Sarebbero stati 51 gli incontri tra i sodali lombardi delle presunte cyber-spie e i calabresi. Secondo i giudici di Milano, la 'ndrangheta avrebbe usato la presunta centrale di dossieraggio per avvicinare Fenice spa e pilotare una maxi estorsione su un contenzioso edilizio da 35 milioni di euro
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Ci sarebbero stati «meeting periodici», per un «totale di 51 incontri», tra il settembre 2023 e lo stesso mese dell'anno successivo, in un locale in centro a Milano «tra i sodali lombardi» del gruppo delle presunte cyber-spie di Equalize e «quelli calabresi» a «testimonianza della stabilità e della continuità dei rapporti». Lo scrive il Tribunale del Riesame di Milano che, in un filone dell'inchiesta milanese condotta dai carabinieri del Ros e coordinata da Dda e Dna, aveva confermato le misure cautelari disposte dal gip Fabrizio Filice, dopo un'ulteriore istanza del pm Francesco De Tommasi e a seguito alle dichiarazioni del 24 marzo di un esponente della "'ndrangheta stragista", Nunziatino Romeo, legato alla famiglia Barbaro-Papalia.
Un anello di congiunzione tra Equalize e la famiglia Barbaro
Ci sarebbe stato, in sostanza un «anello di congiunzione tra Equalize» e gli uomini della «famiglia Barbaro», la 'ndrina di Platì riconosciuta come una delle più potenti cosche della 'ndrangheta, mentre l’imprenditore romano Lorenzo Sbraccia, «da tempo un affezionato cliente» e «abbonato ai servizi» della società di Enrico Pazzali, Carmine Gallo e Samuele Calamucci, avrebbe pagato anche per la «messa a disposizione e la gestione del 'mediatore'», Annunziatino Romeo, pentito del processo 'Ndrangheta stragista, per la gestione di alcuni affari.
Il Riesame di Milano a maggio ha confermato le custodie cautelari in carcere per l’imprenditore 58enne (poi messo ai domiciliari per motivi di salute) e altre 7 persone, fra cui lo stesso Romeo, Pasquale e Francesco Barbaro, Francesco Baldo, Umberto Buccarelli, Giuseppe Trimboli e Fulvio Cilisto, nella vicenda della tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso nell’ambito di un contenzioso da 35 milioni di euro fra la Fenice spa di Sbraccia e la società di costruzioni G&G della famiglia Motterlini su un cantiere di Milano.
I Barbaro, registi dell'estorsione per il colosso del superbonus
Tutti gli indagati del filone bis nell’inchiesta su Equalize del pm Francesco De Tommasi sarebbero «dotati di ‘fama criminale’». Dalle carte emergerebbe come siano stati gli uomini della cosca Barbaro «i veri mandanti dell’azione estorsiva» a vantaggio di Fenice. Ne avrebbero tratto la possibilità di un «subentro» negli appalti milionari della società, colosso delle costruzioni e del superbonus, con le loro imprese ma anche la possibilità di «lucrare sul ‘risparmio’» diretto di Fenice, che stava cercando di chiudere da 2 anni il contenzioso da 35 milioni di euro versando a G&G solo 8 milioni.
Il risparmio di Fenice come canale per finanziare la 'ndrangheta
Dalle intercettazioni di Buccarelli, legale di Fenice, emerge come il 3 ottobre 2023 si sarebbe deciso di chiudere l’operazione a «7 e non ad 8 milioni» in modo che il «minore esborso di Sbraccia» potesse essere «versato» direttamente «ai Barbaro». Secondo i giudici, il «profilo di interesse economico» per gli uomini della mafia calabrese nell’ingresso negli appalti in edilizia milanese poteva essere anche superiore, sebbene con una «ardita proposta» che non si è verificata.
Una proposta mafiosa per cambiare il management G&G
In un’intercettazione Pasquale Barbaro, definito il «numero uno di Platì», e Annunziatino Romeo avrebbero proposto al legale di Fenice di «darli a noi questi 8 milioni di euro». In cambio si sarebbero occupati di assicurare un «fittizio» cambio di management nell’azienda G&G, «falsamente retroattivo», e volto solo a «definire il contenzioso con Fenice in senso favorevole».