Strage di migranti

Inciampare in un cadavere come un legno sul bagnasciuga: il mare ci impedisce di dimenticare Cutro

Una donna che passeggiava sulla spiaggia si è imbattuta nel corpo della 94esima vittima del naufragio al largo di Crotone di quasi 50 giorni fa. Un drammatico promemoria che impedisce a questa tragedia immane di degradare nella routine dei numeri (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Enrico De Girolamo
15 aprile 2023
15:22

Come bottiglie di plastica che le onde depositano sulla riva. A 48 giorni dalla strage di Cutro, il mare continua a restituire corpi senza vita di chi quella notte del 26 febbraio moriva a pochi metri dalla salvezza, tra urla di terrore che nessuno ascoltava, tranne un paio di pescatori che nulla potevano fare.

E raggela il sangue pensare che l’ultima vittima accertata, la 94esima, recuperata questa mattina, sia stata notata sul bagnasciuga da una donna che faceva una passeggiata sulla spiaggia. Non è neppure immaginabile in che condizioni fosse quel corpo, in mare per quasi due mesi, senza neppure la pace di una tomba in cui giacere per sempre. Cibo per i pesci. È questo il tragico destino di migliaia di persone che continuano a rischiare la vita per sfuggire alla morte per miseria o per mano dei loro aguzzini di Stato.


E mentre il ricordo e l’emozione dei fatti di Cutro già si affievolisce per lasciare spazio ad altri affanni, il mare sembra centellinare la restituzione dei corpi per evitare che ciò accada troppo in fretta. Un promemoria terribile che costringe i giornali ad aggiornare di volta in volta il numero totale dei morti, ricordandoci ciò che dovrebbe essere indimenticabile.

Sono passati 50 giorni, e a quanti “scafisti” sia stata data la caccia per tutto il «globo terracqueo» non si sa. Intanto continuano ad arrivare, a migliaia. Quasi 20mila da gennaio in Calabria. Continuano ad arrivare, nell’indifferenza dell’Europa e nell’imbarazzato silenzio social di chi fino a qualche mese fa schiumava rabbia contro “l’invasione” e inneggiava ai blocchi navali, credendo senza ombra di dubbio a chi li prometteva.

Anche questo ricordo si sta affievolendo, anche le colpe e le responsabilità stanno degradando verso la routine. Ma basta passeggiare su una spiaggia esposta alla disperazione delle rotte migratorie per inciampare in un cadavere ridotto a scheletro come si inciampa in un legno calcinato dal sole.

Su quelle spiagge a breve torneranno gli ombrelloni colorati e le grida felici dei bambini, i selfie in bikini e la musica a tutto volume dei lidi che odorano di crema solare e salsedine. E anche allora il mare potrebbe decidere di presentarci un nuovo nodo al fazzoletto, affinché ancora non si dimentichi che lì, proprio lì, è naufragato un pezzetto di Umanità.

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