Il giallo

Reggio, Tiziana Iaria racconta il sequestro lampo: «Rapita da una donna e due uomini. I poliziotti? Mi hanno fatto 70mila domande»

VIDEO | La responsabile del Centro antiviolenza Margherita rievoca i fatti: «Ho sentito un forte odore di ammoniaca: poi non ricordo più niente». Il chiarimento riguardo ai dubbi sollevati sulla sua professione: «Sono laureata ma non sono mai stata psicologa»

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di Elisa Barresi
2 aprile 2024
15:16

«Sono uscita dall'ufficio alle 9.00 perché dovevo portare dei documenti all'avvocato. Arrivata più o meno qui sotto, dove c'è la colonnina elettrica per ricaricare le macchine, una signora giovane con in braccio un bambino dagli occhi azzurri mi ha chiesto cortesemente se potessi aiutarla a mettere il bambino sul sedile dell'auto. È una cosa normale per me aiutare le persone. Ho preso il bambino e sono entrata in macchina dalla parte posteriore e la signora è entrata dall'altra parte. Siamo entrate tutte e due in macchina perché questo bambino era veramente movimentato e poi non mi ricordo niente. Questo è quello che è successo quel giorno». La responsabile del Centro antiviolenza "Margherita" Tiziana Iaria ha rievocato i dettagli del suo rapimento, sul quale sta indagando la Squadra mobile di Reggio Calabria. La donna ha raccontato ai giornalisti quanto accaduto nella sede del Centro e della società "Azienda Italia" insieme all'avvocata Denise Serena Albano. Sul sequestro lampo, avvenuto lo scorso 21 marzo, Iaria ha raccontato di aver sentito un odore di ammoniaca quando si è avvicinata al bambino: «Nella macchina l'odore era molto più forte. La donna era giovane, magra e aveva dei capelli neri, non lunghi».

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Al rapimento avrebbero partecipato anche due uomini che l'hanno chiusa in una stanza senza finestre per poi liberarla il giorno seguente, accompagnandola a bordo di un pullmino fino a sotto casa. «La mattina - è la ricostruzione della donna - mi hanno fatto uscire con i miei piedi, non mi hanno legata, non mi hanno imbavagliata, non mi hanno fatto del male e non hanno parlato con me».


Il rapimento di Iaria: «Mi hanno detto "stai zitta e abbassa la testa"»

Stando al racconto, le uniche parole che i rapitori le hanno rivolto sarebbero state: «Sali, scendi, stai zitta e abbassa la testa. La voce che dava gli ordini - ha detto Iaria - era quella di un uomo. Erano due uomini. Io non li ho mai visti perché erano messi sempre di spalle. L'unico che ho intravisto, so che aveva una barba, una barba molto sottile. Ribellarmi? Non sono pazza di mettermi a gridare. Perché, se non mi hanno legata, non mi hanno fatto niente, mi metto a gridare?».

Tutte domande che le hanno rivolto gli investigatori che stanno cercando di fare luce sui fatti: «Mi hanno interrogato per 7 lunghe ore. Mi hanno fatto 50mila domande e mi hanno detto di non dire niente. Ho chiesto il perché di tutte queste domande. Mi hanno risposto che anche se a me sembrano cose stupide, hanno una valenza». La conferenza stampa è stata organizzata anche per rispondere alle polemiche di questi giorni in merito alla qualifica di psicologa di Tiziana Iaria. «La dottoressa Iaria è in possesso di una laurea, - ha spiegato l'avvocata Albano - non esercita la professione di psicologa e per questo non è iscritta ad un albo». 

«La dottoressa Iaria è vittima di un reato»

Rispetto al contesto che si è sviluppato dopo il presunto sequestro lampo Iaria ha avuto parole di «rammarico». La presidente del Centro antiviolenza ha parlato di «polemiche in un contesto improprio rispetto alla gravità del fatto».

Il chiarimento legale è stato necessario perché «si è dato risalto a un aspetto che in realtà non ha gravità rispetto a quanto accaduto alla Iaria che ha una rilevanza penale molto importante. Un atto che è stato molto grave come privare della libertà personale una donna. A maggior ragione in un contesto come il nostro Reggio Calabria».

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Iaria e il suo legale, carte alla mano, si sono rese disponibili ad aprire un confronto con sindacato e ordine degli psicologi che hanno avanzato non pochi dubbi sull’attività e la professione della presidente del centro Margherita.

«Comprendo le esigenze di un ordine professionale di tutelare la propria immagine. Bastava usare il telefono e sarebbero stati forniti tutti i chiarimenti del caso. Una nota di questo genere francamente l’ho ritenuta inopportuna sotto tutti i punti di vista», ha ribadito l’avvocato Albano. «Non è collegato al fatto grave perché il fatto grave che è una donna è stata rapita in pieno giorno con modalità che somigliano al sequestro di persone. Abbiamo una nostra idea che teniamo riservata proprio per la tutela delle indagini perché l’interesse è che le indagini vengano compiute in maniera serena scevre da un condizionamento. La dottoressa Iaria è vittima di un reato che viene fatto in una città come questa ad una donna che si occupa di violenza. Alle parole della presidente Dominella Quagliata quando dice “incoraggiare le donne vittime di violenza alla denuncia e supportare l’intero iter di autonomia e senz’altro estremamente faticosa ma non pericoloso” io apro un libro su quest’affermazione. Ma che vuol dire che non è pericoloso?».

Tiziana Iaria: «Non sono mai stata psicologa e non lo voglio essere»

Iaria si oppone nettamente alle accuse di un presunto abuso della professione di psicologa: «Sono laureata quindi dottoressa ma non sono mai stata psicologa e non lo voglio essere. Gestisco un centro anti violenza dove lavorano tanti professionisti regolarmente iscritti all’ordine». Inoltre è stato rimarcato come la l’attività svolta dalla dottoressa Iaria «è quella di rappresentare da oltre vent’anni un centro Antiviolenza riconosciuto e accreditato dagli enti competenti. Avrei gradito che ci fosse una maggiore rilevanza verso il profilo umano di questa donna che senz’altro ha subito un trauma – dice l’avvocato Albano –. Maggiore risalto ad un fatto grave che si è verificato in questa città anziché una sterile peraltro non sorretta da alcun riscontro e smentita dalla documentazione. Si può visionare tutto cosa si poteva fare per le vie brevi in privato senza necessità di minacciare pubblicamente di esercizi abusivi di professione».

Per la dottoressa e il suo avvocato è necessario fare chiarezza perché il centro Margherita «dispone di strutture regolarmente autorizzate e viene incaricato da parte dei tribunali, delle forze dell’ordine di provvedere in urgenza ad episodi di violenza quindi dare la primissima accoglienza a donne che si trovano spesso, anche con minori, maltrattate e non sanno dove andare. Hanno bisogno di aiuto immediato».

Giornalista
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