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Uomini dello Stato vittime della ’ndrangheta, pagarono con la vita la lotta alla mafia: ecco chi sono

Ecco chi sono i 14 eroi che caddero nello scontro contro la 'ndrangheta in Calabria e fuori dalla nostra regione. Militari e magistrati che hanno pagato con la loro vita l'attaccamento agli ideali Repubblicani e democratici. Stasera nuova puntata di Mammasantissima "Donne e sangue"

Redazione
28 febbraio 202315:32
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Uomini dello Stato vittime della ’ndrangheta, pagarono con la vita la lotta alla mafia: ecco chi sono

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Stava bevendo un caffè nella piazza del paese dove prestava servizio, a Delianuova nel Reggino, quando il fratello di due ‘ndranghetisti che aveva arrestato all’inizio dell’anno lo uccise per vendetta. Così venne assassinato l’1 settembre del 1951 il maresciallo Antonio Sangeniti, nato 41 anni prima a Petrizzi, in provincia di Catanzaro. A ucciderli Angelo Macrì, fratello dei Rocco e Giuseppe, finiti in carcere nei primi mesi del 1951, e di Gianni ucciso nel corso di un conflitto a fuoco con i carabinieri. Macrì sparò contro Sangeniti 4 colpi con una Beretta calibro 9 colpendolo al torace. Alcuni presenti tentarono di soccorrerlo, ma per il graduato dell’Arma non ci fu più niente da fare. Morì poco dopo. Il giorno dell'omicidio Antonio Sangeniti si trovava in licenza.

Francesco Ferlaino

Francesco Ferlaino viene ucciso il 3 luglio 1975, divenendo il primo magistrato ammazzato dalla ’ndrangheta. Aveva sessantuno anni. L’agguato venne compiuto a Nicastro, frazione di Lamezia Terme, quando si trovava in auto a pochi minuti da casa. Ad ucciderlo alcuni sicari a colpi di fucile. Killer che dopo 48 anni sono ancora senza nome. Ferlaino aveva lasciato il tribunale di Catanzaro dove lavora per raggiungere la sua abitazione a bordo della Fiat 124 di servizio guidata dall’appuntato dei carabinieri Felice Caruso. Il magistrato, sceso dall’auto verso le 13:30 e a pochi metri dal palazzo nel quale abitava e nel quale lo stavano aspettando per pranzare i suoi cinque figli, in corso Nicotera, da un’Alfa di colore il killer scarica due colpi di lupara alla schiena del magistrato e lo uccide. 

Vincenzo Caruso e Stefano Condello

Stefano Condello e Vincenzo Caruso sono stati uccisi nel conflitto a fuoco seguito alla scoperta di un summit di mafia in contrada Razzà, a Taurianova, nel Reggino. I due carabinieri sono morti dopo aver sventato un summit dei clan che si stava tenendo in una zona agricola della piana di Gioia Tauro. Era l’1 aprile del 1977: tre militari del Nucleo radiomobile della compagnia di Taurianova, durante il giro di controllo scorgono alcune vetture parcheggiate e si insospettiscono perché una di quelle è intestata a un pregiudicato. Per questo motivo l’appuntato Stefano Condello (47 anni) decide di fermarsi per ispezionare la zona insieme al collega Vincenzo Caruso (27 anni), lasciando Pasquale Giacoppo (24 anni) a controllare l’auto. I due militari capiscono che è in corso un summit di ‘ndrangheta. I due uomini dell’arma vengono raggiunti da una pioggia di fuoco. Condello viene ferito alle spalle mentre Caruso, dopo aver ucciso due aggressori, viene ammazzato. 

Bruno Caccia

Bruno Caccia è il magistrato che fu assassinato a Torino da un commando sotto la sua abitazione. All'epoca era a capo della procura cittadina ed era conosciuto per la determinazione e l'intransigenza con cui svolgeva il proprio lavoro. La Cassazione ha avvalorato le conclusioni degli inquirenti, secondo i quali il delitto portava la firma della criminalità organizzata. Già nel 1992 era stato condannato in via definitiva al carcere a vita un presunto boss, Domenico Belfiore di Gioiosa Jonica, in qualità di mandante. Rocco Schirripa fu arrestato nel 2015. Per lui l'ergastolo è diventato irrevocabile nel 2020. Domenica 26 giugno 1983 Bruno Caccia aveva, come era solito fare, deciso di concedere un giorno di riposo alla propria scorta. Intorno alle 23.30, mentre portava a passeggio il proprio cane era stato affiancato da una macchina (una Fiat 128 di colore verde) con almeno due uomini a bordo. Muore dopo essere stato raggiunto da 14 colpi, alcuni esplosi a distanza ravvicinata. Soltanto un mese prima dell’omicidio aveva revocato la domanda per il posto di Procuratore Generale di Torino. Dopo le dichiarazioni di Schirripa, la procura generale di Torino nel luglio dello scorso anno ha deciso di riaprire le indagini.

