L’analisi

Export del vino in calo e consumatori sempre più attenti al prezzo. La Calabria rappresenta lo 0,26% del mercato in Italia

Il rapporto Ismea sulle tendenze del 2023, tra crollo produttivo dell'Italia e riduzione della domanda nei principali Paesi importatori. L'editore Maduli: «Nuovi progetti strategici del gruppo LaC»

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di Massimo Tigani Sava
16 gennaio 2024
16:55

Dove sta andando il mondo del vino e quali prospettive per i produttori? C’è un rapporto Ismea, intitolato “Tendenze e dinamiche recenti. Vino, dicembre 2023”, che ci aiuta a rispondere alle domande che ci siamo posti. L’analisi del contesto globale ed europeo dell’anno che ci siamo lasciati alle spalle ci descrive una forte contrazione e riduzione degli scambi a livello internazionale, sia in volume sia in valore. La revisione al ribasso delle stime italiane ha trovato riscontro nel dato mondiale: 242 milioni di ettolitri complessivi, che significano un calo del 7%. Ismea sintetizza: una vendemmia scarsa, forse la peggiore dal 1961 ad oggi in termini quantitativi. In questo contesto è stata la Ue a registrare una generalizzata riduzione del 7,5%, mantenendosi sotto i 150 milioni di ettolitri (erano stati 159 nel 2022). L’Italia, secondo le previsioni concordi di Ismea, Assoenologi e Uiv (Unione Italiana Vini), aggiornate a novembre scorso, nel 2023 dovrebbe registrare un crollo produttivo del 22%, più consistente di quello pur considerevole della Spagna (-14%). La Francia, invece, pare possa confermare il livello dei 46 milioni di ettolitri, restando sostanzialmente in linea con il 2022. L’Italia nel 2022 (fonte: apposita tabella Ismea, su dichiarazioni di produzione Agea, riportata dalla testata ufficiale di Assoenologi) aveva prodotto 49,84 milioni di ettolitri di vino e mosti, per cui nel 2023 rimarrebbe attestata attorno ai 39 mln. Nel 2022 il calo produttivo rispetto al 2021 era stato modesto: -0,8%.

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Ampiamente in testa per quantità prodotta, tra le regioni italiane, sempre nel 2022, era stato il Veneto (12,60 milioni di ettolitri), lasciandosi alle spalle la Puglia (10,13 mln), l’Emilia Romagna (7,21 mln), la Sicilia (3,51 mln), l’Abruzzo (3,08 mln), il Piemonte (2,73 mln), la Toscana (2,34 mln), il Friuli Venezia Giulia (2,20 mln). La Calabria con 130mila ettolitri nel 2022 ha rappresentato appena lo 0,26% di tutto il vino e i mosti, di ogni tipologia, prodotti in Italia. La media calabrese degli anni 2017-2021 è stata di 110mila, a fronte di una media nazionale di 48,82 milioni (peso dello 0,23%).


In questa situazione, e dopo ben nove anni, Parigi nel 2023 ha ripreso la testa della classifica mondiale per quantità prodotte, spingendo l’Italia al secondo posto. Nei Paesi Extra-Ue, accanto al forte ridimensionamento produttivo dell’Emisfero Sud (-19% tra Nuova Zelanda, Sudafrica, Cile, Australia, Argentina, Brasile, Uruguay…), è emerso un incremento del 12,5% negli Usa.

Accanto alla riduzione della produzione, c’è da registrare un ridimensionamento generale dell’export pari al 5% (siamo tornati al rapporto Ismea), «a cui si affianca anche una riduzione degli introiti meno che proporzionale per l’incremento dei prezzi». L’Italia, però, fra i tre grandi esportatori a livello mondiale (con Francia e Spagna), è il Paese che ha sofferto di meno nell’ambito di questa contrazione delle esportazioni, confermando nei primi 9 mesi del 2023 i volumi relativi allo stesso periodo del 2022. Da tener presente, però, una frenata in valore che è stata calcolata attorno al 2%. La Spagna ha perso il 4% in volume e in valore, la Francia l’8% in volume e l’1% in valore. Consistenti le diminuzioni di export per i produttori delle Americhe e dell’Australia. Qual è stata la causa primaria della contrazione dell’export? Ismea dà una risposta chiara: la riduzione della domanda da parte dei principali acquirenti mondiali, quali Stati Uniti (-13%), Canada (-10%), Regno Unito (-7%), Cina (-27%), Giappone (-13%). Si tenga presente l’Italia, nel 2023, accanto al consistente calo produttivo già richiamato, può contare su giacenze (dichiarazioni al 31 luglio 2023) pari a 51 milioni di ettolitri, le più alte degli ultimi venti anni.

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Ecco, pertanto, come Ismea descrive il quadro generale 2023 per il vino italiano: «Il 2023 ha risentito particolarmente delle due diverse campagne che lo hanno caratterizzato. La prima parte dell’anno, infatti, è stata influenzata da una disponibilità abbondante derivante da una produzione 2022 di quasi 50 milioni di ettolitri e da giacenze al 31 luglio 2022 di 48 milioni di ettolitri. A fronte di questo, la domanda sia interna che estera non è risultata particolarmente dinamica. Ciò ha chiaramente avuto dei riscontri negativi sui listini che hanno segnato una flessione generalizzata a partire dai vini da tavola, rossi in particolar modo. Con l’avvio della campagna in corso, la 2023/24, invece le cose sono cambiate in conseguenza di una produzione piuttosto scarsa parzialmente compensata però da giacenze alte. I listini già da agosto hanno cominciato a riprendere quota e sono stati sempre i vini da tavola i più reattivi anche perché sono quelli che risentono maggiormente delle tensioni internazionali. Il risultato finale è che il 2023 si chiude con un recupero dei listini soprattutto dei vini da tavola che però non è sufficiente a compensare le perdite accumulate nella prima parte dell’anno». Nei primi undici mesi del 2023 il calo dei prezzi per i vini Igt è stato calcolato attorno al 4%, mentre quello dei Doc-Docg al 2%.

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Chiudiamo con un accenno al mercato interno italiano che nei primi dieci mesi del 2023 ha scontato un calo del 3,1%, anche se con un controvalore del +3,1% dovuto all’aumento dei prezzi. Il ridimensionamento delle vendite ha investito in modo particolare i vini fermi (-4%), contro un +1% delle bollicine. Ismea parla, relativamente al 2023, di consumatori con atteggiamento “prudente” e “acquisti difensivi” che privilegiano le promozioni.

L’editore del Gruppo LaC, Domenico Maduli, forte di un sistema di comunicazione integrata sempre più potente e articolato, e con l’ausilio di professionalità adeguate, sta lanciando alcuni progetti specifici per un sostegno reale all’agroalimentare calabrese e meridionale, vini compresi. La comunicazione integrata – lo abbiamo sostenuto in numerosi nostri servizi di approfondimento – è un anello fondamentale e strategico di tutte le filiere dell’agroalimentare e dell’enogastronomia per cui, in un contesto appena descritto che presenta anche evidenti criticità, può risultare come la leva decisiva per recuperare terreno e fatturati.

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