L’inchiesta

Sebi Romeo e le «riunioni sospette» con Oddati e l’imprenditore campano interessato agli appalti in Calabria

Le accuse della Procura di Napoli all’ex capogruppo del Pd in consiglio regionale. Per il politico i pm avevano chiesto gli arresti domiciliari. Il gip: «Il suo è un ruolo minore e più circoscritto»

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di Pablo Petrasso
15 gennaio 2024
16:18

Il coinvolgimento di Sebi Romeo nell’affaire degli appalti truccati a Pozzuoli è «minore e più circoscritto» rispetto a quello dei principali indagati. Per l’ex consigliere regionale del Pd la Procura di Napoli aveva chiesto l’applicazione degli arresti domiciliari, misura che il gip ha negato scegliendo quella più lieve della presentazione alla polizia giudiziaria.

Sarebbero stati i rapporti con Nicola Oddati, ex coordinatore nazionale della segreteria del Pd, a inguaiare l’ex capogruppo dem in consiglio regionale. Oddati è uno dei principali indagati nell’inchiesta: i magistrati lo definiscono «uno spregiudicato esponente politico costantemente al soldo di Salvatore Musella, uno «scaltro imprenditore» di Pozzuoli, pronto ad accontentare Oddati «per ogni richiesta o intervento di interesse a pagargli sia delle somme in denaro periodiche, sia ad assecondare ogni richiesta di questi, dalle automobili ai soggiorni alberghieri, dai conti del sarto ai lavori a casa della compagna».


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Il rapporto Oddati-Romeo e l’incontro con Musella

Il rapporto strettissimo tra l’allora dirigente nazionale del Pd e l’imprenditore permea l’inchiesta. E anche le accuse rivolte dalla Procura a Romeo, individuato come «tramite» per agganciare le stazioni appaltanti d’interesse di Salvatore Musella.

In particolare, risulterebbero «serrati contatti tra Oddati e Romeo», assieme a messaggi dal testo «sibillino». Nelle chat tra i due «si apprende anche di diversi incontri dal vivo, monitorati con attenzione dagli inquirenti». Uno degli appuntamenti «con la presenza di Musella» sarebbe avvenuto a Battipaglia il 30 dicembre 2021. Romeo, secondo gli investigatori, avrebbe «percorso circa 400 chilometri» per partecipare a quell’incontro che viene annoverato tra le riunioni “sospette”. Qualche tempo dopo viene registrata un’altra riunione: accade poco dopo la perquisizione della polizia nella quale Oddati viene beccato con 14mila euro in uno zaino. Il politico offre una spiegazione «non convincente e non fondata» dei fatti. Sono gli investigatori a mettere in relazione quella riunione con il ritrovamento del denaro. Ma sottolineano che «l’avvenuta interruzione delle intercettazioni ha impedito di accedere agli sviluppi ulteriori». Insomma, non si può provare che quell’incontro tra Oddati e Romeo fosse stato organizzato per scambiare il denaro trovato nell’auto dell’ex dirigente nazionale del Pd.  

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Romeo e le «riunioni sospette» con Oddati e Musella

Il gip, tuttavia, sottolinea che l’ex consigliere regionale del Pd avrebbe avuto una «diretta relazione» con Salvatore Musella, amministratore della Cytec srl, azienda direttamente coinvolta nell’appalto del Rione Terra, attorno al quale ruota l’inchiesta che ha portato all’arresto di Oddati. Il rapporto tra il politico di Reggio Calabria e Musella sarebbe stato favorito «dalla intermediazione e dalle influenze di Oddati, che avevano condotto a una interlocuzione personale e a incontri tra il politico calabrese e l’imprenditore campano». Questi incontri si sarebbero «realizzati a più riprese, anche con la presenza di terzi soggetti, in grado di garantire il raggiungimento degli obiettivi di interesse di Musella per l’aggiudicazione delle gare di suo interesse».

Per il gip non si può dire che questa intermediazione «si sfociata in fattispecie di vera e propria corruzione di politici e amministratori calabresi, grazie alla partecipazione di Romeo». Il magistrato sottolinea comunque che l’ex capogruppo del Pd in consiglio regionale avrebbe «operato d’accordo con Oddati e in forza del proprio incarico politico proprio per agevolare l’imprenditore campano nelle sue mire verso commesse pubbliche in Calabria».

Sono due le considerazioni svolte dal giudice per le indagini preliminari. La prima riguarda la «condotta tenuta da Romeo nel periodo monitorato dalle indagini: pur senza adoperare il contenuto e gli esiti delle intercettazioni, infatti, può dirsi con evidenza che Romeo fu particolarmente pronto e disponibile a collaborare a quanto gli era richiesto dal suo autorevole collega di partito Oddati, affrontando lunghe e rapidissime trasferte e incontrando lo stesso Oddati, Musella e gli altri per fugaci ma quanto mai sospette riunioni, con tutta evidenza funzionali alla consegna di denaro». La seconda osservazione attiene al ruolo avuto da Romeo che, all’epoca dei fatti, aveva un ruolo all’interno della segreteria del partito. L’accusa attinge a fonti aperte per sottolineare che l’ex consigliere regionale dem rivestirebbe ancora questo incarico, nonostante non abbia più uno scranno a Palazzo Campanella. «Non risulta dunque – evidenza il gip – né che Romeo abbia lasciato la politica né che abbia assunto altri incarichi e funzioni incompatibili con essa». La valutazione del giudice è che Romeo sia ancora «nella posizione che gli aveva consentito di prendere parte al delitto a lui contestato e all’eventuale realizzazione anche di altre fattispecie analoghe».

Tuttavia, il coinvolgimento di Romeo nei fatti è «minore e più circoscritto» rispetto a quello dei principali indagati. E dunque la scelta ricade sull’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria, misura che «potrà svolgere una funzione di monito per gli indagati», dei quali sarà possibile comunque controllare i contatti e gli spostamenti.

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