Carmine Tripodi

Il brigadiere dei carabinieri Carmine Tripodi è stato ucciso dalla ‘ndrangheta a San Luca nel febbraio del 1985 a soli 25 anni.  Il militare stava rientrando a casa ed era in macchina lungo la provinciale che da San Luca lo avrebbe condotto alla zona marina del paese della Locride. La sua auto fu bloccata da un commando che gli sbarrò la strada e sparò contro. Anche se ferito, riuscì a reagire estraendo la pistola d’ordinanza e ferendo uno dei sicari. In poco tempo vennero individuati ed arrestati i suoi presunti assassini, tutti appartenenti alle locali cosche, ma nei processi che si svolgeranno negli anni seguenti verranno tutti assolti e quel delitto rimane ancora oggi irrisolto. Fortemente impegnato ad arginare l’ondata dei sequestri di persona sui crinali dell’Aspromonte negli anni ’80, riuscì ad assicurare alla giustizia diversi esponenti delle più note famiglie di ndrangheta coinvolte.

Sergio Cosmai

Sergio Cosmai, nato a Bisceglie il 10 gennaio 1949, fu ucciso a Cosenza il 13 marzo 1985. Ammazzato dalla ‘ndrangheta mentre ricopriva il ruolo di direttore del carcere di Cosenza. Nelle prime ore del pomeriggio del 12 marzo 1985, Cosmai lasciò l’auto di servizio nel carcere di via Popilia dove risiedeva con la famiglia e si mise alla guida della sua Fiat Cinquecento gialla sulla statale 19 per andare a prendere la figlia a scuola. Nel tratto di strada che collega Cosenza a Roges di Rende venne raggiunto da undici colpi di calibro 38 sparati da due killer a bordo di una Golf; colpito alla testa, il direttore Cosmai perse il controllo dell’autovettura, uscendo fuori strada. Infine, venne raggiunto da altri colpi di arma da fuoco da uno dei due killer, sceso nel frattempo dall'auto. A nulla valsero i soccorsi e il trasporto in ambulanza. Cosmai morì per le gravi ferite il giorno seguente all'agguato, lasciando la moglie Tiziana, la figlia Rossella e il figlio Sergio, nato un mese dopo la sua morte.

Filippo Salsone

Filippo Salsone era in servizio nella casa circondariale di Reggio Calabria anche era stato inviato temporaneamente in servizio di missione al carcere di Napoli Poggioreale. Di ritorno a Brancaleone per trascorrervi alcuni giorni di congedo ordinario, il 7 febbraio 1986 alle 20,30, in compagnia della moglie e del figlio, stava facendo ritorno a casa con la propria autovettura. In prossimità dell’abitazione l’auto è diventato il bersaglio di una scarica di colpi di arma da fuoco che uccidono Filippo Salsone e feriscono gravemente il figlio. I colpi sono sparati con una lupara e una pistola. Il maresciallo Salsone aveva prestato servizio precedentemente in altri istituti penitenziari della Calabria, tra cui Cosenza, nel periodo in cui la mafia aveva ucciso il direttore Sergio Cosmai. Nel corso delle successive indagini è emerso il chiaro stampo mafioso dell’omicidio. Salsone riconosciuto dal ministero dell’Interno Vittima del dovere, il 12 maggio 2010 il maresciallo della penitenziaria è stato insignito di medaglia d’oro al merito civile alla memoria. A Filippo Salsone è intitolata la casa Circondariale di Palmi.

