Mammasantissima

Lamezia criminale, dieci anni di sangue e due faide: dalla strage dei netturbini al duplice omicidio Giampà

VIDEO | La quarta città della Calabria trasformata in un teatro di guerra dalle cosche locali. Nel reportage andato in onda nella sesta puntata di Mammasantissima - Processo alla 'ndrangheta, abbiamo ripercorso quel periodo (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Francesco Altomonte
23 febbraio 2023
06:30
Immagine della strage dei netturbini
Immagine della strage dei netturbini

Dieci anni di sangue e morte, Lamezia Terme trasformata in un teatro di guerra dalle cosche cittadine. Attentati, omicidi, intimidazioni segnano la vita non solo della criminalità organizzata ma di tutta la città. Un incubo lungo quasi tre lustri e concluso con la sconfitta del clan Torcasio e la vittoria dei Giampà. 

In un reportage andato in onda nella sesta puntata  di Mammasantissima - Processo alla 'ndrangheta, abbiamo ripercorso quei terribili anni nella quarta città della Calabria.


Anno 1991, alba del 24 maggio. Un killer armato di kalashnikov uccide con dodici proiettili Francesco Tramonte, con sette Pasquale Cristiano. Resta ferito, ma sopravvive, Eugenio Bonaddio. I tre netturbini, vittime innocenti, sono il bersaglio, scelto a caso, dalla ‘ndrangheta che vuole mandare un messaggio eloquente alla pubblica amministrazione e mettere le mani sulla raccolta dei rifiuti. Il massacro resterà impunito. Nove giorni prima era stato eletto il nuovo consiglio comunale: sarà sciolto, per infiltrazioni mafiose, con decreto firmato dal Presidente della Repubblica, il successivo 30 settembre.

Anno 1992. Sera del 4 gennaio. Due killer armati di Beretta calibro 9 uccidono il sovrintendente di polizia Salvatore Aversa e la moglie Lucia Precenzano. Una presunta supertestimone accuserà falsamente, per consumare una vendetta personale, l’ex fidanzato ed un suo amico. Ma a commettere quell’atroce delitto sono stati due sicari della Sacra corona unita, Stefano Speciale e Salvatore Chirico, reoconfessi e condannati a 10 e 8 anni di reclusione, su mandato del boss Francesco Giampà, “il Professore”: 30 anni di pena divenuti definitivi solo nel 2010. Aversa era un poliziotto onesto e tutto d’un pezzo e questo gli è costato la vita.

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Anno 1992, mattina del 21 maggio, località Bellafemmina. Tre sicari armati di pistola crivellano Francesco Iannazzo. Il successivo 23 settembre viene invece trucidato da un commando Pasquale Giampà, detto Tranganiello. Sono due boss di primo piano, la cui eliminazione decreta l’ascesa di Vincenzo Torcasio e, soprattutto, di Francesco Giampà, il Professore, cugino di Tranganiello, che diverrà alleato del clan Iannazzo, destinati a dominare su Lamezia, dopo che l’8 febbraio del 1989 fu assassinato Egidio Muraca, boss della vecchia guardia legato a Raffaele Cutolo e fondatore, con Umberto Bellocco, della Sacra Corona Unita.

Il biennio 91-92 è uno spartiacque tra due guerre. La prima, iniziata nella metà degli anni 80, condurrà allo sterminio dei De Sensi e alla decimazione degli Andricciola e dei Pagliuso. La seconda, in un coacervo di “traggiri” e vendette vedrà sgretolarsi l’alleanza tra i Giampà-Notarianni ed i Cerra-Torcasio e consolidarsi il peso, soprattutto sul piano imprenditoriale, del cartello Iannazzo-Cannizzaro-Daponte.

È l’assassinio del boss Giovanni Torcasio, ucciso unitamente a Cristian Materasso, il 29 settembre del 2000, a decretare l’inizio di una nuova guerra di mafia che neppure l’intercessione delle grandi famiglie calabresi riusciranno a fermare. La scia di sangue si trascinerà per quasi tre lustri. Si conteranno oltre cinquanta morti e, tra questi, due fratelli di Francesco Giampà, il Professore: Pasquale detto “Boccaccio”, il 22 agosto del 2001, e Vincenzo, il 6 luglio 2002. Saranno però i Torcasio a perdere la guerra. Il clan Giampà verrà falcidiato dai pentimenti eccellenti. Il cartello Iannazzo-Cannizzaro-Daponte dalle retate eccellenti.

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