La ricerca

Sui fondali del Tirreno calabrese è scritta la storia dell’ascesa e del declino dell’Impero Romano

Uno studio dell’Università di Napoli rivela le tracce del passaggio degli antichi popoli nella nostra regione: i segni nei pollini e nelle spore custoditi per millenni nelle profondità del mare

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di Mariassunta Veneziano
29 luglio 2023
19:00

È tutto scritto in fondo al mare. Le prime popolazioni, l’arrivo dei Greci e poi quello dei Romani. Le tracce del passaggio del grande impero in terra calabrese stanno lì da sempre, sui fondali del Tirreno. A portarle sulla superficie della storia è uno studio di un gruppo di ricercatori dell’Università di Napoli Federico II, svolto in collaborazione con l'Istituto per l’ambiente marino costiero del Consiglio nazionale delle ricerche (Iamc-Cnr) e l'Università della Campania Luigi Vanvitelli.

La mano della scienza ha sfidato le profondità per andare a recuperare, attraverso dei carotaggi nel golfo di Sant’Eufemia, gli antichi pollini conservati nei sedimenti in fondo al mar Tirreno. E sono proprio questi a raccontare una lunga storia iniziata ben 5.000 anni fa


La ricerca è stata pubblicata su The Holocene, rivista scientifica che si occupa di indagare, attraverso gli articoli proposti, i cambiamenti ambientali avvenuti sulla Terra negli ultimi 11.500 anni. 

In Calabria, gli studiosi napoletani hanno osservato, attraverso i materiali recuperati, l’evoluzione della vegetazione nell’area, che ha rivelato la parallela evoluzione delle comunità che qui hanno vissuto.  

Dai fondali marini, i ricercatori hanno prelevato i sedimenti al cui interno erano custoditi pollini e spore sopravvissuti ai millenni in consistenti quantità: fino a 12mila granelli per ogni grammo. I materiali recuperati sono poi stati analizzati al microscopio. 

L’esame ha consentito di identificare 72 differenti specie vegetali. La storia delle comunità che nell’area hanno abitato è tutta scritta qui dentro. Le verifiche dei ricercatori hanno infatti rivelato che la zona, tra 5.000 e 2.700 anni fa, era ricoperta da una fitta foresta, che in seguito è andata diradandosi – tra 2.700 e 2.000 anni fa – per colpa della siccità. 

Negli ultimi 790 anni poi si è verificata una vera e propria deforestazione, anche a causa dell’agricoltura intensiva che ha preso piede nella zona.

Le tre “fasi vegetali”, sostiene lo studio, possono essere collegate alle vicende umane e descrivere così la storia delle civiltà che hanno colonizzato il territorio nel corso del tempo.

Tempo che fu, prima, quello delle popolazioni pre-protostoriche, vissute nelle foreste localizzate nel promontorio di Tropea e la cui sopravvivenza fu probabilmente intaccata da tre periodi di siccità durati centinaia di anni.

Siccità dopo siccità, assieme alle prime popolazioni spariscono le foreste che le avevano ospitate e nell’area arrivano i Greci prima (VII-V secolo a.C.) e i Romani poi (III-II secolo a.C.).

Nuovi popoli, nuove pratiche agricole: aumentano le coltivazioni di cereali, lattuga e cicoria. In parallelo, cresce anche la popolazione, come – secondo le analisi effettuate – racconta la presenza di una maggiore quantità di micro carboni nei sedimenti, prodotto dell’utilizzo del fuoco per cucinare e riscaldarsi.

Si arriva così all’ultima fase. Lo studio ha rilevato un aumentato deflusso delle acque, probabile conseguenza della deforestazione. Il territorio è più abbandonato a se stesso: è il periodo immediatamente successivo al declino dell’Impero Romano nella regione. Ascesa e discesa, quest’ultima confermata dalla riduzione nei sedimenti dei micro carboni e del polline degli abeti. Quegli alberi dei quali, dopo i Romani, nessuno restò a prendersi cura. Sparirono, dunque, anche loro, sotto la scure di chi li considerò ricchezza solo per il legname che era possibile ricavarne.   

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