Rosario Iozia

Il vicebrigadiere Rosario Iozia è stato ucciso a Cittanova nell’aprile 1987. Era giunto alla stazione di San Giorgio Morgeto il 3 giugno 1985 e il 27 agosto successivo, appena venticinquenne, era stato trasferito alla guida della squadriglia di Cittanova. Nonostante la sua giovane età, si distinse da subito per la serietà, l’equilibrio e la correttezza del suo operato. Iozia, intorno alle ore 19 del 10 aprile 1987, mentre percorreva località Petrara del Comune di Cittanova diretto a Polistena, all’uscita di una curva notò alcuni individui che attraversavano un uliveto armati di fucili a canne mozze. Il militare arrestò l’auto e si mise a inseguirli. Questi non esitarono a sparargli contro due colpi di lupara uccidendolo. 

Pietro Ragno

È l’una di sabato notte del 10 luglio 1988, un’Alfetta del Nucleo radiomobile di della compagnia carabinieri di Gioia Tauro stava rientrando verso il comando. Allo svincolo dell’autostrada rallenta per imboccare la curva quando si scatena una tempesta di fuoco. Sparano più di venti colpi contro la gazzella da dietro i cespugli, dove un commando si era appostato. All’interno dell’auto ci sono due carabinieri: Pietro Ragno alla guida, sposato e papà di una bambina di quasi un anno, riesce a sfilare la pistola dalla fondina, ma muore prima di poterla usare. Il capo equipaggio, seduto a fianco, l’appuntato Giuseppe Spera, 32 anni di San Cipriano Picentino provincia di Salerno, anche lui sposato e padre di due figli, viene colpito ad una gamba, alle spalle e, per fortuna, di striscio alla testa. I killer, pare fossero in tre tutti armati di fucile automatico, sparano con fucili caricati a pallettoni contro il parabrezza, il fianco, il dietro della macchina dei carabinieri. 

Antonino Marino

Il brigadiere Antonino Marino aveva 33 anni quando venne ucciso a Bovalino. La sera del 9 settembre 1990 la festa si trasforma in tragedia. Marino, vestito in borghese, e la sua famiglia sono stati sorpresi in un momento di relax. Lui era seduto a godersi un po’ di fresco davanti alle montagne di Bovalino Superiore per la festa della Madonna. Intorno, moglie, figlio, amici e conoscenti per guardare i fuochi d'artificio, il via ufficiale dei festeggiamenti. Poco dopo la mezzanotte di un sabato il killer è piombato all'improvviso e, approfittando della baraonda, ha iniziato a sparare, dileguandosi poi nel buio. Marino fu colpito al torace ed allo stomaco, ferite letali che lo portarono alla morte, nonostante i medici dell’ospedale di Locri operarono per ore cercando di salvargli la vita. Nell’agguato rimasero feriti anche la moglie incinta, Rosetta Vittoria Dama e di striscio il figlio di 1 anno. Quel bambino oggi è un uomo, si chiama Francesco e, sulle orme del padre, è diventato ufficiale nell’Arma dei carabinieri.

Antonino Scopelliti

Il giudice Antonino Scopelliti è stato ucciso in un agguato il 9 agosto del 1991 in località Campo Piale a Campo Calabro, vicino Villa San Giovanni, dove il magistrato tornava ogni anno per trascorrervi le vacanze estive. Scopelliti era nato il 20 gennaio 1935, era sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione. Senza scorta, metodico nei suoi movimenti, Scopelliti ucciso mentre, a bordo della sua automobile rientrava in paese dopo avere trascorso la giornata al mare. Gli assassini, almeno due persone a bordo di una moto, appostati lungo la strada, sparano con fucili calibro 12 caricati a pallettoni. La morte del magistrato, colpito alla testa ed al torace, è istantanea. Secondo i pentiti della 'ndrangheta Giacomo Lauro e Filippo Barreca sarebbe stata la cupola di Cosa Nostra siciliana a chiedere alla 'ndrangheta di uccidere Scopelliti, che avrebbe rappresentato la pubblica accusa in Cassazione nel maxi processo a Cosa nostra. Cosa nostra, in cambio del favore ricevuto, sarebbe intervenuta per fare cessare la guerra di mafia che stava insanguinando Reggio Calabria. Dopo una serie di processi, killer e mandanti del suo omicidio rimangono senza nome. 

