Mezzo via libera

Migranti, dalla Ue un “ni” all’accordo Italia-Albania ma l’unica cosa certa è il costo: 100 milioni

Sono i soldi che ci vorranno per costruire i centri che dovranno accogliere temporaneamente le persone salvate in mare dal nostro Paese. Bruxelles esclude la violazione dei principi europei perché Tirana non fa parte dell’Unione

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di Massimo Clausi
16 novembre 2023
22:16
Il premier albanese Edi Rama e il presidente del Consiglio Giorgia Meloni
Il premier albanese Edi Rama e il presidente del Consiglio Giorgia Meloni

Arriva un mezzo via libera dalla commissione europea all’accordo siglato fra Italia e Albania per la realizzazione di centri per il trattenimento temporaneo dei migranti, gestiti dalle forze dell’ordine e dal personale sanitario italiano. La commissaria europea agli Affari Interni, Ylva Johansson si è rifugiata nel diritto sostenendo che l’accordo non viola i principi giuridici di Bruxelles semplicemente perché l’Albania non fa parte della Ue. In questi centri, quindi, verrà applicato il diritto italiano che è conformato ai principi europei.

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Una risposta burocratica, come accade spesso a Bruxelles, che non aggiunge molto all’acceso dibattito politico che l’annuncio della Meloni ha scatenato. Le opposizioni da giorni (esclusa ItaliaViva) chiedono a gran voce che l’accordo passi dal Parlamento, così come avvenuto a Tirana dove le Camere hanno ratificato l’accordo. Il Governo non è molto entusiasta di questa ipotesi ma alla fine pare che sarà il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a leggere una informativa in aula. Per la maggioranza di centrodestra non c’è bisogno di votazioni perchè non si tratta di un trattato internazionale e dunque non ha bisogno di ratifica come prevede la nostra Costituzione. Secondo alcune indiscrezioni Tajani potrebbe effettuare la sua comunicazione intorno al 21 novembre.


Ma il vero problema è che i contenuti dell’accordo sono per lo più oscuri. Ciò che si sa è che spenderemo 100 milioni per realizzare i centri in Albania e 100 milioni per realizzare i 20 Cpr previsti in Italia (in Calabria è stata scelta Crotone). Ma al di là dei costi i veri dubbi riguardano l’efficacia di questa misura che rischia di essere neutralizzata dalla difficoltà che abbiamo ad effettuare i rimpatri. I numeri su questo sono impietosi: su 145.000 immigrati, sbarcati nel nostro Paese quest’anno, siamo riusciti a rimpatriarne appena 4.000. Il problema sta nell’assenza di accordi sui rimpatri con i paesi del Nord Africa che rendono le pratiche molto complesse. L’impressione, allora, che terminato il periodo di trattenimento, i migranti vagheranno come irregolari per il Paese.

Bisognerà aspettare allora l’informativa di Tajani per capire i dettagli dell’accordo siglato la scorsa settimana fra Italia e Albania. Intanto dobbiamo registrare quanto accade in Gran Bretagna. La Corte suprema del Regno Unito ha dichiarato illegali le deportazioni di migranti in Ruanda, uno dei pilastri della strategia del governo britannico per gestire l’immigrazione, e il 'modello' dell’accordo sui migranti del governo Meloni con quello albanese. I cinque giudici hanno respinto all’unanimità il ricorso del ministero dell'Interno, confermando il precedente verdetto della Corte d’appello: il Ruanda non può essere considerato un Paese terzo sicuro, ravvedendosi un “rischio reale” che i richiedenti asilo vengano rimandati nei Paesi di origine, in violazione dei loro diritti umani. Un brutto colpo per il premier Rishi Sunak, che proprio sull’agenda immigrazione sta ricevendo moltissime critiche anche interne al suo partito.

Giornalista
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