Bonifica di Crotone, Eni pressa il ministero per sbloccare l’iter fermo alla Regione: «I rifiuti devono restare in Calabria, è l’unica soluzione»
Scambio di comunicazioni istituzionali ma la questione è finita in un vicolo cieco burocratico. La Cittadella non ha aggiornato il Paur, il Mase diffida la società a proseguire in accordo con Catanzaro e il colosso dell’energia risponde che impossibile. E i cittadini sono beffati due volte
Per Eni Rewind non c’è alcuna alternativa (e forse non c’è mai stata): i rifiuti della bonifica di Crotone devono rimanere in Calabria e il ministero dovrebbe premere sulla Regione per sbloccare l’iter.
In una nota pubblicata nelle scorse ore il colosso italiano dell’energia e riepiloga i fatti a partire dall’agosto scorso, quanto il decreto ministeriale «richiede a Eni Rewind di avviare gli scavi entro ottobre 2024 utilizzando la discarica Sovreco per lo smaltimento dei rifiuti da bonifica pericolosi». Perché ciò avvenisse, «il decreto disponeva che la Regione Calabria, entro il 1° settembre 2024, avviasse l’iter di modifica del Paur per l’eliminazione del vincolo che vieta l’utilizzo di discariche regionali».
In parallelo, l’atto «prescrive di completare la realizzazione della nuova viabilità di emergenza, propedeutica alla chiusura del tratto della strada provinciale Leonardo Da Vinci antistante ai cantieri di bonifica; attualmente Eni Rewind è in attesa del rilascio del permesso di costruire da parte del Comune di Crotone».
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Terzo step: «Il decreto infine richiede a Eni Rewind di aggiornare, entro dicembre, lo scouting svolto per verificare potenziali disponibilità di discariche in Europa idonee a ricevere rifiuti pericolosi».
Partiamo dalla fine: la società ricorda di essersi «già attivata per rinnovare tali verifiche, pur avendo più volte documentato, sin dal 2020, che anche all’estero le disponibilità sono esigue e difficilmente compatibili, anche per vincoli normativi e regolatori, con i volumi e la pianificazione pluriennale necessari per il completamento della bonifica di Crotone». Insomma, niente da fare: l’unica opzione sarebbe quella di lasciare i veleni dell’ex Pertusola in Calabria nonostante le promesse reiterate e gli impegni presi nel corso degli anni. Per questo, Eni Rewind chiede di accelerare e si rivolge sia alla Regione che al Comune.
«Il 6 settembre scorso – continua la nota – Eni Rewind, trascorso il termine previsto dal decreto senza che sia stata ricevuta informazione sull’avvio dell’iter per la rimozione del vincolo Paur, ha inviato una diffida alla Regione Calabria ribadendo che tale inerzia rischia di impedire l’adempimento degli obblighi di bonifica. Inoltre, in relazione al ritardo nel rilascio del permesso di costruire per la strada di emergenza, il 27 agosto la società ha sollecitato il Comune a concluderne l’iter, tenuto conto che la chiusura del tratto di strada antistante al cantiere di bonifica, già prevista dal progetto di bonifica approvato nel 2020, è posta dal decreto ministeriale del 1° agosto 2024 come condizione necessaria per l’avvio degli scavi».
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Sia il ministero dell’Ambiente che il commissario straordinario per la bonifica del sito d'interesse nazionale di Crotone-Cassano e Cerchiara hanno ricevuto le due comunicazioni.
Il carteggio ha creato uno scontro tra Eni e ministero. Vediamo perché nelle ragioni esposte dalla società. «Il 24 settembre scorso, il Ministero ha inviato una lettera alla Regione e a Eni Rewind in cui comunica che “non risulta che la Regione Calabria abbia avviato il procedimento di modifica del Paur” e quindi “prende atto della perdurante efficacia del vincolo che non consente l’utilizzo del deposito preliminare dei rifiuti autorizzato con medesimo Paur” ma “allo stesso tempo, salvo diverso e motivato avviso della Regione Calabria, non si ritiene che sussistano motivi ostativi a utilizzare… il deposito preliminare… ove idoneo per il deposito temporaneo di rifiuti pericolosi… previa formale comunicazione alla Regione Calabria, nella qualità di Autorità che ha rilasciato il Paur, nelle more della rimozione del vincolo”». La conclusione è che il ministero «“diffida Eni Rewind ad avviare le attività di bonifica nel rispetto del vincolo regionale, mettendo in opera tutte le attività necessarie a gestire il deposito temporaneo… anche, nell’impossibilità di utilizzare la struttura del deposito preliminare esistente, mediante l’allestimento di una nuova area nel rispetto di tutti gli obblighi di legge”».
A Eni Rewind questa risposta è sembrata contradditoria. Nella replica inviata il 25 settembre si evidenzia che «sorprende che il ministero non solleciti la Regione a modificare il Paur, essendo trascorsi 24 giorni dal termine in cui il decreto del Mase prescriveva che “la Regione deve avviare il procedimento di modifica”». In secondo luogo, sottolinea la società, «la diffida del Mase introduce l’obbligo per Eni Rewind di utilizzare come temporaneo il deposito esistente, progettato e autorizzato come preliminare in funzione dei fabbisogni della bonifica, al fine di superare il divieto all’utilizzo della discarica di Crotone. Ciò a meno di diverso e motivato avviso della Regione, che negli ultimi 5 anni ha ripetutamente espresso parere negativo a tutte le istanze di modifica del vincolo al fine esplicito di impedire il conferimento dei rifiuti in Calabria». Insomma, l’inizio della bonifica di Crotone è finito in un vicolo cieco burocratico.
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Per il ministero di Pichetto Fratin Eni dovrebbe sbrigarsi a iniziare i lavori di bonifica utilizzando una discarica individuata assieme alla Regione, per Eni quella discarica può essere soltanto in Calabria ma la Regione si è sempre detta contraria. Il classico stallo alla messicana con i cittadini due volte traditi: perché i rifiuti restano dove sono e perché il rischio che alla fine rimangano in un impianto di smaltimento in Calabria (probabilmente a Crotone) è molto elevato.
Eni continua a esporre le proprie ragioni per convincere Roma a dare un ultimatum alla Cittadella regionale: «Qualora non fosse possibile utilizzare il deposito esistente – che ha richiesto 20 mesi per essere progettato e realizzato, è costato 5,6 milioni di euro e occupa circa 2 ettari di terreno – l’opzione di realizzare in altra area un nuovo deposito ritarderebbe di alcuni anni l’avvio degli scavi, trattandosi di un deposito che di temporaneo avrebbe solo la qualifica imposta dalla diffida del Mase».
C’è poi una richiesta alla Regione «di confermare entro il 10 ottobre 2024 che non sussistano motivi ostativi a utilizzare il deposito esistente in regime di deposito temporaneo in modo da poter avviare gli scavi entro il mese di ottobre (come previsto dal decreto Mase del 1° agosto scorso e nell’ipotesi che il Comune e la Provincia rilascino rispettivamente, il permesso per la costruzione della strada e il certificato di avvenuta bonifica per il Pob Fase 1) con conferimento dei rifiuti pericolosi presso la discarica di Crotone». Una grande produzione di email e comunicazioni ufficiali, diffide e richiesta: resta il fatto che è tutto fermo.