Sanità Calabria

Ospedali con l’acqua alla gola: la Regione non trasferisce i fondi in tempo ma banche e fornitori battono cassa

La Cittadella non rispetta tempistiche e importi attesi. Le aziende sanitarie per non rischiare di finire in mora chiedono alle banche-tesorerie anticipazioni di cassa che però comportano il pagamento di interessi insostenibili (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Luana  Costa
14 marzo 2023
06:30

Interessi moratori per il ritardato pagamento delle fatture o interessi e commissioni per ottenere un’anticipazione di cassa? È questo il dilemma in cui si dibattono le aziende sanitarie e ospedaliere calabresi costrette a scegliere a chi versare centinaia di migliaia di euro: se alle ditte fornitrici di beni e servizi o alle banche che svolgono la funzione di istituto tesoriere.

Ospedali tra l'incudine e il martello

In un caso o nell’altro, si tratta di somme di denaro che potrebbero più utilmente rimanere nelle casse degli enti del servizio sanitario se la Regione si mostrasse maggiormente sollecita e puntuale nel versamento delle rimesse mensili. Una circostanza che con tutta evidenza non avviene, almeno a giudicare dall’ultima delibera pubblicata dall’azienda ospedaliera Pugliese Ciaccio di Catanzaro costretta, appunto, a chiedere all’istituto tesoriere un’anticipazione di cassa per evitare di incorrere nel pagamento degli interessi moratori ai fornitori.


Interessi e commissioni

Ma al prezzo però di versare alla banca interessi e commissioni per la messa a disposizione delle somme di denaro utili a coprire l’insufficiente liquidità di cassa. Secondo quanto si legge nell’atto, l’azienda ospedaliera, a seguito del riparto del fondo sanitario regionale, avrebbe diritto ad un finanziamento complessivo di 206 milioni di euro e ad una rimessa mensile di 17 milioni di euro. Ma dall’aprile dello scorso anno l’ospedale riceve ogni mese dalla Regione un stanziamento di 13 milioni.

«Operando in regime di sotto-finanziamento», è la conclusione a cui giunge il management aziendale, è impossibile «procedere al pagamento dei fornitori con conseguente incremento degli interessi moratori, nonché peggiorativa dell’indice di tempestività dei pagamenti». È questa una delle principali ragioni per cui la Calabria riceve costantemente bacchettate da Roma.

I tempi medi di pagamento

Nelle risultanze dei tavoli di verifica interministeriale non si perde occasione per osservare come il tempo medio di pagamento delle fatture superi di gran lunga i termini stabiliti dalla direttiva comunitaria. La media fornita nell’ultimo verbale del Tavolo Adduce parla di 82 giorni contro i 60 stabiliti per legge ma vi sono aziende che sforano anche i 100 giorni per pagare una fattura.

Ao Pugliese-Ciaccio sul podio

Maglia nera il policlinico universitario con una media di 188 giorni, alle sue spalle si piazza l’azienda ospedaliera Pugliese Ciaccio con una media di 149 giorni e, infine, sul podio ci sale anche l’Asp di Reggio Calabria che per pagare una fattura ci impiega in media 111 giorni. Settimane e mesi che alimentano la spirale degli interessi di mora: somme di denaro che le aziende sono costrette a versare in più sugli importi da corrispondere ai fornitori a causa del ritardo con cui pagano le fatture.

Il ricorso alle banche

Per sfuggire a questo meccanismo si rifugiano nell’abbraccio mortale delle banche che per garantire liquidità chiedono altri soldi in cambio. In questo caso, l’azienda ospedaliera di Catanzaro «per far fronte alle necessità aziendali contingenti e nelle more dell’adeguamento della rimessa regionale» ha deliberato il mantenimento di una anticipazione di cassa di 42 milioni di euro per tutto il secondo trimestre del 2023: quindi, dall’1 aprile al 30 giugno.

Il denaro genera denaro

In base agli accordi sottoscritti con le banche, quasi ogni azienda sanitaria e ospedaliera calabrese paga sia per la semplice disponibilità dell’istituto tesoriere a liquidare le somme (e si paga anche nel caso in cui poi non vengano utilizzate) sia un tasso d’interesse variabile commisurato all’importo effettivamente liquidato. A titolo esemplificativo, quasi tutti i contratti con gli istituti tesorieri contemplano una commissione fissa per assicurare la pronta disponibilità del denaro, nel caso in cui questo venga effettivamente richiesto si applica un ulteriore tasso d’interesse.

Insomma, un bagno di sangue a cui non di rado si aggiunge anche un ulteriore canone variabile in proporzione al transato che viene calcolato sul movimento finanziario effettivamente registrato sulle entrate correnti. Ci sono aziende che pagano all'istituto tesoriere anche mezzo milione di euro a trimestre in commissioni per la sola disponibilità delle somme, altre che ne pagano circa due milioni all’anno tra interessi e commissioni.

Ma le cifre lievitano se si passa dalle piccole aziende ospedaliere alle grandi aziende sanitarie che cubano anche miliardi nel riparto del fondo sanitario. In attesa delle rimesse mensili regionali così il denaro genera denaro e non per l’assistenza ai calabresi ma drenato anche sotto forma di interessi agli istituti di credito o, in alternativa, ai fornitori delle aziende.  

Giornalista
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