L’ok del Cdm

La Zes unica per il Mezzogiorno è realtà: un miliardo e mezzo all’anno per trainare lo sviluppo del Sud

L'accorpamento delle 8 Zone economiche speciali dal primo gennaio 2024. Prevista anche l'assunzione di 2.200 esperti di fondi europei. Meloni: «È il modo per rendere il Meridione competitivo con il resto del Paese». Ma la dotazione finanziaria potrebbe essere insufficiente per realizzare gli obiettivi 

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di Massimo Clausi
7 settembre 2023
20:09

La vicenda Caivano ha, come era naturale, canalizzato tutta l’attenzione. Ma il Consiglio dei ministri ha licenziato norme altrettanto importanti. Una di queste è la creazione della Zes unica per tutto il Mezzogiorno. Un piano elaborato dal ministro per il Sud e la Coesione territoriale, Raffaele Fitto che già a luglio aveva ottenuto il via libera da parte di Bruxelles. Lo dice in chiusura di conferenza stampa la stessa premier Giorgia Meloni: «È stato un lungo lavoro e sono contenta che sia stato fatto perché la Zes porta con sé una serie di cose al di là delle semplificazioni burocratiche e dei vantaggi fiscali e contributivi. Implica, ad esempio, una definizione delle priorità sulle infrastrutture. La Zes unica, in altre parole, è il modo per mettere in linea il Mezzogiorno, renderlo competitivo col resto del Paese e a livello internazionale».

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Ma ecco in concreto cosa prevede il decreto per la Zes unica che dal primo gennaio 2024 dovrà comprendere le attuali 8 Zes regionali di Abruzzo, Molise, Basilicata, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna.


Con l’accorpamento delle 8 Zes, tutte le competenze finiranno dentro uno sportello digitale, chiamato Sud Zes, gestito dal Dipartimento della Coesione di Palazzo Chigi. Nello sportello unico confluiscono così gli sportelli unici digitali attivati per le singole regioni. Il Piano strategico della Zes dovrebbe avere una durata triennale e definisce, anche in coerenza con il Pnrr, la natura e il tipo di investimenti da realizzare. La dotazione finanziaria è di 4,5 miliardi di euro, ovvero 1,5 miliardi all’anno fino al 2026. La copertura arriverà per 500mila euro annui dai fondi europei Fesr, mentre il restante miliardo annuo dovrebbe emergere dalla riorganizzazione del Pnrr.

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Ogni azienda che presenterà un progetto di investimento non inferiore a 200mila euro avrà diritto a un credito d’imposta per l’acquisto di beni strumentali, con il vincolo che il valore degli immobili e dei terreni non sia superiore al 50% dell’investimento agevolato e con un limite comunque massimo per ogni progetto approvato di 100 milioni di euro.

Prevista anche l’assunzione di 2.200 esperti di fondi europei da distribuire sulle 8 realtà geografiche coinvolte (2.129 assunzioni saranno sulle 8 regioni coinvolte e 71 per il Dipartimento politiche di coesione). Entro 60 giorni un Dpcm dovrà definire l’organizzazione della Struttura di missione che farà cessare l’incarico dei commissari straordinari e che si occuperà di realizzare il piano strategico della Zes sud.

Queste quindi le nuove regole che sottendono ad un obiettivo ben preciso ovvero quello di dare coerenza alle politiche per il Mezzogiorno o, se vogliamo, superare l’idea che lo sviluppo del Mezzogiorno possa avvenire attraverso un livello di decisione locale. In sostanza dietro c’è l’eterno dibattito sull’organizzazione dello Stato.

L’idea di fondo è che i problemi del Sud hanno in gran parte una dimensione sovraregionale e, dunque, ha poco senso affidarne la risoluzione alle Regioni, è molto meglio avere una governance concentrata nelle mani del Governo in modo da avere una visione d’insieme di sviluppo di tutta quest’area del Paese. Con buona pace dell’autonomia differenziata.

Ovviamente questo che è un punto di forza può rappresentare anche una debolezza del sistema. Innanzitutto c’è da disciplinare l’esistente ovvero quelle aziende che sono già a buon punto con l’investimento e ora si vedono repentinamente cambiare interlocutore. Il rischio che i tempi si allunghino è forte.

La scarsa conoscenza del territorio può comportare qualche valutazione sbagliata nella scelta degli investimenti, così come la presenza di uno sportello unico può comportare qualche disagio logistico. Immaginate una grande azienda che voglia fare un sopralluogo per un investimento a chi deve rivolgersi? Molto probabilmente, quindi, il Governo prevederà anche delle articolazioni territoriali alla struttura di missione.

L’altro punto di debolezza riguarda le risorse assegnate a questa Zes. Abbiamo già detto che si tratta di 1,5 miliardi l’anno. Pochi? Troppi? Dipende. Basti pensare che la sola Zes Campania ha attirato investimenti per oltre un miliardo. Un dato è certo: se i fondi stanziati per assicurare il credito d’imposta in quelle che erano otto aree circoscritte vengono spalmati su tutto il Mezzogiorno, quei soldi, così diluiti, potrebbero risultare insufficienti. Tutto questo evidentemente comporta un aumento della competitività fra le regioni e quindi uno degli obiettivi di questa grande cabina di regia dovrebbe essere quello di eliminare i gap fra i “mezzogiorni” di questo Paese.

Giornalista
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