Reggio Calabria

Sale su una gru e minaccia di gettarsi nel vuoto: «Quando l’ingiustizia diventa legge, ribellarsi è un dovere»

L'uomo, un imprenditore del posto, è salito sul macchinario utilizzato per il sollevamento e lo spostamento di merci e materiali del costruendo palazzo di giustizia. Qui ha anche appeso uno striscione: «Giustizia giusta la cerco la voglio»

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di Redazione
4 settembre 2023
08:23

Un imprenditore Francesco Gregorio Quattrone, di 66 anni, già proprietario del locale "Arca di Joli" e coinvolto in passato nel processo "Olimpia", da cui è stato prosciolto e, nel 2012, finito al centro dell'inchiesta "Entourage" condotta della Dia che gli ha sequestrato beni per circa 20 milioni di euro, è salito stamane per protesta a Reggio Calabria su una gru del cantiere del nuovo palazzo di Giustizia in costruzione davanti al Cedir, sede degli uffici giudiziari reggini.

Questo gesto estremo è stato accompagnato da un messaggio esposto su uno striscione appeso alla gru dallo stesso uomo: «Giustizia giusta la cerco la voglio - si legge -. Quando l'ingiustizia diventa legge, ribellarsi è un dovere al diritto». 


Dopo qualche ora, Quattrone è sceso ponendo fine alla sua protesta. Pur essendo stato assolto nel secondo processo, i beni di Quattrone sono stati confiscati al termine del procedimento parallelo, e slegato dal processo penale, istruito davanti alla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria. Già a fine 2022, l'imprenditore si era incatenato davanti agli uffici giudiziari ed era stato ricevuto pure dal procuratore Giovanni Bombardieri.

Oggi l'ennesima protesta accompagnata anche da un video messaggio pubblicato sulla sua pagina Facebook. «Io sono Quattrone Francesco Gregorio - aveva afferma nel filmato postato sul canale social - l'imprenditore derubato da questa ingiustizia italiana. Oggi è il 4 settembre 2023 e io, come avevo anticipato giorni addietro, sono qui, a circa 20 metri a rischiare la mia vita. Ne vale la pena».

«Sono qui - ha aggiunto - a farmi notare perché stamattina vorrei parlare con qualcuno di Mediaset e non con i giudici. Soprattutto quelli che hanno approvato la mia ingiustizia fino a oggi. Io starò qua, rischierò quello che rischierò perché, per me, per i miei sacrifici per quelli dei miei genitori, dei miei figli e di mia moglie, ne vale la pena. Io non chiedo niente se non un po' di voce e di visualizzazioni sui media».

 

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