
Pronti al pranzo dell'Immacolata? Le 5 specialità calabresi che l'8 dicembre non possono mancare in tavola

Pronti al pranzo dell'Immacolata? Le 5 specialità calabresi che l'8 dicembre non possono mancare in tavola

Pronti al pranzo dell'Immacolata? Le 5 specialità calabresi che l'8 dicembre non possono mancare in tavola

Pronti al pranzo dell'Immacolata? Le 5 specialità calabresi che l'8 dicembre non possono mancare in tavola

Pronti al pranzo dell'Immacolata? Le 5 specialità calabresi che l'8 dicembre non possono mancare in tavola

Pronti al pranzo dell'Immacolata? Le 5 specialità calabresi che l'8 dicembre non possono mancare in tavola
La 'Nduja, regina indiscussa del tagliere
Partiamo dal simbolo. La 'nduja di Spilinga — o delle altre zone del Vibonese — è il benvenuto rosso fuoco che accoglie chi si siede. Spalmata sul pane casereccio ancora caldo, brucia in bocca e scalda lo stomaco. L'8 dicembre segna spesso l'inizio della stagione della ‘nduja fresca, quella appena preparata nelle settimane precedenti. Nei paesi, chi ha fatto la macellazione a novembre porta a tavola il risultato: un impasto di carne e peperoncino che non ha rivali. Si mangia all'inizio del pasto, ma qualcuno la nasconde anche nei primi. Chi torna da fuori regione se ne porta via un pezzo, avvolto nella carta oleata come un tesoro.
L'olio nuovo, il protagonista invisibile
Non è un piatto, ma è l'ingrediente che tiene insieme tutto il resto. L'olio extravergine d'oliva appena spremuto, quello che è uscito dai frantoi a novembre, arriva in tavola l'8 dicembre con il suo colore verde intenso e il sapore che pizzica. Si versa abbondante sui maccheroni, si spalma sul pane, si usa per condire verdure e legumi. In Calabria, l'olio nuovo è un evento: segna il passaggio dalla stagione vecchia a quella nuova, dalla fatica del raccolto alla ricompensa del gusto. Ogni famiglia ha il suo produttore di fiducia, e portare in dono una bottiglia d'olio è un gesto che vale più di qualsiasi regalo confezionato.
La soppressata e i salumi della tradizione
Sul tagliere dell'8 dicembre, accanto alla 'nduja, trova posto la soppressata. Quella buona, fatta in casa o dal norcino del paese, stagionata al punto giusto. Si taglia a fette non troppo sottili, si mangia con le mani, si accompagna con olive nere e formaggi stagionati. In montagna si aggiunge il capocollo, sulla costa il salame dolce. Ma la soppressata resta la regina: profuma di pepe nero e finocchietto, racconta mesi di attesa in un sottoscala fresco. Chi la porta in tavola la presenta con orgoglio, come si presenta un risultato ottenuto con fatica.
I maccarruni 'i casa al sugo di castrato
Il primo piatto del ponte è una dichiarazione d'intenti. I maccheroni fatti in casa — tirati a mano con il ferro da calza — sono il lavoro della mattina. Si preparano in compagnia, con le donne della famiglia che si dividono i compiti: chi impasta, chi tira, chi controlla che siano tutti della stessa dimensione. Il sugo è quello delle occasioni: carne di castrato, o capra, cotta per ore nel pomodoro. In alcune zone si aggiunge la soppressata, in altre un bicchiere di vino rosso. Il risultato è un piatto che chiede silenzio mentre si mangia. Dopo il primo boccone, si capisce perché valeva la pena tornare.
La pitta 'mpigliata, il dolce che chiude ogni discussione
Quando arriva in tavola, la conversazione si ferma. La pitta 'mpigliata — o pitta ‘nchiusa, 'mpigliata, a seconda della provincia — è il dolce che la Calabria originariamente preparava per le feste di Natale, ma per l’Immacolata doveva essere già pronto, insieme ai turdilli (in dialetto turdiddi o turdiddri), una specialità del cosentino fatta con farina, uova, vino, miele di fichi. La pitta 'mpigliata è rotolo di pasta friabile ripieno di noci, miele, uva passa, cannella. Ogni famiglia ha la sua ricetta segreta, tramandata senza misure precise: "quanto basta", "finché non viene bene". Si taglia a fette spesse e si serve con un bicchiere di vino dolce o di liquore al bergamotto. Chi è a dieta si arrende subito: davanti alla pitta ‘mpigliata non si discute
Il cibo per ricordare
L'8 dicembre, in Calabria, non si mangia per fame. Si mangia per ricordare, per segnare il territorio, per dire a chi è tornato che qui niente è cambiato. Questi cinque piatti non sono casuali: sono il frutto di un lavoro che parte mesi prima, di una preparazione che coinvolge intere famiglie, di una tradizione che non si discute. Quando il ponte finisce e si riparte, si porta con sé il sapore di questi giorni. E la certezza di dover tornare presto.
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