Renato Lio

Il 20 agosto 1991 l’appuntato dei carabinieri Renato Lio viene ucciso a Soverato mentre si trova in servizio con un collega. Intorno alle 2.30 la pattuglia del nucleo radiomobile composta dagli appuntati Lio e Francesco Baita ferma per un controllo un’automobile con tre persone a bordo che procedeva ad alta velocità. Mentre Baita controllava via radio i documenti dei tre uomini Lia era intento a perquisire l’automobile. Massimiliano Sestito, che guidata la macchina, spinse il carabiniere e prendendo una pistola nascosta sotto al sedile fece fuoco per tre volte uccidendo Renato Lio dandosi poi alla fuga. Gli altri due occupanti dell’auto, i cugini Grattà, che in quel momento erano in strada, si consegnarono dimostrando di essere estranei ai fatti. Sestito fu arrestato il 4 luglio del 1992 da latitante e successivamente condannato a 30 anni di carcere. 

Salvatore Aversa

Quel quattro gennaio del 1992 il corso di Lamezia Terme era affollato come sempre. La consuetudine del passeggio andava a braccetto con la corsa per i regali dell’Epifania. Anche il sovrintendente di polizia Salvatore Aversa e la moglie Lucia Precenzano avevano appena fatto incetta di doni per i nipotini ed erano stati a trovare una coppia di amici. Stavano rincasando a casa quando vennero uccisi con 15 colpi calibro 9, mentre stavano salendo in auto. I carabinieri giunti sul posto dopo avere ricevuto una telefonata trovarono la Peugeot 205 con la portiera anteriore aperta e all’interno riverso con la testa sul volante il corpo senza vita di Aversa. Dall’altro lato dell’auto, agonizzante sull’asfalto, la moglie che sarebbe morta durante il trasporto in ospedale. Il duplice omicidio dei coniugi Aversa è ancora una ferita aperta per Lamezia. Bisognerà aspettare il 2000 perché due collaboratori di giustizia della Sacra corona unita pugliese, Stefano Speciale e Salvatore Chirico, confessino di essere i killer per conto di Antonio Giorgi, presunto esponente dell’omonimo clan di San Luca, dietro la promessa dell’annullamento di un debito per droga. A tirare le fila di tutti i burattini sarebbe stato il boss Francesco Giampà poi condannato.

Antonino Fava e Vincenzo Garofalo

Il 18 gennaio del 1994, in un'Alfa 75 del Nucleo radiomobile di Palmi, giacevano i corpi senza vita degli appuntati Antonino Fava, 36 anni di Taurianova e padre di tre figli, e Vincenzo Garofalo, 31 anni di Scicli (Ragusa) e due figli, coperti da un lenzuolo bianco steso da una mano pietosa. Attorno all’automezzo, decine di loro colleghi, in divisa e in borghese, magistrati, prefetto, questore e uomini dei servizi, cercavano di dare una prima interpretazione, una traccia di lavoro, dinanzi a quell’agguato eseguito con freddezza, con tecnica terroristica a colpi d'arma da fuoco. Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, poco prima delle 200, erano partiti dal carcere di Palmi per ispezionare la corsia sud dell’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, fino a Villa San Giovanni, per garantire la sicurezza di un gruppo di magistrati di Messina giunti a Palmi per interrogare il pentito Luigi Sparacio. Fava e Garofalo, non appena si immettono sull’autostrada, si accorgono di essere seguiti da un’autovettura – una Fiat Regata, si scoprirà dopo – e lo comunicano ai loro colleghi in centrale. La Regata procede quasi attaccata all’Alfa 75 dei carabinieri, con gli abbaglianti accesi. Non c’è più il tempo di una seconda segnalazione in centrale: la berlina affianca la vettura del Nucleo radiomobile e si scatena l’inferno. Contro Antonino Fava e Vincenzo Garofalo verranno esplosi decine di colpi di fucile caricato a pallettoni e raffiche di mitra. Con il passare dei mesi, l’attacco contro i carabinieri assume i contorni di un ben più vasto disegno criminale che porterà lontano, fino ai nostri giorni, con le inchieste sulle stragi di Cosa nostra e di ‘Ndrangheta stragista. Un disegno terroristico avvalorato dai giudici di Reggio Calabria, che condanneranno all’ergastolo in primo grado il boss di Cosa nostra Giuseppe Graviano e il capo ‘ndrangheta di Melicucco (Reggio Calabria), Rocco Santo Filippone, quali mandanti del duplice omicidio dei carabinieri Fava e Garofalo, «frutto della visione comune di Cosa nostra e ‘Ndrangheta, che avevano tentato di coinvolgere anche la camorra. Tre efferati attacchi per unico disegno eversivo».

