Sanità Calabria

Vaccino anti-bronchiolite a pagamento, dopo le polemiche il ministero ci ripensa ma la questione non è ancora risolta

L'ostacolo è la legge che impedisce alle regioni in Piano di rientro di somministrare prestazioni non comprese nei Lea come il farmaco sperimentale contro il virus. Intanto monta la polemica. Per Irto e Bruni (Pd) è una «intollerabile discriminazione». Occhiuto tace mentre la Puglia ha deciso di finanziare la campagna vaccinale con fondi propri

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di Massimo Clausi
19 settembre 2024
18:07

Vaccino anti-bronchiolite a pagamento per alcune regioni, anzi no. È diventata molto intricata la questione del vaccino anti bronchiolite per i neonati. Il 18 settembre scorso il ministero della Salute aveva bloccato la somministrazione gratuita del siero. Non a tutti, però. Con una nota inviata ai direttori regionali della sanità, Americo Cicchetti, direttore del dipartimento del farmaco, aveva ordinato infatti lo stop della campagna vaccinale nelle regioni in piano di rientro. Stiamo parlando di Puglia, Lazio, l’Abruzzo, il Molise, la Campania, la Calabria e la Sicilia. Le altre regioni, quasi tutte quelle del centro nord, possono farlo «a condizione che la somministrazione sia garantita con risorse a carico dei bilanci autonomi regionali, aggiuntive rispetto al fondo sanitario regionale». In giornata a Roma hanno fatto un passo indietro, avviando un percorso per rendere il farmaco gratuito per tutti. La questione, però, non è ancora chiusa e ha infuocato la giornata politica. La magagna è burocratica.

Il vaccino non rimborsabile

Il vaccino che contiene l'anticorpo monoclonale che si chiama Nirsevimab è un farmaco innovativo non inserito nel piano nazionale prevenzione vaccinale, quindi ancora non inserito nei Lea e non rimborsabile. Da qui la circolare del direttore del farmaco. Sì, perché esiste attualmente una normativa restrittiva per le regioni in piano di rientro che rende al momento difficoltosa l'erogazione di farmaci non compresi nei Lea.
Di fronte a questa situazione qualche Regione si è già mossa, come ad esempio la Puglia che ha già deciso, con una legge autonoma, di far partire la campagna contro un virus che colpisce proprio in autunno. Anche la Sicilia aveva ordinato 35mila dosi per 8 milioni di euro In Calabria, invece, il presidente/commissario al Piano di Rientro, Roberto Occhiuto, sul punto non si è ancora mosso. 


Irto: «Discriminazione intollerabile»

Nel frattempo sono montate le reazioni. «Il ministro della Salute assicuri a tutti i neonati la somministrazione del vaccino contro la bronchiolite, che è un’infezione virale molto insidiosa, specie nei primi mesi di vita del bambino». È diretta la richiesta del senatore dem Nicola Irto.
«Qui siamo davanti – osserva Irto – a un atto gravissimo, a una discriminazione intollerabile. Da un lato, infatti, si blocca la campagna vaccinale in argomento nei territori, come la Calabria, più deboli e svantaggiati a livello sanitario. Dall’altro lato, invece, si consente l’utilizzo del vaccino in questione nelle regioni più ricche, a carico dei rispettivi bilanci. Ciò significa differenziare i diritti dei bambini appena nati, la cui salute deve essere una priorità di ogni governo».

L'affondo di Amalia Bruni

Anche la vicepresidente della Commissione Sanità del Consiglio Regionale della Calabria, Amalia Bruni, interviene sulla questione, aggiungendo dati scientifici. «Non dobbiamo perdere di vista una drammatica realtà: la mortalità perinatale in Calabria è il doppio rispetto a quella della Toscana e le normative attuali ci penalizzano gravemente. Ad esempio, non riusciamo a garantire gli screening neonatali per alcune malattie rare che oggi, grazie a terapie efficaci, potrebbero assicurare una vita normale ai bambini. È il caso dell'atrofia muscolare spinale (Sma), una patologia che rientra in questa situazione. Per troppo tempo abbiamo continuato a fare calcoli matematici approcciando alla sanità con metodi da ragionieri: non possiamo dimenticare le storie e le vite umane che ne sono colpite», incalza Bruni.
Secondo la consigliera dem, il mancato aggiornamento del piano di rientro è alla base di molte delle criticità attuali: «Questa vicenda dimostra ciò che stiamo proponendo sin dalle scorse elezioni: la prima cosa da fare era ricontrattare e aggiornare il piano di rientro. Invece, si è scelta la strada più facile: essere nominato commissario».
«Quando gli errori della politica ricadono sul destino dei bambini, discriminati per ceto sociale e collocazione geografica, allora ha fallito la società intera. E questo è solo un assaggio di quello che accadrà con l’Autonomia Differenziata», conclude Bruni.

Talerico: «Grave blocco vaccinale»

Della vicenda si è accorto anche qualche membro della maggioranza. In particolare il consigliere regionale di FI, Antonello Talerico.«Si tratta di un provvedimento inaccettabile e discriminatorio - scrive in una nota -  poiché per un neonato di Milano sarà possibile vaccinarsi ma non lo sarà per un qualsiasi neonato calabrese. Se poi si pensa che tale farmaco – che si somministra entro il primo anno di vita - viene utilizzato per fermare le complicanze del virus respiratorio sinciziale in età pediatrica,  responsabile delle bronchioliti che in inverno riempiono i reparti di Rianimazione pediatrica, ci si rende conto della gravità del detto blocco vaccinale». 

Il dietrofront al ministero della Salute

In mattinata, visto come sono montate le proteste, il Ministero ha fatto un dietro front con una nuova circolare, ma la questione è tutt’altro che risolta. Nella nota del direttore dell’agenzia del farmaco si chiarisce infatti che «in considerazione dei possibili profili di iniquità territoriale nell'accesso alle terapie basate sull'anticorpo monoclonale Nirsevimab-Beyfortus, utilizzato per la cura delle infezioni di virus respiratorio sinciziale (Vrs) in età pediatrica, derivabili dall'applicazione della nota del 18 settembre, il ministero ha già avviato le opportune interlocuzioni con l'Agenzia Italiana del Farmaco e la Direzione Generale della Prevenzione dello scrivente Ministero, al fine di garantire un equo e tempestivo accesso per i pazienti a tutte le terapie approvate che mostrano adeguati profili di appropriatezza, sicurezza ed efficacia su tutto il territorio nazionale».

Il problema, come detto, è la normativa restrittiva per le Regioni in piano di rientro che rende difficoltosa l'erogazione di farmaci non compresi nei Lea per le Regioni in piano di rientro. Per superare l’ostacolo, ha fatto sapere il ministero, è prevista per oggi una riunione tra i dipartimenti della Prevenzione e della Programmazione. C’è da sperare che si trovi una soluzione definitiva.

Giornalista
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