverava al Cutrupi la distrazione dicendogli che ancora stava dormendo. Soddisfaceva comunque la domanda del Cutrupi in termini per lui non compromettenti, riportando quella che era stata la definizione sul suo conto: "Allenatore in panchina mi ha detto"».


L'intercettazione

(U: Romeo; U1: Cutrupi)

U: Allenatore in panchina mi ha detto

U1: Eh! Allenatore ti dice

U: Allenatore in panchina

U1: Eh!

U: Non c’è niente di nuovo

U1: Che dice? Dimmi che cazzo dice senza <>

U: Parla di tutto

U1: Di tutto

U: Scopelliti

U1: Di Scopelliti parla tanto?

U: No, dice che <<2P>>

U1: Ah lo dice

Secondo il Tribunale nella parte incomprensibile si fa riferimento al sostegno elettorale ottenuto dai De Stefano. Romeo confessa a Cutrupi di aver ottenuto i verbali di Fiume tramite conoscenze in Procura o nelle forze dell’ordine pagandoli 100 euro. Il passaggio successivo è quello cruciale.

U: Ora… ora succede un bordello

U1: Un casino succede

U: <> [Da minuti 3:30.297 a minuti 3:31.653 (Tono di voce bassissimo)]

[Da minuti 3:31.654 a minuti 3:32.966 non conversano]

U: Le trattative con Scopelliti

[Da minuti 3:34.607 a minuti 3:35.820 non conversano]

«Romeo – scrive il Tribunale – sulla scorta delle dichiarazioni rese dal Fiume ipotizzava gravi conseguenze nei confronti di Scopelliti a causa delle dichiarazioni che Fiume aveva reso sul consenso elettorale datogli. Tuttavia il Fiume ha sempre riferito di consenso elettorale, ma non già di trattative, per cui è il Romeo che, questa volta contravvenendo alle stesse regole prudenziali prima richiamate al Cutrupi, finiva per dire più del collaboratore, definendo i rapporti di Scopelliti con i De Stefano “trattative”». Una trattativa che non era stata condotta alla presenza di Fiume, escluso, per volontà di Giuseppe De Stefano «dall’incontro che lo stesso ebbe con Scopelliti ed al quale aveva invece preso parte l’avvocato Fabio Cutrupi, figlio del Nicola Cutrupi coinvolto nella presente conversazione (era quell’incontro all’esito del quale Giuseppe De Stefano, al cognato Fiume che gliene faceva richiesta, definiva lo Scopelliti come “sceccu tiratu i capizza”, cioè un soggetto manovrabile). Romeo pertanto era a conoscenza di una trattativa tra Giuseppe Scopelliti e i De Stefano, e ciò giustifica l’incipit della conversazione, e la previsione della rovina sia per i De Stefano, che con evidenza anche per Scopelliti, che le dichiarazioni del Fiume avrebbero comportato per Scopelliti (I ruvinau…ora succede un bordellu…le trattative con Scopelliti)».

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Secondo la valutazione del giudice estensore, Silvia Capone, dunque, Romeo lasciava credere, in altra conversazione «che Scopelliti fosse un uomo indipendente, e non un servo, poiché non aveva preso i voti della ‘ndrangheta, quando in realtà ciò era solo quello che il Romeo voleva fare apparire, poiché i legami di Scopelliti con la criminalità erano stati pure oggetto di una trattativa tra i De Stefano e Scopelliti, del cui contenuto in termini esatti non è dato sapere ma che pure vi era stata, come riferito da Paolo Romeo a Cutrupi Nicola».

L’appoggio di Nino Fiume

Il pentito Nino Fiume, in realtà, ha parlato a più riprese di Scopelliti, affermando di averlo conosciuto quando entrambi frequentavano la cosiddetta “Reggio bene”. Erano gli anni ’90 e Scopelliti era un giovanissimo politico in rampa di lancio. Fiume ha spiegato di averlo sostenuto nel corso della campagna elettorale nella quale Scopelliti era candidato al Consiglio regionale nelle fila di Alleanza Nazionale, riscuotendo 12.000 voti e sorpassando anche Alberto Sarra, politico ritenuto intraneo al sistema di potere masso-mafioso e condannato nel processo Gotha a 13 anni di reclusione. «In realtà i De Stefano – scrivono i giudici – pur non esponendosi, approvavano l’appoggio elettorale che Fiume avrebbe dato a Scopelliti, pescando voti in un bacino elettorale che corrispondeva in fatto a quello dei De Stefano. Il mancato esplicito sostegno dei De Stefano a Scopelliti peraltro era imputabile alla strategia che praticavano gli appartenenti alle famiglie criminali, che apparentemente davano il loro appoggio a tutti, per poi scegliere il candidato su cui far confluire tutti i voti solo negli ultimi giorni in base alle indicazioni dell’allora Crimine Pasquale Condello. Così facendo, di fatto, i De Stefano sarebbero stati pronti a presentare il conto ai candidati risultati vincenti, a prescindere dall’area politica di appartenenza».