Ecco chi sono i 14 eroi che caddero nello scontro contro la 'ndrangheta in Calabria e fuori dalla nostra regione. Militari e magistrati che hanno pagato con la loro vita l'attaccamento agli ideali Repubblicani e democratici. Stasera nuova puntata di Mammasantissima "Donne e sangue"
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Blitz dei Carabinieri di Paola: preso nel centro storico un 32enne accusato di sequestro di persona. Multato anche un locale per lavoro nero e scarsa igiene.
Redazione
27 ottobre 2025
Ore 09:06
Arrestato a Cetraro ricercato messicano: doveva scontare 15 anni in Germania
Il sistema lombardo

«La ’ndrangheta cercava qualcosa di politico a destra»: il pentito Scarface racconta il tentativo di agganciare Santanché

Nei verbali di William Cerbo ci sono riferimenti al tentativo di due uomini considerati vicini ai clan campani e calabresi di avvicinarsi ad ambienti di Fratelli d’Italia. I suoi dubbi («quelli sono ciarlatani») e i movimenti di Giancarlo Vestiti e Santo Crea documentati nell’inchiesta Hydra
Pablo Petrasso
27 ottobre 2025
Ore 08:45
«La ’ndrangheta cercava qualcosa di politico a destra»: il pentito Scarface racconta il tentativo di agganciare Santanché\n
l’inchiesta

Cosenza, false prestazioni previdenziali. Arrestato un uomo, sequestrati 1,5 milioni

Avrebbe redatto documenti e perizie falsi con l’obiettivo di consentire a diversi soggetti di ottenere indebitamente sussidi e benefici previsti dalla legge 104
Redazione
27 ottobre 2025
Ore 08:11
Cosenza, false prestazioni previdenziali. Arrestato un uomo, sequestrati 1,5 milioni
Sport e solidarietà

“Forza Rocco”, il calcio si stringe attorno all’undicenne di Acri caduto da un balcone a Roma

Durante la partita di Promozione tra Corigliano e Acri, cartelli e striscioni in segno di vicinanza verso il giovane portiere, ricoverato in terapia intensiva pediatrica al Bambino Gesù
Francesco Roberto Spina
27 ottobre 2025
Ore 07:13
“Forza Rocco”, il calcio si stringe attorno all’undicenne di Acri caduto da un balcone a Roma\n
LA TESTIMONIANZA

Lo sfogo dello streamer cosentino Saetta: «Mio fratello bullizzato fra i banchi di scuola» | VIDEO

Il giovane, che conta 40mila followers su Instagram e su Twitch è in rapida ascesa, affida ai social il proprio sfogo: «Lo facevano denudare in videocall e lo riprendevano, ma i genitori dei compagni negavano tutto»
Francesco La Luna
27 ottobre 2025
Ore 05:30
Lo sfogo dello streamer cosentino Saetta: «Mio fratello bullizzato fra i banchi di scuola» | VIDEO
Tragedia

Cosenza, 65enne avverte un malore tra gli stand della Festa del Cioccolato: arriva in Pronto soccorso e muore

Un volontario della Misericordia di 65 anni è deceduto in ospedale. Inutili i tentativi di rianimarlo da parte del personale sanitario
Redazione
26 ottobre 2025
Ore 20:45
Cosenza, 65enne avverte un malore tra gli stand della Festa del Cioccolato: arriva in Pronto soccorso e muore\n
Blitz nel Tirreno cosentino

Cetraro, catturato Alessio Ricco: era latitante da circa un anno e mezzo

L’uomo in passato era stato coinvolto in operazioni contro il narcotraffico nell’ambito delle indagini su presunte associazioni a delinquere che avrebbero agevolato il clan Muto
Antonio Alizzi
26 ottobre 2025
Ore 16:25
Cetraro, catturato Alessio Ricco: era latitante da circa un anno e mezzo\n
Evasione fiscale

Fatture false a Castrolibero e sequestro da 164mila euro: le indagini della procura di Cosenza

