Nel Reggino

C’è chi la scuola se l’è venduta, chi fa “a mezzo” con il paese vicino e chi non riaprirà: aspettando il piano di dimensionamento

In attesa che venga ufficializzata la nuova mappa regionale delle autonomie scolastiche che vede a rischio 79 istituti per mancanza di alunni, i piccoli comuni si arrangiano come possono o sono costretti ad arrendersi già da ora. E c'è anche chi deve ringraziare i figli dei migranti se riesce a mantenere i cancelli aperti

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di Vincenzo Imperitura
6 settembre 2023
16:11

A Ferruzzano come a Candidoni o a Pazzano, Terranova, San Procopio o San Giovanni: nella geografia dei micropaesi che formano il tessuto urbano della provincia reggina (sui 98 comuni che la compongono, quasi la metà ha meno di 1500 abitanti) una delle immagini che diventa ogni anno più frequente è quella di un cancello di una scuola elementare che non riapre a settembre. Una battaglia persa che, anno dopo anno e in attesa degli ulteriori tagli previsti dal dimensionamento, fa segnare nuovi Comuni costretti ad alzare  bandiera bianca, monchi, in molti casi, uno dei pochissimi servizi pubblici rimasti in paese. A farne le spese, i cittadini dei piccoli centri, peggio ancora se dell’entroterra, che negli ultimi dieci anni hanno visto moltiplicarsi i casi di istituti abbandonati a causa  dei tagli dettati (anche) dalla scarsissima presenza di alunni.

Chi ha paura del piano di dimensionamento scolastico?

Un problema serio, che investe ed impoverisce le piccole comunità del territorio che alla scuola, spesso, si sono aggrappate come ultimo appiglio prima di affondare. Un problema serio, che investe e impoverisce le piccole comunità del territorio che alla scuola, spesso, si sono aggrappate come ultimo appiglio prima di affondare. Un problema serio che potrebbe peggiorare a breve, visto le linee guida licenziate dalla Regione secondo cui - rilevano i sindacati - andrebbero tagliate ulteriori 17 autonomie scolastiche in provincia di Reggio 79 istituti su tutto il territorio calabrese (Cosenza 29, Catanzaro 14, Vibo Valentia 11 e Crotone 8). 


Saranno le Province e i Comuni a fare il “lavoro sporco”. A  loro il compito di individuare le scuole da “tagliare” secondo i dettami stabiliti dalla Regione: «Spettano ai Comuni – scrive in una nota la vice presidente della Regione Giusi Princi – i compiti e le funzioni concernenti l’aggregazione, la fusione e la soppressione di scuole. La Regione ha deliberato i criteri su cui gli enti locali predisporranno il dimensionamento scolastico». La riunione convocata per giovedì mattina, tra la Princi e i presidenti delle province calabresi, servirà a chiarire meglio i contorni di una vicenda controversa e che ha già visto i sindacati scendere sul piede di guerra.

Reggio, le scuole che non ci sono più e quelle che resistono

Nel Far West delle autonomie scolastiche e degli apparentamenti stabiliti con il pallottoliere, alunno per alunno, il panorama dei paesi che si sono arresi alla chiusura della primaria si “arricchisce” ogni anno di più. Quest’anno è toccato anche a Martone (meno di 500 abitanti sulle colline della Locride) che a lungo aveva resistito alla chiusura adottando il sistema di un'unica multiclasse, con bambini dalla prima alla quinta, assieme per l’intero percorso scolastico. Dalla prossima settimana, i pochi alunni che frequentavano l’ultima scuola rimasta in paese – le medie hanno chiuso i battenti molti anni fa – saranno costretti a raggiungere Gioiosa, sede dell’istituto comprensivo.
E pochi chilometri più a sud, anche a Grotteria si trattiene il fiato nella speranza che i numeri consentano la riapertura dell’istituto ospitato nel paese vecchio. Fino ad ora si è andati avanti con un’unica multiclasse che ospita una decina di bambini: dovrebbe essere sufficiente anche per quest’anno, ma i margini restano stretti.

Marginale la lotteria delle (scarsissime) nuove nascite, sulla scrivania di dirigenti scolastici e amministratori locali, restano i calcoli minuziosi per raggiungere il numero minimo di studenti necessari per tenere in vita le scuole. A Serrata, meno di 800 abitanti a cavallo tra la Piana di Gioia e la provincia di Vibo, ci sono abituati e anche per l’anno che sta per iniziare, riapriranno regolarmente sia le elementari che le medie. Anche grazie a qualche studente “intercettato” dalla vicina San Pietro di Caridà. Un’alchimia resa comunque possibile solo dall’adozione, in entrambe le scuole, del sistema delle multiclassi, che raggruppa gli studenti e consente al paese di sentirsi ancora vivo.

A Terranova Sappo Minullio, poco più di 400 abitanti non lontani da Taurianova, la scuola elementare l’hanno addirittura venduta. Chiusa ormai da anni, una vecchia amministrazione decise anni fa l’alienazione del bene comunale, attraversando di fatto un punto di non ritorno.

Soluzione salomonica: le elementari a me e le medie a te

Come un un cane che si morde la coda: i servizi scarseggiano e i cittadini dei piccoli centri si spostano altrove. Poi, a causa dello spopolamento, anche i pochi servizi che erano sopravvissuti, come la scuola, chiudono: a quel punto pensare di riportare i cittadini nei paesi interni resta un miraggio. Per evitare questa deriva, le amministrazioni comunali hanno elaborato e messo in opera una serie di strategie ingegnose nel tentativo di mantenere in vita almeno gli istituti scolastici. Come a Scido e a Cosoleto (1500 abitanti complessivamente sul versante tirrenico d’Aspromonte) che pur di non perdere le scuole hanno salomonicamente deciso di dividersele: a Scido le elementari, a Cosoleto le medie.
La medesima soluzione adottata sullo Jonio, a Placanica e Stignano (poco più di 2000 anime). Da una parte i più piccoli, dall’altra i preadolescenti: a portarli a destinazione le navette garantite dai comuni.
Qualche decina di chilometri più a sud invece, i sindaci di tre comuni, Sant’Agata, Casignana e Caraffa del Bianco (a stento 2000 abitanti complessivamente) hanno puntato su quest’ultimo centro (che poteva vantare gli stabili più dignitosi), e lì fanno convergere gli alunni di elementari e medie.

In controtendenza

Nella desolazione di un panorama scolastico sempre più scarno, in controtendenza si pone la minuscola Camini, 700 abitanti appena sulle colline della Locride. Qui a tenere in piedi la scuola ci hanno pensato i bambini delle famiglie ospiti dei progetti di integrazione. Sono loro che, da una decina di anni a questa parte, consentono il normale svolgimento delle lezioni. Il sistema dell’accoglienza, in un raro circolo virtuoso, ha poi favorito, grazie al lavoro nelle cooperative, il ritorno di tanti giovani che avevano abbandonato il paese e che lì ora sono tornati. Negli ultimi dieci anni le nascite registrate in paese sono più di 70, se non è un record poco ci manca. Numeri importanti in piccole realtà e che, da quest’anno, consentiranno alla scuola di Camini, di accantonare il sistema delle multiclassi adottato finora, per tornare al sistema classico.

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