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Le elezioni del 2010

Il Tribunale si occupa anche della tornata elettorale del 2010, in cui Scopelliti fece il salto di qualità candidandosi a governatore. «La candidatura di Scopelliti a quella carica elettorale – scrive il presidente Capone – non era affatto scontata, ed anche in questa occasione sarà Paolo Romeo ad adoperarsi affinché la designazione di Scopelliti alla carica di governatore della Regione Calabria trovasse anche a livelli centrali della politica approvazione e sostegno».

Dall’istruttoria sono emersi contatti diretti tra Scopelliti e Romeo, «nel corso dei quali i due avevano certamente discusso di strategie politiche (Romeo: Si si, ma io ho accennato fugacemente, perché ci siamo visti in questi giorni..; D: Ma lui ha problemi di questi.. no, di questi stupidaggini perché a me mi riconfermano che è lui il candidato; Romeo: Si no.. non ha problemi; D: Gli rompono le scatole quelli; Romeo: Ma uno cerca, cerca di alzare il prezzo di conquistarsi spazio..; D: Eh e credo che in quelle ore insomma lui avesse un po' di tensione da questo punto di vista.; Romeo: Si si; D: Vabbè dico tanto poi ci vediamo che io ero tranquilla che volevo più gli parlassi tu.. tu non hai parlato diciamo no?; Romeo: io glielo ho accennato lui sa già ; D: Eh; Romeo: Gli ho accennato in questi giorni in cui ci siamo visti qua in questi quattro giorni …Eh gli ho detto che ….ci saremmo dovuti vedere per parlarne un pochettino più approfonditamente; D: Ma è serio lui? Com’è?; Romeo: No, no è serio quando fa..). Quindi vi è traccia – ribadiscono i giudici – di una relazionalità diretta tra Giuseppe Scopelliti e Paolo Romeo, ed il Romeo perorava la causa di Scopelliti, parlando di manovre per allargare la base degli accordi politici preelettorali. Romeo concordava con la Intrieri un ulteriore incontro con un altro soggetto, che veniva identificato “nell’amico nostro di Cosenza che è su Vibo”». Marilina Intrieri è persona estranea all’inchiesta, ma con numerosi incarichi alle spalle anche di un certo rilievo. Persona che aveva una interlocuzione con Paolo Romeo.

Di fronte all’ipotesi di un largo successo di Scopelliti, però, come era accaduto in passato, «il successo personale dell’uomo veniva visto come un pericolo dal Romeo, il quale, una volta creato l’amministratore aveva la necessità di mantenerne il condizionamento, che era direttamente proporzionale alla percezione, da parte dello Scopelliti, della provenienza del proprio potere dal bacino elettorale convogliato da Romeo tramite Alberto Sarra. Tale percezione, cioè del rischio che Scopelliti, rassicurato dall’autonomia del consenso elettorale ricevuto rispetto ai voti procurati dal Romeo tramite il Sarra presso la ‘ndrangheta, potesse governare senza riconoscere alcun tributo al sistema facente capo a Romeo ed a Giorgio De Stefano, induceva il primo ad auspicare che il risultato di elettorale di Scopelliti, che dava per scontato come positivo, non fosse in termini di vantaggio molto marcato nei confronti degli altri candidati, così da ridimensionare il suo potere personale, ed il secondo ad ipotizzare che il sostegno elettorale dei De Stefano, e pertanto di una parte della criminalità organizzata, potesse essere dirottato sul candidato Loiero».

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Secondo il Tribunale, «gli uomini da preferire pertanto nella formazione delle liste e nella selezione dei candidati erano quelli che avrebbero più facilmente ottenuto il consenso della ‘ndrangheta, e che, indeboliti dal condizionamento genetico della loro elezione, avrebbero amministrato in termini tali da non poter declinare le richieste di favori di chi della candidatura era stato l’artefice, e che apparteneva allo stesso contesto mafioso, sia pure con ruolo verticistico e non militare, di cui gli stessi amministratori finivano per essere espressione. Sarra, Scopelliti, lo stesso Seby Vecchio sono l’emblema di tale prototipo di uomo politico ed amministratore, in quanto in grado di riscuotere il consenso di un importante bacino elettorale, corrispondente a quello della criminalità organizzata, e quindi disposti ed avvezzi ad amministrare con il metodo dell’abuso».

Giornalista
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