Il gip di Cosenza ha disposto nei giorni scorsi l’interdizione e il sequestro per un imprenditore cosentino accusato di evasione fiscale legata a operazioni inesistenti nella società Cost S.r.l.
Antonio Alizzi
26 ottobre 2025
Ore 12:45
Fatture false a Castrolibero\u00A0e sequestro da 164mila euro: le indagini della procura di Cosenza\n
Memoria dolorosa

Soriano, 13 anni fa veniva ucciso Filippo Ceravolo. Il papà: «Qualcuno ancora ride di questo dolore»

La cerimonia per ricordare il giovane vibonese vittima innocente di mafia. Parole di vicinanza anche da parte dell'Amministrazione comunale. Il vice sindaco Alessandria: «Era un figlio, un fratello, un amico. Aspettiamo la verità»
Vincenzo Primerano
25 ottobre 2025
Ore 18:39
Soriano, 13\u00A0anni fa veniva ucciso Filippo Ceravolo.\u00A0Il papà: «Qualcuno ancora ride di questo dolore»\n
I controlli

Reggio Calabria, sequestrati oltre 2500 articoli di Halloween ritenuti pericolosi e non conformi alle norme

Denunciato il titolare del negozio in cui erano in vendita i prodotti: per lui sono anche scattate sanzioni amministrative per violazione del Codice del consumatore per un importo complessivo di 3mila euro
Redazione Cronaca
25 ottobre 2025
Ore 17:38
Reggio Calabria, sequestrati oltre 2500 articoli di Halloween ritenuti pericolosi e non conformi alle norme\n
L’intervento

Ciclone Gratteri all’assemblea dell’Anm: «Vogliono trasformare i pm in burocrati. Basta convegni-passerella, parlate alla gente»

Dalle bacchettate all’associazione dei magistrati, al caso “Lezioni di mafie”. La scuola di magistratura «che funzionava meglio quando era gestita dal Csm» e la possibilità di vincere il referendum: «Ci sono sei punti di distacco tra il Sì e il No, ce la possiamo fare»
Alessia Truzzolillo
25 ottobre 2025
Ore 17:23
Ciclone Gratteri all’assemblea dell’Anm: «Vogliono trasformare i pm in burocrati. Basta convegni-passerella, parlate alla gente»\n
L’incidente

Lamezia, esplosione in un appartamento per una fuga di gas: 70enne gravemente ustionato

Sul posto personale del 118, vigili del fuoco e polizia. L’uomo è stato trasferito a Catania per le ferite riportate
Redazione Cronaca
25 ottobre 2025
Ore 17:00
Lamezia, esplosione in un appartamento per una fuga di gas: 70enne gravemente ustionato\n
Il lutto

Serra schiacciata dal dolore: in un silenzio irreale a centinaia hanno dato l’addio a Salvatore e Lucia

In un clima di profonda commozione si sono svolti questo pomeriggio i funerali dei due coniugi morti in un incidente sulla Jonio-Tirreno. Domani le esequie a Sorianello della terza vittima
Redazione
25 ottobre 2025
Ore 16:29
Serra schiacciata dal dolore: in un silenzio irreale a centinaia hanno dato l’addio a Salvatore e Lucia\n
Il ricordo

Tredici anni senza Filippo, vittima innocente di mafia. La famiglia Ceravolo attende disperatamente giustizia

Il 25 ottobre 2012 il giovane di Soriano Calabro è rimasto ucciso in un agguato di ‘ndrangheta. La sua sola colpa è stata quella di aver accettato un passaggio dalla persona sbagliata
Alessia Truzzolillo
25 ottobre 2025
Ore 15:37
Tredici anni senza Filippo, vittima innocente di mafia. La famiglia Ceravolo attende\u00A0disperatamente\u00A0giustizia\n
Davanti al gip

Omicidio a Lamezia, lunedì udienza di convalida del fermo per Pasquale Colelli: si indaga ancora sul movente

Il 30enne si è costituito ieri come autore dell’assassinio di Emiliano Torcasio, 52 anni, ucciso con una decina di coltellate nella notte tra giovedì e venerdì
Redazione Cronaca
25 ottobre 2025
Ore 13:45
Omicidio a Lamezia, lunedì udienza di convalida del fermo per Pasquale Colelli: si indaga ancora sul movente\n
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La verità di Mantella: «La ’ndrangheta voleva i terreni di Maria Chindamo per prendere i contributi ma lei era una tosta, non cedeva»

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