L’intervista

È calabrese l’unico italiano nel gotha mondiale dell’informatica, il prof Unical Fortino: «Il gruppo è la mia motivazione»

VIDEO | Docente del Dimes, per il quarto anno consecutivo è nella classifica dei ricercatori più citati a livello internazionale, che conta in tutto 96 nomi nei cinque continenti: «Non è una sorpresa ma mi fa molto piacere. Anche perché non è scontato esserci, nel 2022 eravamo 115»

di Mariassunta Veneziano
10 dicembre 2023
06:15

Al quarto piano del cubo 41C dell’Unical si progetta il futuro. Le infinite possibilità aperte dalle nuove tecnologie qui vengono captate ed elaborate da menti brillanti provenienti da ogni parte del mondo. In uno dei tre laboratori in cui le attività proseguono senza sosta a pochi giorni dal Natale, sono riuniti Italia, Pakistan, Romania, Cina e Colombia: un gruppo di ricerca, anzi una parte di esso, che riflette la vocazione internazionale che l’ateneo di Arcavacata ha abbracciato ormai da tempo. Alla guida c’è una delle eccellenze conclamate di questa università, il professor Giancarlo Fortino, ordinario di sistemi di elaborazione delle informazioni al Dimes (Dipartimento di Ingegneria informatica, modellistica, elettronica e sistemistica). È uno di quegli spazi, questo, del vasto campus calabrese in cui si “gioca”, tra l’altro, con la grande promessa di questi tempi: l’intelligenza artificiale.

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Sul tavolo del laboratorio ci sono sensori disposti su tre file: «Li utilizziamo per le nostre ricerche sui sistemi indossabili, sull’internet delle cose e sui sistemi di cyber security applicati all’internet delle cose», spiega Fortino. Le pubblicazioni relative agli studi svolti qui all’Unical gli sono valsi, nei giorni scorsi, l’inserimento nella classifica internazionale Highly Cited Researchers di Clarivate come unico italiano nell’area della computer science, selezionato assieme ad altri 95 ricercatori di tutto il pianeta tra migliaia, forse milioni di studiosi. Un riconoscimento che per il docente calabrese arriva per il quarto anno di fila.


Professore, riesce ancora a sorprendersi o ormai lo dà per scontato?
«Non è una sorpresa ma fa decisamente piacere. Si tratta della classifica più prestigiosa a livello internazionale che analizza le pubblicazioni sulle più importanti riviste dei vari settori scientifico-disciplinari. Vengono considerati gli ultimi 11 anni di attività, ogni anno si selezionano i ricercatori con più articoli altamente citati: l’anno scorso eravamo circa 115, quest’anno 96. Rimanere nella classifica quindi non è scontato».

Dietro a queste pubblicazioni c’è un grande lavoro con il suo gruppo di ricerca, quanto incide?
«Il mio gruppo è distribuito sia a livello locale sia internazionale. Mi soffermo però su questo dell’Unical. La prima volta che ho parlato ai vostri microfoni, due anni fa, eravamo solo 4-5 persone, adesso siamo una trentina. Abbiamo creato anche dei sottogruppi gestiti da vari colleghi, vorrei citare il professor Raffaele Gravina che si occupa del calcolo indossabile, la professoressa Antonella Guzzo che si occupa di cyber security, il professor Francesco Pupo che si occupa di sistemi multiagenti e infine il più giovane di tutti, Claudio Savaglio, che si occupa di intelligenza ai bordi della rete applicata all’internet delle cose. Sono molto fiero di lavorare con tutti loro, sono un grosso stimolo».  

Quanto è forte la sua area, quella della computer science, all’interno dell’Unical?
«È fortissima. Il mio è uno dei gruppi che producono di più in Italia a livello bibliometrico. All’Unical ci sono però anche due gruppi storici: il primo fa capo al rettore Nicola Leone, al quale si è aggiunto da poco anche il professor Georg Gottlob da Oxford, e si trova al Demacs; l’altro si trova qui al Dimes ed è stato creato tantissimo tempo fa dal professore emerito Domenico Saccà, adesso in pensione, e a dirigerlo attualmente c’è il professor Sergio Greco. La forza dell’Unical è nello sviluppo di tanti progetti di ricerca e di tante pubblicazioni, ad esempio nell’ambito del Pnrr noi siamo spoke di due partenariati estesi importantissimi, sull’intelligenza artificiale e sulla cyber security. Poi c’è da evidenziare il nostro posizionamento nei ranking internazionali, cito solo quello più importante dal punto di vista bibliometrico che è l’Arwu (Academic Ranking of World Universities, ndr) dell’università Jiao Tong di Shangai dove siamo nella fascia 200-250 e addirittura secondi in Italia, dietro solo al Politecnico di Milano».

Attualmente a quali progetti sta lavorando?
«Lavoriamo su diversi fronti. Cito quelli più importanti. Uno è un progetto finanziato dal ministero della Salute di nome “Radioamica” che ha l’obiettivo di definire delle nuove metodiche per la diagnostica oncologica non invasiva basata su tecnologie di intelligenza artificiale che consentono diagnosi precocissime di alcuni tipi di tumore. Il secondo è un progetto europeo denominato “MLSysOps” che ha l’obiettivo di creare delle infrastrutture per gestire i futuri sistemi dell’internet delle cose e che ci impegnerà per circa tre anni. Infine il progetto “Common-Wears” finanziato dal ministero della Ricerca che si occupa dei sistemi indossabili di prossima generazione a supporto di diverse aree, sistemi che ci permetteranno di realizzare nuove applicazioni come il monitoraggio in tempo reale di eventuali future pandemie o il supporto nelle emergenze tipo i terremoti».

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Lei ha ricevuto diverse proposte da atenei internazionali ma si definisce un figlio dell’Unical e ha più volte detto di non avere intenzione di lasciare la Calabria. Se dovesse invece un giorno scegliere di andare via dove andrebbe?
«Ho lavorato in tante università straniere, sarebbe dura sceglierne una. Recentemente ho riallacciato i rapporti con la prima in cui sono stato, quella di Berkeley in California, in occasione della conferenza internazionale che abbiamo tenuto qui all’Unical a settembre, quando è venuto il professor Ed Lee. Con lui abbiamo pianificato nuove ricerche che porteranno uno dei miei dottorandi, Vincenzo Barbuto, per un anno lì e questo sarà anche un modo per rilanciare la nostra collaborazione. Continuerò a lavorare assieme a tante università straniere però non prevedo nel prossimo futuro di spostarmi. Io dico sempre “mai dire mai” ma poi continuo a restare nella nostra amata Università della Calabria».

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Quali sono i suoi prossimi obiettivi professionali?
«Ho già avuto tante soddisfazioni, è dura trovare altre motivazioni. Però ci sono tanti giovani la cui formazione dipende da me, loro mi spronano a continuare a lavorare per trovare nuove occasioni anche a livello di relazioni internazionali. Poi ci sono tante proposte che mi arrivano da fuori e che sicuramente mi danno altri stimoli. Cerco però di conciliare tutto con le attività che svolgo qui, non solo quelle didattiche ma anche quelle istituzionali, essendo delegato del rettore all’internazionalizzazione extra Ue e coordinatore del dottorato di ricerca in Ict, attività che mi prendono già molto tempo. Per cui non mi pongo nuovi obiettivi ma cerco di perseguire al meglio quelli in itinere».

 

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