‘Ndrangheta

La profezia dopo la scoperta della cimice della Dda nel giardino delle “mangiate”: «La chiameranno operazione Garden»

Tra gli episodi chiave dell’inchiesta di Reggio Calabria che ha portato all’arresto di 27 persone emerge anche il casuale rinvenimento da parte degli indagati della microspia nel luogo in cui si consumavano gli incontri del clan Borghetto-Latella: «È una bomba. Cosa avranno ascoltato?»

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di Elisa Barresi
15 novembre 2023
10:15

«In data 5 gennaio 2021, in una conversazione nel corso della quale gli astanti commentano il rinvenimento dell'ambientale e, ben consapevoli delle attività e riunioni dai contenuti illeciti che si verificavano in quel giardino, ipotizzavano addirittura quale potesse essere il home convenzionale di un'eventuale operazione di PG a loro carico, ossia "Operazione Garden"». L’inchiesta “Garden” ha messo a nudo le articolazioni mafiose e gli interessi delle cosche Borghetto – Latella.  

Nelle carte relative alle indagini che hanno portato all’arresto di 27 personeemerge come ci fosse un luogo preciso dove avvenivano riti di affiliazioni e riunioni della cosca. Il ritrovamento di una microspia fa perdere lucidità a boss e sodali che, confrontandosi sul congegno scovato, lasciano emergere diversi timori. 
«LANZO Massimo: ma ti dico che è stata una cosa che non ci immaginavamo proprio…tu pensa che il Dottore (Tripodi Marcello) ha detto... "una bomba è" e io l'ho tirata con la scopa e ho detto...cos'è sta cosa pesante e poi Aldo ha preso e l'ha presa così… ...omissis...
Perla: eravamo presi a male...non parlava più nessuno, tipo cimitero eravamo… io gli ho detto a Massimo... possono fare qualche "Operazione Garden" sì... "Garden"».


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Per gli inquirenti la cosa suscitava enorme preoccupazione e induceva a riflettere su quali potessero essere le conseguenze giudiziarie e, soprattutto, sui tempi di installazione della microspia. «Speravano molti dialoghi e attività evidentemente illeciti non potessero essere stati captati. Si soffermavano con terrore sulla possibilità che potesse essere stata ripresa la "mangiata", assai significativa in termini 'ndranghetistici, alla quale avevano partecipato tutti ("eh speriamo che è negli ultimi giorni, no Giorgio?... vabbè non penso da allora, da quando sono venuti e abbiamo mangiato l'anno scorso tutti')».

Dalle intercettazioni emerge come Antonino Idotta e Matteo (Giorgio) Perla «cercavano di ostentare sicurezza, evidenziando che le conversazioni più compromettenti erano avvenute in altro luogo, ma con una certa preoccupazione si riferivano a quanto accaduto in occasione dell'ultima visita di Michele Irto  [IDOTTA A.: vabbè non è che poi pure ha parlato chissà di che cosa là si parla sempre PERLA M: quando è venuto Michele...]. In ogni caso, Idotta, preoccupato, si diceva pronto ad avvertire Borghetto ed a raccomandargli di non uscire più di casa ("ora glielo dico stai a casa e non ti muovere da casa, sentimi a me gli dico'), trovando l'assenso del Perla che incalzava ("qua che non compaia più"), rammaricandosi del fatto che Borghetto era solito parlare troppo soprattutto nella zona della porcilaia: "qualche discorsetto l'ha fatto pure lui là nei maiali (inc) sempre che parla è lui"».

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In diversi passaggi vengono evidenziati precisi e chiari riferimenti del Borghetto alle “mangiatine per il maiale”, che «come da notorio giudiziario, sono occasioni per vere e proprie riunioni mafiose, e cercava di trovare una eventuale giustificazione da fornire agli inquirenti ai quali avrebbe detto che si era recato in quel luogo solo per partecipare ai pranzi a seguito della macellazione del maiale. Ci si chiede, dunque, questo: se quelle mangiate erano assolutamente lecite e non avevano contenuti penalmente rilevanti quale era la ragione per la quale il Borghetto avrebbe dovuto giustificarsi con gli inquirenti asserendo che aveva partecipato a mangiate lecite».
Perla cercava di tranquillizzare Borghetto, avvisandolo che «in quel luogo non stava andando più nessuno ("(inc) non vengono più (incl"), in tal modo peraltro indirettamente confermando che prima il luogo era molto e mal frequentato, e Borghetto, dal canto suo, replicava, cercando anche di tranquillizzare se stesso, che, comunque, in quel luogo non avevano mai parlato di cose particolari ("(inc) non doveva venire quello là (inc) ma chi ha parlato là (inc) (...) ho capito ma non si è parlato mai di niente là (inc'). Dimenticando, come immediatamente gli rammentava Perla che dentro la serra c'era stato l'incontro con Michele Irto ed il pagamento della mazzetta dentro la serra (inc)")».

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Un giardino diventato punto di incontro per la cosca. Infatti, non è passata inosservata agli inquirenti la presenza di «Saraceno insieme ad accoliti della cosca Borghetto-Latella, compreso Cosimo Borghetto, ancora presso il famigerato giardino di Matteo Perla e la sua battuta alla fine dell'incontro ("adesso ci voleva una volante qua fuori al cancello e... inc..."). Saraceno, dunque, ben consapevole della caratura mafiosa di tutti i presenti, lui compreso, ed evidentemente dell'illiceità degli argomenti trattati all'interno di quel covo, temeva che fuori dal cancello potesse esserci una volante delle Forze dell'Ordine che li avrebbe colti tutti in fallo, mettendo in evidenza chiaramente il rischio elevato al quale si erano sottoposti incontrandosi alla chetichella in quel luogo».

Giornalista
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